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La Storia del Forum

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Stato Attuale Dell'economia In Russia
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
“Germany purchased 68% more gas in May this year compared with May 2014":“Germany purchased 68% more gas in May this year compared with May 2014"

http://www.gazprom.com/press/news/2015/june/article229425/
 



 
ghigo112000 Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
anche il sole24 e reuters parlano degli sviluppi degli accordi energetici

***Gazprom: accordo preliminare con Shell, E.On e Omv per raddoppio Nord Stream

http://finanza-mercati.ilsole24ore....5_14.22_3864976

UPDATE 2-Russia's Gazprom to expand Nord Stream gas pipeline with E.ON, Shell, OMV


http://uk.reuters.com/article/2015/...N0Z42OB20150618
 



 
ghigo112000 Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
Putin ha parlato di un danno di 100 miliardi delle sanzioni sull'economia Russa che ovviamente ha dovuto e deve rivolgersi altrove:

Russia: Putin, a breve con Cina interscambio fino a 200 mld dlr

(AGI) - San Pietroburgo, 19 giu. - Russia e Cina intendono aumentare il volume annuo del loro interscambio commerciale fino a 200 miliardi di dollari. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin durante la sessione plenaria del Forum economico di San Pietroburgo, dove ha incontrato il primo vice premier della Repubblica popolare Zhang Gaoli. A detta di Putin, l'interscambio sino-russo e' stato al centro anche dei suoi colloqui con il presidente cinese Xi Jinping. "La Cina e' il nostro partner commerciale numero uno", ha voluto enfatizzare il presidente russo, mentre il partner storico, l'Unione europa, si lecca le ferite causate dalle ripercussioni delle sanzioni contro Mosca sul suo business. "Il nostro interscambio con la Cina e' oggi intorno agli 85 miliardi di dollari - ha aggiunto il leader del Cremlino - penso che in pochi anni saremo in grado di raggiungere un volume di 200 miliardi di dollari". Dal canto suo, il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, ha detto di aspettarsi che l'interscambio commerciale tra i due Paesi raggiunga i 100 miliardi di dollari quest'anno, dai 95,3 dell'anno scorso. Nel 2013, il dato era stato di 90 miliardi di dollari, secondo le dogane cinesi.

https://www.agi.it/estero/notizie/r...745-est-rt10161

Rimane comunque un periodo delicato, secondo il Sole 24 Ore si prospettano 2 anni di recessione

Mosca, due anni di recessione

http://www.ilsole24ore.com/art/mond...ml?uuid=ACZBY1D
 



 
luq Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
luq ha scritto: [Visualizza Messaggio]
direttore ha scritto: [Visualizza Messaggio]
"I paesi dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo per prorogare le sanzioni alla Russia - in scadenza a luglio - fino alla fine di gennaio 2016. Lo hanno fatto sapere fonti diplomatiche. L'accordo di oggi sarà formalizzato lunedì dai ministri degli Esteri dell'Ue a Lussemburgo, nel corso della loro riunione mensile.
A nulla quindi è servito l’invito lanciato dal Presidente russo Vladimir Putin durante la sua visita all’Expo di Milano. Nel corso del faccia a faccia con il premier italiano Matteo Renzi, il capo del Cremlino aveva auspicato di trovare una soluzione alle sanzioni, che stanno pesando gravemente sull’interscambio tra Russia e Italia.
Le prime sanzioni erano state imposte dal'Ue il 27 marzo 2014, subito dopo il referendum in Crimea".

Fonte: Rbth


Per contro anche la Russia ha fatto sapere che estenderà le sue sanzioni. Praticamente finché l'Europa continuerà.

http://www.ansa.it/sito/notizie/top...64d99ddcc5.html

Vorrei anche precisare che le sanzioni sui prodotti agroalimentari provengono da parte Russa. Molte volte mi è capitato di leggere in giro che mancano prodotti sugli scaffali in Russia a causa dell'embargo europeo, è esattamente il contrario, sono le sanzioni russe che non permettono a certi prodotti (specialmente alimentari) di arrivare nei supermercati russi.


Sembrerebbe che la Russia possa estendere le sanzioni anche al cioccolato e ai fiori.

http://www.eunews.it/2015/06/23/rus...ioccolata/37720

Tanto io mangio cioccolato russo  

La mossa andrebbe a scapito di Belgio e Olanda soprattutto.
 



 
luq Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
http://blog.ilgiornale.it/rossi/201...a-solita-balla/

Articolo del Giornale che condivido persino nelle virgole))))

In breve: economia russa ha sentito effetto sanzioni e si trova in crisi, paga prezzi bassi petrolio MA...
gli indicatori economici (Deficit/PIL, Debito/PIL e tasso di disoccupazione) sono DI GRAN LUNGA MIGLIORI DEL MIGLIOR DATO DI TUTTI I PAESI DELLA UE             
 



 
Bozhe82 Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
l'ultima parte fa ridere forte

http://www.corriere.it/esteri/15_lu...96f35c4c0.shtml



Gli inglesi, i giacimenti di petrolio
e gli affari con la Russia di Putin
Il governo è durissimo nel chiedere le sanzioni. Ma dà l’ok agli acquisti della Bp


Esplora il significato del termine: Sul fronte dei rapporti con Mosca, pochi governi come quello conservatore di Sua Maestà britannica difendono con più veemenza la linea della fermezza nei confronti delle ambizioni neoimperialiste di Vladimir Putin. E che si tratti delle sanzioni economiche innescate dalla crisi ucraina, che Londra vorrebbe estendere, o dell’atteggiamento aggressivo del Cremlino verso gli ex Paesi del Patto di Varsavia,
è dalla Gran Bretagna che viene soprattutto alimentata la narrativa di un’Italia troppo «soft» verso la Russia e preoccupata di salvare i propri affari con Mosca. Che siano gli esponenti politici tory, o gli autorevoli commentatori dei quality media britannici, non passa giorno senza che Roma venga additata come anello debole del fronte occidentale verso lo Zar del Cremlino.

Consideriamo qualche fatto. Al recente forum economico di San Pietroburgo, uno degli annunci più importanti è stata la firma del memorandum per realizzare due nuove bretelle del North Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, tra il gigante russo Gazprom, la tedesca E.ON, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell. Una vera sorpresa dopo che ancora in gennaio il capo di Gazprom, Alexej Miller, aveva annunciato la rinuncia a nuove pipeline a causa delle tensioni politiche in Europa. Ma i veri protagonisti del Forum sono stati Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, e la britannica BP, che ha acquistato il 20% dell’immenso giacimento di gas e petrolio di Taas-Yuryakh, in Siberia, pagandolo in cash 750 milioni di dollari. E’ il primo contratto di queste dimensioni tra investitori occidentali e un gruppo russo dall’inizio delle sanzioni. Per la cronaca, Bp possiede già una quota di minoranza del 20% della stessa Rosneft.

Dal punto di vista legale, l’accordo non viola il regime di embargo, che proibisce ad aziende come Rosneft di raccogliere capitale o acquistare know-how in Occidente, ma non pone loro ostacoli alla vendita o all’acquisto di attività. Ma è evidente che si tratta di una forma di finanziamento indiretto: 750 milioni di dollari sono infatti ossigeno puro per il gruppo petrolifero russo, il cui dominus è l’onnipotente Igor Sechin, uno dei maggiori alleati di Putin, egli stesso colpito da un divieto d’ingresso negli Usa.

Non basta. Le società si sono anche accordate a esplorare insieme due nuove aree nella Siberia Occidentale e nel bacino di Yenisey-Khatanga, per una superficie complessiva di 260 mila chilometri quadrati. Detto altrimenti, la tecnologia che le sanzioni impediscono a Rosneft di acquistare in Occidente la fornirà l’inglese Bp. «Continueremo a cercare attraenti opportunità di investimento per sviluppare le risorse sostanziali della Russia, mentre rispettiamo le sanzioni internazionali», ha detto il presidente di BP Russia, David Campbell.

Secondo Sergey Pikin, della Energy Development Foundation, Bp avrebbe ottenuto il permesso a firmare l’accordo dal governo britannico. Il quale non commenta le scelte strategiche delle compagnie private, ma si limita a osservare che si tratta di contratti conformi al regime sanzionatorio.

Non che Bp sia la sola a lavorare con Rosneft, negli spazi legali possibili. Lo fanno anche Eni, Shell, E.ON. Ma è da Londra, notano fonti europee, che ancora di recente si sono levati moniti severi contro un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia, mentre non sono mai stati risparmiati attacchi durissimi contro South Stream, che avrebbe portato il gas russo in Europa via Grecia e Italia e di cui Gazprom ha da poco cancellato il contratto con la nostra Saipem.

Un’altra chicca, maturata al Forum San Pietroburgo e concretizzatasi nelle settimane successive, è la vendita da parte di Rosneft di un altro 29% del giacimento di Taas-Yuryaki (che oltre a 134 milioni di tonnellate di petrolio contiene anche 155 milioni di metri cubi di gas) a Skyland Petroleum, misteriosa società con sede alle Cayman Islands creata solo nel gennaio di quest’anno, guarda caso da un’altra compagnia britannica, Vazon Energy, di proprietà di David Robson, petroliere al centro di molti intrecci non sempre chiarissimi. Un portavoce di Rosneft ha precisato che la società conosce i beneficiari di Skyland.

Si potrebbe continuare, ricordando per esempio che mentre l’Italia applica alla lettera le sanzioni e non si ferma davanti al sequestro dei beni italiani di un magnate russo come Arkady Rotenberg, amicissimo di Putin, la City in nome della privacy e della sua speciale legislazione di fatto protegge le decine di oligarchi russi che hanno investito i loro patrimoni a Londra: «Cameron - ha dichiarato il laborista Ian Lucas, ministro ombra per la Sicurezza - dice una cosa e ne fa un’altra: se fosse coerente dovrebbe aggredire il capitale russo che prospera a Londra».

Ma anche se dalle sanzioni passiamo ad altro, esempi di doppi standard se ne possono trovare diversi. Parlando di Ucraina, per esempio, è proprio dal governo conservatore inglese che nelle scorse settimane sono venute le maggiori pressioni sui Paesi dell’area Schengen a liberalizzare i visti da Kiev. Attenzione però, nelle sollecitazioni fatte pervenire alle istituzioni comunitarie e alle rappresentanze diplomatiche dell’area Schengen, Londra si affretta subito a precisare che ovviamente un’eventuale liberalizzazione non si applicherebbe al Regno Unito, poiché (sic) non aderisce all’accordo di libera circolazione delle persone. Riassumendo, lo stesso governo che non ha accettato una sola persona nella ormai famosa redistribuzione dei 40 mila migranti attualmente in Italia e Grecia, bacchetta i Paesi Schengen perché non aprono le porte a eventuali profughi dall’Ucraina, precisando comunque che non facendo parte del gruppo esso non intende accoglierne. Senza commento. Sul fronte dei rapporti con Mosca, pochi governi come quello conservatore di Sua Maestà britannica difendono con più veemenza la linea della fermezza nei confronti delle ambizioni neoimperialiste di Vladimir Putin. E che si tratti delle sanzioni economiche innescate dalla crisi ucraina, che Londra vorrebbe estendere, o dell’atteggiamento aggressivo del Cremlino verso gli ex Paesi del Patto di Varsavia,
è dalla Gran Bretagna che viene soprattutto alimentata la narrativa di un’Italia troppo «soft» verso la Russia e preoccupata di salvare i propri affari con Mosca. Che siano gli esponenti politici tory, o gli autorevoli commentatori dei quality media britannici, non passa giorno senza che Roma venga additata come anello debole del fronte occidentale verso lo Zar del Cremlino.

Consideriamo qualche fatto. Al recente forum economico di San Pietroburgo, uno degli annunci più importanti è stata la firma del memorandum per realizzare due nuove bretelle del North Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, tra il gigante russo Gazprom, la tedesca E.ON, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell. Una vera sorpresa dopo che ancora in gennaio il capo di Gazprom, Alexej Miller, aveva annunciato la rinuncia a nuove pipeline a causa delle tensioni politiche in Europa. Ma i veri protagonisti del Forum sono stati Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, e la britannica BP, che ha acquistato il 20% dell’immenso giacimento di gas e petrolio di Taas-Yuryakh, in Siberia, pagandolo in cash 750 milioni di dollari. E’ il primo contratto di queste dimensioni tra investitori occidentali e un gruppo russo dall’inizio delle sanzioni. Per la cronaca, Bp possiede già una quota di minoranza del 20% della stessa Rosneft.

Dal punto di vista legale, l’accordo non viola il regime di embargo, che proibisce ad aziende come Rosneft di raccogliere capitale o acquistare know-how in Occidente, ma non pone loro ostacoli alla vendita o all’acquisto di attività. Ma è evidente che si tratta di una forma di finanziamento indiretto: 750 milioni di dollari sono infatti ossigeno puro per il gruppo petrolifero russo, il cui dominus è l’onnipotente Igor Sechin, uno dei maggiori alleati di Putin, egli stesso colpito da un divieto d’ingresso negli Usa.

Non basta. Le società si sono anche accordate a esplorare insieme due nuove aree nella Siberia Occidentale e nel bacino di Yenisey-Khatanga, per una superficie complessiva di 260 mila chilometri quadrati. Detto altrimenti, la tecnologia che le sanzioni impediscono a Rosneft di acquistare in Occidente la fornirà l’inglese Bp. «Continueremo a cercare attraenti opportunità di investimento per sviluppare le risorse sostanziali della Russia, mentre rispettiamo le sanzioni internazionali», ha detto il presidente di BP Russia, David Campbell.

Secondo Sergey Pikin, della Energy Development Foundation, Bp avrebbe ottenuto il permesso a firmare l’accordo dal governo britannico. Il quale non commenta le scelte strategiche delle compagnie private, ma si limita a osservare che si tratta di contratti conformi al regime sanzionatorio.

Non che Bp sia la sola a lavorare con Rosneft, negli spazi legali possibili. Lo fanno anche Eni, Shell, E.ON. Ma è da Londra, notano fonti europee, che ancora di recente si sono levati moniti severi contro un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia, mentre non sono mai stati risparmiati attacchi durissimi contro South Stream, che avrebbe portato il gas russo in Europa via Grecia e Italia e di cui Gazprom ha da poco cancellato il contratto con la nostra Saipem.

Un’altra chicca, maturata al Forum San Pietroburgo e concretizzatasi nelle settimane successive, è la vendita da parte di Rosneft di un altro 29% del giacimento di Taas-Yuryaki (che oltre a 134 milioni di tonnellate di petrolio contiene anche 155 milioni di metri cubi di gas) a Skyland Petroleum, misteriosa società con sede alle Cayman Islands creata solo nel gennaio di quest’anno, guarda caso da un’altra compagnia britannica, Vazon Energy, di proprietà di David Robson, petroliere al centro di molti intrecci non sempre chiarissimi. Un portavoce di Rosneft ha precisato che la società conosce i beneficiari di Skyland.

Si potrebbe continuare, ricordando per esempio che mentre l’Italia applica alla lettera le sanzioni e non si ferma davanti al sequestro dei beni italiani di un magnate russo come Arkady Rotenberg, amicissimo di Putin, la City in nome della privacy e della sua speciale legislazione di fatto protegge le decine di oligarchi russi che hanno investito i loro patrimoni a Londra: «Cameron - ha dichiarato il laborista Ian Lucas, ministro ombra per la Sicurezza - dice una cosa e ne fa un’altra: se fosse coerente dovrebbe aggredire il capitale russo che prospera a Londra».

Ma anche se dalle sanzioni passiamo ad altro, esempi di doppi standard se ne possono trovare diversi. Parlando di Ucraina, per esempio, è proprio dal governo conservatore inglese che nelle scorse settimane sono venute le maggiori pressioni sui Paesi dell’area Schengen a liberalizzare i visti da Kiev. Attenzione però, nelle sollecitazioni fatte pervenire alle istituzioni comunitarie e alle rappresentanze diplomatiche dell’area Schengen, Londra si affretta subito a precisare che ovviamente un’eventuale liberalizzazione non si applicherebbe al Regno Unito, poiché (sic) non aderisce all’accordo di libera circolazione delle persone. Riassumendo, lo stesso governo che non ha accettato una sola persona nella ormai famosa redistribuzione dei 40 mila migranti attualmente in Italia e Grecia, bacchetta i Paesi Schengen perché non aprono le porte a eventuali profughi dall’Ucraina, precisando comunque che non facendo parte del gruppo esso non intende accoglierne. Senza commento.

 



 
ghigo112000 Invia Messaggio Privato
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ghigo112000 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
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Gli inglesi, i giacimenti di petrolio
e gli affari con la Russia di Putin
Il governo è durissimo nel chiedere le sanzioni. Ma dà l’ok agli acquisti della Bp


Esplora il significato del termine: Sul fronte dei rapporti con Mosca, pochi governi come quello conservatore di Sua Maestà britannica difendono con più veemenza la linea della fermezza nei confronti delle ambizioni neoimperialiste di Vladimir Putin. E che si tratti delle sanzioni economiche innescate dalla crisi ucraina, che Londra vorrebbe estendere, o dell’atteggiamento aggressivo del Cremlino verso gli ex Paesi del Patto di Varsavia,
è dalla Gran Bretagna che viene soprattutto alimentata la narrativa di un’Italia troppo «soft» verso la Russia e preoccupata di salvare i propri affari con Mosca. Che siano gli esponenti politici tory, o gli autorevoli commentatori dei quality media britannici, non passa giorno senza che Roma venga additata come anello debole del fronte occidentale verso lo Zar del Cremlino.

Consideriamo qualche fatto. Al recente forum economico di San Pietroburgo, uno degli annunci più importanti è stata la firma del memorandum per realizzare due nuove bretelle del North Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, tra il gigante russo Gazprom, la tedesca E.ON, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell. Una vera sorpresa dopo che ancora in gennaio il capo di Gazprom, Alexej Miller, aveva annunciato la rinuncia a nuove pipeline a causa delle tensioni politiche in Europa. Ma i veri protagonisti del Forum sono stati Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, e la britannica BP, che ha acquistato il 20% dell’immenso giacimento di gas e petrolio di Taas-Yuryakh, in Siberia, pagandolo in cash 750 milioni di dollari. E’ il primo contratto di queste dimensioni tra investitori occidentali e un gruppo russo dall’inizio delle sanzioni. Per la cronaca, Bp possiede già una quota di minoranza del 20% della stessa Rosneft.

Dal punto di vista legale, l’accordo non viola il regime di embargo, che proibisce ad aziende come Rosneft di raccogliere capitale o acquistare know-how in Occidente, ma non pone loro ostacoli alla vendita o all’acquisto di attività. Ma è evidente che si tratta di una forma di finanziamento indiretto: 750 milioni di dollari sono infatti ossigeno puro per il gruppo petrolifero russo, il cui dominus è l’onnipotente Igor Sechin, uno dei maggiori alleati di Putin, egli stesso colpito da un divieto d’ingresso negli Usa.

Non basta. Le società si sono anche accordate a esplorare insieme due nuove aree nella Siberia Occidentale e nel bacino di Yenisey-Khatanga, per una superficie complessiva di 260 mila chilometri quadrati. Detto altrimenti, la tecnologia che le sanzioni impediscono a Rosneft di acquistare in Occidente la fornirà l’inglese Bp. «Continueremo a cercare attraenti opportunità di investimento per sviluppare le risorse sostanziali della Russia, mentre rispettiamo le sanzioni internazionali», ha detto il presidente di BP Russia, David Campbell.

Secondo Sergey Pikin, della Energy Development Foundation, Bp avrebbe ottenuto il permesso a firmare l’accordo dal governo britannico. Il quale non commenta le scelte strategiche delle compagnie private, ma si limita a osservare che si tratta di contratti conformi al regime sanzionatorio.

Non che Bp sia la sola a lavorare con Rosneft, negli spazi legali possibili. Lo fanno anche Eni, Shell, E.ON. Ma è da Londra, notano fonti europee, che ancora di recente si sono levati moniti severi contro un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia, mentre non sono mai stati risparmiati attacchi durissimi contro South Stream, che avrebbe portato il gas russo in Europa via Grecia e Italia e di cui Gazprom ha da poco cancellato il contratto con la nostra Saipem.

Un’altra chicca, maturata al Forum San Pietroburgo e concretizzatasi nelle settimane successive, è la vendita da parte di Rosneft di un altro 29% del giacimento di Taas-Yuryaki (che oltre a 134 milioni di tonnellate di petrolio contiene anche 155 milioni di metri cubi di gas) a Skyland Petroleum, misteriosa società con sede alle Cayman Islands creata solo nel gennaio di quest’anno, guarda caso da un’altra compagnia britannica, Vazon Energy, di proprietà di David Robson, petroliere al centro di molti intrecci non sempre chiarissimi. Un portavoce di Rosneft ha precisato che la società conosce i beneficiari di Skyland.

Si potrebbe continuare, ricordando per esempio che mentre l’Italia applica alla lettera le sanzioni e non si ferma davanti al sequestro dei beni italiani di un magnate russo come Arkady Rotenberg, amicissimo di Putin, la City in nome della privacy e della sua speciale legislazione di fatto protegge le decine di oligarchi russi che hanno investito i loro patrimoni a Londra: «Cameron - ha dichiarato il laborista Ian Lucas, ministro ombra per la Sicurezza - dice una cosa e ne fa un’altra: se fosse coerente dovrebbe aggredire il capitale russo che prospera a Londra».

Ma anche se dalle sanzioni passiamo ad altro, esempi di doppi standard se ne possono trovare diversi. Parlando di Ucraina, per esempio, è proprio dal governo conservatore inglese che nelle scorse settimane sono venute le maggiori pressioni sui Paesi dell’area Schengen a liberalizzare i visti da Kiev. Attenzione però, nelle sollecitazioni fatte pervenire alle istituzioni comunitarie e alle rappresentanze diplomatiche dell’area Schengen, Londra si affretta subito a precisare che ovviamente un’eventuale liberalizzazione non si applicherebbe al Regno Unito, poiché (sic) non aderisce all’accordo di libera circolazione delle persone. Riassumendo, lo stesso governo che non ha accettato una sola persona nella ormai famosa redistribuzione dei 40 mila migranti attualmente in Italia e Grecia, bacchetta i Paesi Schengen perché non aprono le porte a eventuali profughi dall’Ucraina, precisando comunque che non facendo parte del gruppo esso non intende accoglierne. Senza commento. Sul fronte dei rapporti con Mosca, pochi governi come quello conservatore di Sua Maestà britannica difendono con più veemenza la linea della fermezza nei confronti delle ambizioni neoimperialiste di Vladimir Putin. E che si tratti delle sanzioni economiche innescate dalla crisi ucraina, che Londra vorrebbe estendere, o dell’atteggiamento aggressivo del Cremlino verso gli ex Paesi del Patto di Varsavia,
è dalla Gran Bretagna che viene soprattutto alimentata la narrativa di un’Italia troppo «soft» verso la Russia e preoccupata di salvare i propri affari con Mosca. Che siano gli esponenti politici tory, o gli autorevoli commentatori dei quality media britannici, non passa giorno senza che Roma venga additata come anello debole del fronte occidentale verso lo Zar del Cremlino.

Consideriamo qualche fatto. Al recente forum economico di San Pietroburgo, uno degli annunci più importanti è stata la firma del memorandum per realizzare due nuove bretelle del North Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, tra il gigante russo Gazprom, la tedesca E.ON, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell. Una vera sorpresa dopo che ancora in gennaio il capo di Gazprom, Alexej Miller, aveva annunciato la rinuncia a nuove pipeline a causa delle tensioni politiche in Europa. Ma i veri protagonisti del Forum sono stati Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, e la britannica BP, che ha acquistato il 20% dell’immenso giacimento di gas e petrolio di Taas-Yuryakh, in Siberia, pagandolo in cash 750 milioni di dollari. E’ il primo contratto di queste dimensioni tra investitori occidentali e un gruppo russo dall’inizio delle sanzioni. Per la cronaca, Bp possiede già una quota di minoranza del 20% della stessa Rosneft.

Dal punto di vista legale, l’accordo non viola il regime di embargo, che proibisce ad aziende come Rosneft di raccogliere capitale o acquistare know-how in Occidente, ma non pone loro ostacoli alla vendita o all’acquisto di attività. Ma è evidente che si tratta di una forma di finanziamento indiretto: 750 milioni di dollari sono infatti ossigeno puro per il gruppo petrolifero russo, il cui dominus è l’onnipotente Igor Sechin, uno dei maggiori alleati di Putin, egli stesso colpito da un divieto d’ingresso negli Usa.

Non basta. Le società si sono anche accordate a esplorare insieme due nuove aree nella Siberia Occidentale e nel bacino di Yenisey-Khatanga, per una superficie complessiva di 260 mila chilometri quadrati. Detto altrimenti, la tecnologia che le sanzioni impediscono a Rosneft di acquistare in Occidente la fornirà l’inglese Bp. «Continueremo a cercare attraenti opportunità di investimento per sviluppare le risorse sostanziali della Russia, mentre rispettiamo le sanzioni internazionali», ha detto il presidente di BP Russia, David Campbell.

Secondo Sergey Pikin, della Energy Development Foundation, Bp avrebbe ottenuto il permesso a firmare l’accordo dal governo britannico. Il quale non commenta le scelte strategiche delle compagnie private, ma si limita a osservare che si tratta di contratti conformi al regime sanzionatorio.

Non che Bp sia la sola a lavorare con Rosneft, negli spazi legali possibili. Lo fanno anche Eni, Shell, E.ON. Ma è da Londra, notano fonti europee, che ancora di recente si sono levati moniti severi contro un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia, mentre non sono mai stati risparmiati attacchi durissimi contro South Stream, che avrebbe portato il gas russo in Europa via Grecia e Italia e di cui Gazprom ha da poco cancellato il contratto con la nostra Saipem.

Un’altra chicca, maturata al Forum San Pietroburgo e concretizzatasi nelle settimane successive, è la vendita da parte di Rosneft di un altro 29% del giacimento di Taas-Yuryaki (che oltre a 134 milioni di tonnellate di petrolio contiene anche 155 milioni di metri cubi di gas) a Skyland Petroleum, misteriosa società con sede alle Cayman Islands creata solo nel gennaio di quest’anno, guarda caso da un’altra compagnia britannica, Vazon Energy, di proprietà di David Robson, petroliere al centro di molti intrecci non sempre chiarissimi. Un portavoce di Rosneft ha precisato che la società conosce i beneficiari di Skyland.

Si potrebbe continuare, ricordando per esempio che mentre l’Italia applica alla lettera le sanzioni e non si ferma davanti al sequestro dei beni italiani di un magnate russo come Arkady Rotenberg, amicissimo di Putin, la City in nome della privacy e della sua speciale legislazione di fatto protegge le decine di oligarchi russi che hanno investito i loro patrimoni a Londra: «Cameron - ha dichiarato il laborista Ian Lucas, ministro ombra per la Sicurezza - dice una cosa e ne fa un’altra: se fosse coerente dovrebbe aggredire il capitale russo che prospera a Londra».

Ma anche se dalle sanzioni passiamo ad altro, esempi di doppi standard se ne possono trovare diversi. Parlando di Ucraina, per esempio, è proprio dal governo conservatore inglese che nelle scorse settimane sono venute le maggiori pressioni sui Paesi dell’area Schengen a liberalizzare i visti da Kiev. Attenzione però, nelle sollecitazioni fatte pervenire alle istituzioni comunitarie e alle rappresentanze diplomatiche dell’area Schengen, Londra si affretta subito a precisare che ovviamente un’eventuale liberalizzazione non si applicherebbe al Regno Unito, poiché (sic) non aderisce all’accordo di libera circolazione delle persone. Riassumendo, lo stesso governo che non ha accettato una sola persona nella ormai famosa redistribuzione dei 40 mila migranti attualmente in Italia e Grecia, bacchetta i Paesi Schengen perché non aprono le porte a eventuali profughi dall’Ucraina, precisando comunque che non facendo parte del gruppo esso non intende accoglierne. Senza commento.


Come si dice in questi casi, il portafogli ha le sue ragioni che la ragione non capisce  
 



 
the_wolf Invia Messaggio Privato
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Gli inglesi, i giacimenti di petrolio
e gli affari con la Russia di Putin
Il governo è durissimo nel chiedere le sanzioni. Ma dà l’ok agli acquisti della Bp


Esplora il significato del termine: Sul fronte dei rapporti con Mosca, pochi governi come quello conservatore di Sua Maestà britannica difendono con più veemenza la linea della fermezza nei confronti delle ambizioni neoimperialiste di Vladimir Putin. E che si tratti delle sanzioni economiche innescate dalla crisi ucraina, che Londra vorrebbe estendere, o dell’atteggiamento aggressivo del Cremlino verso gli ex Paesi del Patto di Varsavia,
è dalla Gran Bretagna che viene soprattutto alimentata la narrativa di un’Italia troppo «soft» verso la Russia e preoccupata di salvare i propri affari con Mosca. Che siano gli esponenti politici tory, o gli autorevoli commentatori dei quality media britannici, non passa giorno senza che Roma venga additata come anello debole del fronte occidentale verso lo Zar del Cremlino.

Consideriamo qualche fatto. Al recente forum economico di San Pietroburgo, uno degli annunci più importanti è stata la firma del memorandum per realizzare due nuove bretelle del North Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, tra il gigante russo Gazprom, la tedesca E.ON, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell. Una vera sorpresa dopo che ancora in gennaio il capo di Gazprom, Alexej Miller, aveva annunciato la rinuncia a nuove pipeline a causa delle tensioni politiche in Europa. Ma i veri protagonisti del Forum sono stati Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, e la britannica BP, che ha acquistato il 20% dell’immenso giacimento di gas e petrolio di Taas-Yuryakh, in Siberia, pagandolo in cash 750 milioni di dollari. E’ il primo contratto di queste dimensioni tra investitori occidentali e un gruppo russo dall’inizio delle sanzioni. Per la cronaca, Bp possiede già una quota di minoranza del 20% della stessa Rosneft.

Dal punto di vista legale, l’accordo non viola il regime di embargo, che proibisce ad aziende come Rosneft di raccogliere capitale o acquistare know-how in Occidente, ma non pone loro ostacoli alla vendita o all’acquisto di attività. Ma è evidente che si tratta di una forma di finanziamento indiretto: 750 milioni di dollari sono infatti ossigeno puro per il gruppo petrolifero russo, il cui dominus è l’onnipotente Igor Sechin, uno dei maggiori alleati di Putin, egli stesso colpito da un divieto d’ingresso negli Usa.

Non basta. Le società si sono anche accordate a esplorare insieme due nuove aree nella Siberia Occidentale e nel bacino di Yenisey-Khatanga, per una superficie complessiva di 260 mila chilometri quadrati. Detto altrimenti, la tecnologia che le sanzioni impediscono a Rosneft di acquistare in Occidente la fornirà l’inglese Bp. «Continueremo a cercare attraenti opportunità di investimento per sviluppare le risorse sostanziali della Russia, mentre rispettiamo le sanzioni internazionali», ha detto il presidente di BP Russia, David Campbell.

Secondo Sergey Pikin, della Energy Development Foundation, Bp avrebbe ottenuto il permesso a firmare l’accordo dal governo britannico. Il quale non commenta le scelte strategiche delle compagnie private, ma si limita a osservare che si tratta di contratti conformi al regime sanzionatorio.

Non che Bp sia la sola a lavorare con Rosneft, negli spazi legali possibili. Lo fanno anche Eni, Shell, E.ON. Ma è da Londra, notano fonti europee, che ancora di recente si sono levati moniti severi contro un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia, mentre non sono mai stati risparmiati attacchi durissimi contro South Stream, che avrebbe portato il gas russo in Europa via Grecia e Italia e di cui Gazprom ha da poco cancellato il contratto con la nostra Saipem.

Un’altra chicca, maturata al Forum San Pietroburgo e concretizzatasi nelle settimane successive, è la vendita da parte di Rosneft di un altro 29% del giacimento di Taas-Yuryaki (che oltre a 134 milioni di tonnellate di petrolio contiene anche 155 milioni di metri cubi di gas) a Skyland Petroleum, misteriosa società con sede alle Cayman Islands creata solo nel gennaio di quest’anno, guarda caso da un’altra compagnia britannica, Vazon Energy, di proprietà di David Robson, petroliere al centro di molti intrecci non sempre chiarissimi. Un portavoce di Rosneft ha precisato che la società conosce i beneficiari di Skyland.

Si potrebbe continuare, ricordando per esempio che mentre l’Italia applica alla lettera le sanzioni e non si ferma davanti al sequestro dei beni italiani di un magnate russo come Arkady Rotenberg, amicissimo di Putin, la City in nome della privacy e della sua speciale legislazione di fatto protegge le decine di oligarchi russi che hanno investito i loro patrimoni a Londra: «Cameron - ha dichiarato il laborista Ian Lucas, ministro ombra per la Sicurezza - dice una cosa e ne fa un’altra: se fosse coerente dovrebbe aggredire il capitale russo che prospera a Londra».

Ma anche se dalle sanzioni passiamo ad altro, esempi di doppi standard se ne possono trovare diversi. Parlando di Ucraina, per esempio, è proprio dal governo conservatore inglese che nelle scorse settimane sono venute le maggiori pressioni sui Paesi dell’area Schengen a liberalizzare i visti da Kiev. Attenzione però, nelle sollecitazioni fatte pervenire alle istituzioni comunitarie e alle rappresentanze diplomatiche dell’area Schengen, Londra si affretta subito a precisare che ovviamente un’eventuale liberalizzazione non si applicherebbe al Regno Unito, poiché (sic) non aderisce all’accordo di libera circolazione delle persone. Riassumendo, lo stesso governo che non ha accettato una sola persona nella ormai famosa redistribuzione dei 40 mila migranti attualmente in Italia e Grecia, bacchetta i Paesi Schengen perché non aprono le porte a eventuali profughi dall’Ucraina, precisando comunque che non facendo parte del gruppo esso non intende accoglierne. Senza commento. Sul fronte dei rapporti con Mosca, pochi governi come quello conservatore di Sua Maestà britannica difendono con più veemenza la linea della fermezza nei confronti delle ambizioni neoimperialiste di Vladimir Putin. E che si tratti delle sanzioni economiche innescate dalla crisi ucraina, che Londra vorrebbe estendere, o dell’atteggiamento aggressivo del Cremlino verso gli ex Paesi del Patto di Varsavia,
è dalla Gran Bretagna che viene soprattutto alimentata la narrativa di un’Italia troppo «soft» verso la Russia e preoccupata di salvare i propri affari con Mosca. Che siano gli esponenti politici tory, o gli autorevoli commentatori dei quality media britannici, non passa giorno senza che Roma venga additata come anello debole del fronte occidentale verso lo Zar del Cremlino.

Consideriamo qualche fatto. Al recente forum economico di San Pietroburgo, uno degli annunci più importanti è stata la firma del memorandum per realizzare due nuove bretelle del North Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando sotto il Mar Baltico, tra il gigante russo Gazprom, la tedesca E.ON, l’austriaca OMV e l’anglo-olandese Shell. Una vera sorpresa dopo che ancora in gennaio il capo di Gazprom, Alexej Miller, aveva annunciato la rinuncia a nuove pipeline a causa delle tensioni politiche in Europa. Ma i veri protagonisti del Forum sono stati Rosneft, la più grande compagnia petrolifera russa, e la britannica BP, che ha acquistato il 20% dell’immenso giacimento di gas e petrolio di Taas-Yuryakh, in Siberia, pagandolo in cash 750 milioni di dollari. E’ il primo contratto di queste dimensioni tra investitori occidentali e un gruppo russo dall’inizio delle sanzioni. Per la cronaca, Bp possiede già una quota di minoranza del 20% della stessa Rosneft.

Dal punto di vista legale, l’accordo non viola il regime di embargo, che proibisce ad aziende come Rosneft di raccogliere capitale o acquistare know-how in Occidente, ma non pone loro ostacoli alla vendita o all’acquisto di attività. Ma è evidente che si tratta di una forma di finanziamento indiretto: 750 milioni di dollari sono infatti ossigeno puro per il gruppo petrolifero russo, il cui dominus è l’onnipotente Igor Sechin, uno dei maggiori alleati di Putin, egli stesso colpito da un divieto d’ingresso negli Usa.

Non basta. Le società si sono anche accordate a esplorare insieme due nuove aree nella Siberia Occidentale e nel bacino di Yenisey-Khatanga, per una superficie complessiva di 260 mila chilometri quadrati. Detto altrimenti, la tecnologia che le sanzioni impediscono a Rosneft di acquistare in Occidente la fornirà l’inglese Bp. «Continueremo a cercare attraenti opportunità di investimento per sviluppare le risorse sostanziali della Russia, mentre rispettiamo le sanzioni internazionali», ha detto il presidente di BP Russia, David Campbell.

Secondo Sergey Pikin, della Energy Development Foundation, Bp avrebbe ottenuto il permesso a firmare l’accordo dal governo britannico. Il quale non commenta le scelte strategiche delle compagnie private, ma si limita a osservare che si tratta di contratti conformi al regime sanzionatorio.

Non che Bp sia la sola a lavorare con Rosneft, negli spazi legali possibili. Lo fanno anche Eni, Shell, E.ON. Ma è da Londra, notano fonti europee, che ancora di recente si sono levati moniti severi contro un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia, mentre non sono mai stati risparmiati attacchi durissimi contro South Stream, che avrebbe portato il gas russo in Europa via Grecia e Italia e di cui Gazprom ha da poco cancellato il contratto con la nostra Saipem.

Un’altra chicca, maturata al Forum San Pietroburgo e concretizzatasi nelle settimane successive, è la vendita da parte di Rosneft di un altro 29% del giacimento di Taas-Yuryaki (che oltre a 134 milioni di tonnellate di petrolio contiene anche 155 milioni di metri cubi di gas) a Skyland Petroleum, misteriosa società con sede alle Cayman Islands creata solo nel gennaio di quest’anno, guarda caso da un’altra compagnia britannica, Vazon Energy, di proprietà di David Robson, petroliere al centro di molti intrecci non sempre chiarissimi. Un portavoce di Rosneft ha precisato che la società conosce i beneficiari di Skyland.

Si potrebbe continuare, ricordando per esempio che mentre l’Italia applica alla lettera le sanzioni e non si ferma davanti al sequestro dei beni italiani di un magnate russo come Arkady Rotenberg, amicissimo di Putin, la City in nome della privacy e della sua speciale legislazione di fatto protegge le decine di oligarchi russi che hanno investito i loro patrimoni a Londra: «Cameron - ha dichiarato il laborista Ian Lucas, ministro ombra per la Sicurezza - dice una cosa e ne fa un’altra: se fosse coerente dovrebbe aggredire il capitale russo che prospera a Londra».

Ma anche se dalle sanzioni passiamo ad altro, esempi di doppi standard se ne possono trovare diversi. Parlando di Ucraina, per esempio, è proprio dal governo conservatore inglese che nelle scorse settimane sono venute le maggiori pressioni sui Paesi dell’area Schengen a liberalizzare i visti da Kiev. Attenzione però, nelle sollecitazioni fatte pervenire alle istituzioni comunitarie e alle rappresentanze diplomatiche dell’area Schengen, Londra si affretta subito a precisare che ovviamente un’eventuale liberalizzazione non si applicherebbe al Regno Unito, poiché (sic) non aderisce all’accordo di libera circolazione delle persone. Riassumendo, lo stesso governo che non ha accettato una sola persona nella ormai famosa redistribuzione dei 40 mila migranti attualmente in Italia e Grecia, bacchetta i Paesi Schengen perché non aprono le porte a eventuali profughi dall’Ucraina, precisando comunque che non facendo parte del gruppo esso non intende accoglierne. Senza commento.


Come si dice in questi casi, il portafogli ha le sue ragioni che la ragione non capisce  


L'atteggiamento anglo-americano (anche gli Usa fanno affari zitti zitti http://it.sputniknews.com/economia/20150525/434449.html ) e' descritto alla perfezione dal poeta-immobiliarista Stefano Ricucci)))
 



 
Bozhe82 Invia Messaggio Privato
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1 euro = 66 rubli
 



 
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ghigo112000 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
1 euro = 66 rubli


Tranquillo, è l'effetto Luq, sanno che sto per arrivare e mi vogliono far cambiare bene  

Non mi dispiacerebbe intorno ai 65.

Comunque:

Russia, banca centrale ferma acquisti valuta dopo crollo rublo

Mosca, 29 lug. (askanews) - La banca centrale russa ha annunciato di aver fermato gli acquisti di valuta estera dopo il recente scivolone del rublo. Negli ultimi mesi la moneta russa si è stabilizzata, la banca ha comprato valuta estera per ricostituire le riserve spese a fine 2014 nel tentativo di sostenere il rublo in caduta. Ma oggi l'istituto di emissione ha fatto sapere di aver fermato gli acquisti a causa della "crescente volatilità nel mercato valutario domestico" dopo il crollo del rublo al minimo da marzo sull'onda della caduta dei prezzi petroliferi. Oggi la moneta russa, che ieri è scesa sotto quota 60 per dollaro, dopo l'annuncio è risalita a 59,84.
Il nuovo indebolimento del rublo, che arriva dopo il rimbalzo degli ultimi mesi, rischia di erodere nuovamente i consumi e di alimentare l'inflazione, oggi al 15,3%.
Domani la banca centrale dovrebbe annunciare un nuovo taglio dei tassi, ma a questo punto per gli analisti potrebbe dover rinunciare nel timore di un avvitamento della spirale inflazionistica. A giugno la Banca di Russia aveva annunciato il quarto taglio dei tassi quest'anno nel tentativo di far ripartire l'economia, penalizzata dalla crisi ucraina, dalla sanzioni occidentali e dal crollo del prezzi del greggio lo scorso anno.
(fonte Afp)

https://it.finance.yahoo.com/notizi...-104917731.html
 



 
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luq ha scritto: [Visualizza Messaggio]
ghigo112000 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
1 euro = 66 rubli


Tranquillo, è l'effetto Luq, sanno che sto per arrivare e mi vogliono far cambiare bene  

Non mi dispiacerebbe intorno ai 65.

Comunque:

Russia, banca centrale ferma acquisti valuta dopo crollo rublo

Mosca, 29 lug. (askanews) - La banca centrale russa ha annunciato di aver fermato gli acquisti di valuta estera dopo il recente scivolone del rublo. Negli ultimi mesi la moneta russa si è stabilizzata, la banca ha comprato valuta estera per ricostituire le riserve spese a fine 2014 nel tentativo di sostenere il rublo in caduta. Ma oggi l'istituto di emissione ha fatto sapere di aver fermato gli acquisti a causa della "crescente volatilità nel mercato valutario domestico" dopo il crollo del rublo al minimo da marzo sull'onda della caduta dei prezzi petroliferi. Oggi la moneta russa, che ieri è scesa sotto quota 60 per dollaro, dopo l'annuncio è risalita a 59,84.
Il nuovo indebolimento del rublo, che arriva dopo il rimbalzo degli ultimi mesi, rischia di erodere nuovamente i consumi e di alimentare l'inflazione, oggi al 15,3%.
Domani la banca centrale dovrebbe annunciare un nuovo taglio dei tassi, ma a questo punto per gli analisti potrebbe dover rinunciare nel timore di un avvitamento della spirale inflazionistica. A giugno la Banca di Russia aveva annunciato il quarto taglio dei tassi quest'anno nel tentativo di far ripartire l'economia, penalizzata dalla crisi ucraina, dalla sanzioni occidentali e dal crollo del prezzi del greggio lo scorso anno.
(fonte Afp)

https://it.finance.yahoo.com/notizi...-104917731.html


http://www.nasdaq.com/article/saudi...-20150729-01040

L'Arabia Saudita ha detto che taglia la produzione di petrolio da settembre: forse ci sarà un po' di respiro per il rublo.
Il calo che c'è stato in questi giorni è essenzialmente dovuto al calo del prezzo del petrolio (sceso a 53 dollari, dopo che aveva sfiorato quota 70$).
Se nel Donbass non riscoppia la guerra, rublo oscillerà contro il dollaro tra 50/60, contro l'euro tra 55 e 65.
 



 
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http://www.nasdaq.com/article/saudi...-20150729-01040

L'Arabia Saudita ha detto che taglia la produzione di petrolio da settembre: forse ci sarà un po' di respiro per il rublo.
Il calo che c'è stato in questi giorni è essenzialmente dovuto al calo del prezzo del petrolio (sceso a 53 dollari, dopo che aveva sfiorato quota 70$).
Se nel Donbass non riscoppia la guerra, rublo oscillerà contro il dollaro tra 50/60, contro l'euro tra 55 e 65.


caso strano da quando l arabia saudita compra le armi dai russi e vuole investire in siberia ora sono interessati al taglio della produzione petrolifera
 



 
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Parla l'Ex Banchiere di Putin:

RUSSIA, IL “BANCHIERE DI PUTIN” VUOTA IL SACCO

L’ex banchiere russo Sergei Pugachev, 52 anni, ex consigliere e stretto collaboratore del presidente Boris Eltsin prima e del presidente in carica Vladimir Putin dopo, ha concesso un’intervista al quotidiano britannico The Guardian. Pugachev, su cui pende il mandato di cattura internazionale emesso dallo stato russo che lo accusa di malversazione, bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita delle proprietà dello stato, è scappato dalla Russia nel 2011 e si è rifugiato in un primo tempo a Londra. La Russia ha intentato contro di lui una causa di estradizione presso una corte londinese, la quale ha deliberato che l’ex banchiere consegni alla polizia i suoi due passaporti, russo e francese, rimanendo a disposizione delle autorità giudiziarie britanniche in attesa del giudizio. L’ex banchiere è scappato via, rifugiandosi nel territorio francese, in Costa Azzurra, dove ha concesso l’intervista esclusiva al giornalista britannico. Secondo Pugachev, la sua fuga è dovuta a numerose minacce di morte che ha ricevuto a Londra e dove non si sentiva più al sicuro. Secondo lui, c’è stato un attacco pilotato contro le sue numerose proprietà in Russia (il suo patrimonio era stimato in 15 miliardi di dollari) e ora gli sono rimasti soltanto gli spiccioli…miserevoli 70 milioni di dollari. Tanto che è stato costretto a rinunciare agli avvocati, difendendosi da solo nel tribunale londinese. Pugachev era uno dei più stretti collaboratori del presidente russo Boris Eltsin.

Nel 1996 era a capo dello staff elettorale per la rielezione di Eltsin alle presidenziali. Più tardi, quando Eltsin si è ammalato, Pugachev, insieme con la figlia di Eltsin Tatiana e il suo futuro marito Valentin Yumashev, faceva parte di una cerchia ristretta che ha scelto Vladimir Putin come successore. Ora Pugachev riconosce che ciò “è stata una vera e propria tragedia della Russia”. Pugachev era a capo dello staff elettorale di Putin alle sue prime presidenziali, coronate con un brillante successo. Secondo l’ex banchiere, Putin, “appartiene all’epoca sovietica, ha visto personalmente Brezhnev e il Politburo, si è fatto le opinioni guardando la TV sovietica”. Pugachev non pensa che Putin sia “un genio maligno intenzionato di istituire un regime criminale ora al potere in Russia”, ma semplicemente “si è fatto circondare dagli ex agenti del KGB che la pensano come lui e i quali si sono messi ad arricchirsi in fretta”.

Secondo Pugachev, Putin “pure voleva arricchirsi, è una persona pragmatica e non abbiamo parlato (con lui) anche di questo – non voleva lasciare l’incarico da povero”. Alla fine del suo primo mandato, secondo il racconto dell’ex banchiere, si è messo paura di ciò che sarebbe successo dopo il suo ritiro e la sua stretta cerchia l’ha convinto di continuare il suo mandato.

A quanto ammonta il patrimonio personale di Putin? “Tutto ciò che c’è sul territorio della Federazione Russa, Putin lo considera suo. Tutto: Gazprom, Rosneft, società private. Ogni tentativo di quantificazione fallisce…Lui è la persona più ricca al mondo finché rimane in carica” – questa è la stima dell’ex stretto collaboratore del presidente russo. Secondo Pugachev, Putin rimarrà in carica a vita poiché “io non vedo alcuna garanzia per lui (se si ritira), e neanche lui le vede”. -

See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/ar...3120df356f.html

E gli effetti della Crisi nei primi mesi del 2015:

La Russia nella morsa della crisi: chiusi 900 tra bar e ristoranti

MOSCA. La crisi in Russia colpisce anche la ristorazione, uno dei termometri della dolce vita moscovita: da dicembre a marzo hanno cessato l'attività 900 tra bar e ristoranti (9% del totale) ed entro l'autunno si teme che chiuderà un locale su 3, ossia il 30%, secondo alcuni media russi. Migliaia i dipendenti licenziati.
La fascia più vulnerabile è il ristorante non di lusso ma quello frequentato dalla classe media, che ha visto contrarsi il suo potere d'acquisto per la svalutazione del rublo e l'aumento dei prezzi.

Intanto, il presidente russo Vladimir Putin con un decreto ha ordinato che i prodotti agroalimentari provenienti dall'Occidente e arrivati in Russia, violando l'embargo imposto l'anno scorso da Mosca, saranno regolarmente distrutti a partire dal 6 agosto.

Nell'agosto del 2014 la Russia ha bloccato le importazioni di frutta, verdura, prodotti caseari, carne e pesce da Usa, Paesi Ue e altri Stati che le avevano imposto delle sanzioni per la crisi ucraina. L'import di questi prodotti aveva un valore di 9 miliardi di dollari l'anno. Ma alcuni beni sanzionati arrivano illegalmente in Russia, soprattutto attraverso Bielorussia e Kazakistan, che fanno parte dell'Unione economica euroasiatica guidata da Mosca.

http://gds.it/2015/07/30/la-russia-...toranti_389703/
 



 
luq Invia Messaggio Privato
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La Crisi e le Elezioni:

Missione Putin: salvare la Russia e non fare la fine di Gorbaciov

Vladimir Putin ha salvato la Russia una volta. La salverà una seconda? È questo il quesito fondamentale che sul medio periodo si pone chi osserva ciò che succede al Cremlino e nei dintorni, alla luce della situazione politica-economica odierna nella Federazione Russa e delle varie previsioni che si possono fare sul futuro del paese più vasto del Mondo per il prossimo decennio. Prima di guardare nella sfera di cristallo, bisogna però mettersi d’accordo su quello che è lo statu quo della Russia, diverso da quella che è la sua rappresentazione sui media occidentali. In primo luogo bisogna intendere quale sia il ruolo di Putin oggi e perché la sua immagine a casa propria non corrisponda al ritratto che viene dipinto sui media mainstream ad ovest del Cremlino.

Qualche giorno fa ci ha pensato il quotidiano inglese The Guardian a mettere in fila un paio di motivi e di numeri dai quali si capisce perché Vladimir Vladimirovich sia appunto visto dai russi come il salvatore della patria e non come un cinico dittatore imperialista. In sostanza, guardando come è cambiata la Federazione Russa negli ultimi quindici anni e soprattutto confrontandola con quella precedente lasciata in eredità da Mikhail Gorbaciov a Boris Eltsin, non è difficile comprendere perché la stragrande maggioranza della popolazione sia convinta che non ci sia oggi mano migliore di quella di Putin per guidare la nazione. Gli indicatori economici e sociali segnalano gli enormi passi fatti in avanti e per quel riguarda la politica è evidente che l’anarchia oligarchica eltsiniana (condita da due colpi di stato nel 1991 e 1993, dalle due guerre in Cecenia nel 1994 e 1999, e dal default del 1998) ha lasciato spazio alla stabilità putiniana, almeno a livello interno (escludendo dunque la guerra in Georgia nel 2008 e quella in Ucraina nel 2014).

Se in ogni casa c’è un televisore che rigurgita propaganda sui canali statali è vero anche che ci sono quasi 100 milioni di utilizzatori di internet che si informano dove e come vogliono

Se comunque lo scorso giugno il Levada Center, centro di ricerca indipendente e non sospettabile di parzialità, ha registrato l’89% di approvazione per il presidente, record degli ultimi tre lustri da quando Putin nel marzo 2000 è entrato per la prima volta nelle stanze del Cremlino, vorrà dire ben qualcosa: e non si tratta certo dell’appiattimento totale dovuto al controllo mediatico esercitato in larga parte attraverso la televisione a modellare il pensiero di 150 milioni di russi (o 110 milioni di elettori che dir si voglia). Se in ogni casa c’è un televisore che rigurgita propaganda sui canali statali è vero anche che ci sono quasi 100 milioni di utilizzatori di internet che si informano dove e come vogliono.

I russi under 40, esattamente come i loro colleghi occidentali, navigano, viaggiano, conoscono le lingue e alla fine votano in larga parte lo stesso per Putin. Quindi? La crisi ucraina, che ha diviso non solo Russia e Occidente, ma ha anche mostrato come, esattamente alla stessa stregua di quella greca, le posizioni all’interno dell’Unione Europea sono differenti e contrastanti nonostante il risultato finale, è l’esempio di come la medesima questione sia vista e giudicata da diverse prospettive. È ovvio che i russi abbiano la loro e si tratta del loro paese, forse bisogna prima cercare di capire e non giudicare.

C’è da chiedersi in ogni caso quanto il consenso che il Cremlino è riuscito a coagulare intorno a sé, anche con l’aiuto indiretto occidentale, possa davvero continuare e quale sia la direzione che la Russia prenderà fra qualche anno. Eccoci dunque nell’ambito della cremlinologia pura, scienza di per sé inesatta. Sul breve periodo le previsioni sono relativamente facili sino al 2018, anno in cui scade il terzo mandato di Putin, è altamente probabile che non vi saranno stravolgimenti.

Andando di pari passo con gli scenari di un’economia zoppicante, ma non al collasso, di prezzi del petrolio bassi, ma non stracciati, di un sistema economico che pur malandato è ancora in grado di reggere e si sta comunque lentamente diversificando, la Russia non precipiterà nel baratro. Il paese non è isolato, i rapporti sulla scacchiera asiatica proliferano, i problemi interni per Vladimir Vladimirovich non sono quelli di un’opposizione inesistente, ma quelli soliti del Caucaso sempre inquieto. Il resto è routine. Più complicato è guadare un po’ più lontano, perché le variabili aumentano.

Come ricordato su Linkiesta , la profezia di Stratfor è che la crisi della Russia sarà il problema più grande dei prossimi dieci anni, cioè sino al 2025. Mosca rischierebbe un tracollo simile a quello avvenuto da Gorbaciov a Eltsin e la disintegrazione. In realtà, al di là del worst case apocalittico, il passaggio politico delicato sarà proprio quello del 2018 e di come Putin deciderà di affrontarlo, se cioè deciderà di rimanere al Cremlino ed eventualmente per quanto, l’intero mandato di sei anni o forse solo la metà, come già qualcuno sussurra. È certo comunque che l’élite russa dovrà operare dei correttivi, sia a livello politico che economico, per evitare che gli scenari peggiori possano realizzarsi.

I deficit democratici e gli screzi con l’Occidente sono elementi che non aiutano, i problemi maggiori però sono e rimarranno quelli dell’instabilità delle periferie e di una architettura economica dove i pilastri sono quelli dell’export di materie prime, entrambi difficili da eliminare per ragioni fisiologiche da una parte e fisiche dall’altra. Improbabile che l’era Putin termini con un successo su questi due fronti, su cui poco è stato fatto: il compito spetterà insomma ad altri.

http://www.linkiesta.it/futuro-russia-putin-crisi
 



 
luq Invia Messaggio Privato
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https://it.finance.yahoo.com/notizi...-113645172.html
 



 
jackkkkkk79 Invia Messaggio Privato
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@luq

che abbia salvato la russia l ha riconosciouto anche lui           



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ghigo112000 Invia Messaggio Privato
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Ragazzi, aggiornatemi: dopo la Crimea, la Russia si è presa anche la Finlandia?                   

http://it.sputniknews.com/politica/20150731/862311.html

Nella nuova lista di sanzioni degli USA, sono finiti 2 imprenditori finlandesi       

Direi di limitare i post su questi argomenti, altrimenti potrebbero da un giorno all'altro oscurare anche il forum se lo vorrà la Casa Bianca           
 



 
Ultima modifica di Bozhe82 il 31 Luglio 2015, 15:09, modificato 1 volta in totale 
Bozhe82 Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
Russia, nuovo crollo dell'attività produttiva

(Teleborsa) - Il settore manifatturiero russo perde ulteriormente slancio, nel mese di luglio, a causa della scarsa domanda che ha messo sotto pressione produzione e nuovi ordini.

Secondo quanto emerge da un sondaggio Markit, il clima di fiducia tra i direttori acquisto per il comparto manifatturiero è scivolato a quota 48,3 punti dai 48,7 di giugno, mantenendosi al di sotto della soglia di 50 punti che separa crescita da contrazione.

L'indagine ha mostrato che il settore manifatturiero è sceso per il terzo mese consecutivo, nel mese di luglio.

L'economia della Russia sta soffrendo la sua prima recessione dal 2009, risentendo l'impatto delle sanzioni occidentali e il calo dei prezzi del greggio.

http://borse.quifinanza.it/News/201...uttiva-145.html

Il rublo intanto crolla, 68,88 contro l'euro, ci avviciniamo a quota 70.
 



 
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Fmi: Russia zavorrata da sanzioni rischia perdita cumulata Pil 9%

New York, 3 ago. (askanews) - Nel medio termine la Russia potrebbe perdere il 9% del Pil se le sanzioni imposte dall'occidente così come le misure adottate in risposta dal Cremlino resteranno in atto. Lo sostiene il Fondo monetario internazionale nel rapporto Articolo IV. Secondo l'istituto di Washington, la ripresa dell'economia russa potrebbe essere meno rapida di quando il governo si aspetti proprio a causa delle sanzioni adottate contro Mosca per il suo ruolo a sostegno dei separatisti pro-Russia nei territori orientali nell'Est dell'Ucraina e per l'annessione della penisola di Crimea.

"Shock esterni in aggiunta a debolezze strutturali preesistenti stanno certamente pesando sulle prospettive di crescita della Russia", dichiara nel rapporto Ernesto Ramirez Rigo, a capo della missione dell'Fmi in Russia. Il Fondo stima che le sanzioni di Usa e Ue e le contro-sanzioni russe hanno inizialmente ridotto il Pil reale fino all'1,5%. Ma la perdita cumulativa del Pil nel medio termine potrebbe appunto arrivare al 9%.

Secondo l'istituzione guidata da Christine Lagarde, le autorità economiche e finanziarie di Mosca hanno risposto bene nella gestione delle sanzioni e del calo dei prezzi del greggio - da cui l'economia dipende - controbilanciando gli shock esterni. Ma un peggioramento delle tensioni geopolitiche potrebbe alimentare la caduta del rublo, spingere al rialzo l'inflazione e la fuga dei capitali andando a pesare ulteriormente sulla domanda interna. L'Fmi ha lasciato invariate le sue stime per il 2015 aspettandosi una contrazione del 3,4% contro le stime di Mosca per un -3%. Nel lungo termine l'Fmi si aspetta una crescita "modesta" dell'1,5% all'anno a causa dei lenti progressi nell'implementare le riforme strutturali.

http://www.askanews.it/nuova-europa...9_711575548.htm

Alcune aziende italiane però investono ancora:

Danone: piano di investimenti da 700 milioni di dollari in Russia

Mosca (Russia) – La multinazionale Danone non abbandonerà il mercato russo, in cui opera con 20 stabilimenti e circa 14 mila dipendenti. “Continueremo a investire nello sviluppo del business e ad aprire nuove linee di produzione”, ha dichiarato alla stampa Bernard Ducrot, Ceo di Danone Russia. “Anzi, abbiamo intenzione di implementare gli investimenti previsti fino al 2017”. Il vice presidente, direttore del dipartimento relazioni istituzionali Marina Balabanova, ha poi specificato: “Si tratta di circa 700 milioni di dollari, che l’azienda ha intenzione di investire su un periodo di cinque anni e che saranno destinati in gran parte alla modernizzazione delle strutture, per portarle in linea con gli standard internazionali di qualità Danone”. Per quanto riguarda le nuove specifiche inserite del decreto di rinnovo dell’embargo sui prodotti agroalimentari, che modifica alcuni aspetti dell’importazione di prodotti senza lattosio, Balabanov ha dichiarato che la società è pronta a prendere in considerazione la produzione in loco, ma solo dopo aver valutato la richiesta reale del mercato.

http://www.alimentando.info/formagg...lari-in-russia/
 



 
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Messaggio Re: Stato Attuale Dell'economia In Russia 
 
luq ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Fmi: Russia zavorrata da sanzioni rischia perdita cumulata Pil 9%

New York, 3 ago. (askanews) - Nel medio termine la Russia potrebbe perdere il 9% del Pil se le sanzioni imposte dall'occidente così come le misure adottate in risposta dal Cremlino resteranno in atto. Lo sostiene il Fondo monetario internazionale nel rapporto Articolo IV. Secondo l'istituto di Washington, la ripresa dell'economia russa potrebbe essere meno rapida di quando il governo si aspetti proprio a causa delle sanzioni adottate contro Mosca per il suo ruolo a sostegno dei separatisti pro-Russia nei territori orientali nell'Est dell'Ucraina e per l'annessione della penisola di Crimea.

"Shock esterni in aggiunta a debolezze strutturali preesistenti stanno certamente pesando sulle prospettive di crescita della Russia", dichiara nel rapporto Ernesto Ramirez Rigo, a capo della missione dell'Fmi in Russia. Il Fondo stima che le sanzioni di Usa e Ue e le contro-sanzioni russe hanno inizialmente ridotto il Pil reale fino all'1,5%. Ma la perdita cumulativa del Pil nel medio termine potrebbe appunto arrivare al 9%.

Secondo l'istituzione guidata da Christine Lagarde, le autorità economiche e finanziarie di Mosca hanno risposto bene nella gestione delle sanzioni e del calo dei prezzi del greggio - da cui l'economia dipende - controbilanciando gli shock esterni. Ma un peggioramento delle tensioni geopolitiche potrebbe alimentare la caduta del rublo, spingere al rialzo l'inflazione e la fuga dei capitali andando a pesare ulteriormente sulla domanda interna. L'Fmi ha lasciato invariate le sue stime per il 2015 aspettandosi una contrazione del 3,4% contro le stime di Mosca per un -3%. Nel lungo termine l'Fmi si aspetta una crescita "modesta" dell'1,5% all'anno a causa dei lenti progressi nell'implementare le riforme strutturali.

http://www.askanews.it/nuova-europa...9_711575548.htm

Alcune aziende italiane però investono ancora:

Danone: piano di investimenti da 700 milioni di dollari in Russia

Mosca (Russia) – La multinazionale Danone non abbandonerà il mercato russo, in cui opera con 20 stabilimenti e circa 14 mila dipendenti. “Continueremo a investire nello sviluppo del business e ad aprire nuove linee di produzione”, ha dichiarato alla stampa Bernard Ducrot, Ceo di Danone Russia. “Anzi, abbiamo intenzione di implementare gli investimenti previsti fino al 2017”. Il vice presidente, direttore del dipartimento relazioni istituzionali Marina Balabanova, ha poi specificato: “Si tratta di circa 700 milioni di dollari, che l’azienda ha intenzione di investire su un periodo di cinque anni e che saranno destinati in gran parte alla modernizzazione delle strutture, per portarle in linea con gli standard internazionali di qualità Danone”. Per quanto riguarda le nuove specifiche inserite del decreto di rinnovo dell’embargo sui prodotti agroalimentari, che modifica alcuni aspetti dell’importazione di prodotti senza lattosio, Balabanov ha dichiarato che la società è pronta a prendere in considerazione la produzione in loco, ma solo dopo aver valutato la richiesta reale del mercato.

http://www.alimentando.info/formagg...lari-in-russia/


Senza le "riforme strutturali del FMI" c'è speranza e crescita. Se queste "riforme" (austerity in primis, smantellamento dello stato sociale, privatizzazioni selvagge) fanno così bene alla crescita, come mai gli USA, nonostante un debito astronomico, non hanno mai fatto politiche di austerity?          
 



 
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