Signore e signori del forum
oggi,in data 9 gennaio 2014 anno Domini,il giudice monocratico del Tribunale di Torre Annunziata ha emesso SENTENZA FAVOREVOLE ALLA MOGLIE DEL SOTTOSCRITTO CON IMMEDIATO RIGETTO DELLA SENTENZA DEL DINIEGO AL PDS CHE LE FU NOTIFICATO NEL GIUGNO 2012.
In pratica,come dibattuto anche nei giorni scorsi con gli altri utenti,il giudice ha fondato la propria sentenza sul fatto,gia' da me sottolineato,che le ultime normative vigenti in materia di diritto europeo sono favorevoli sempre al coniuge extracomunitario del cittadino europeo,garantendone la liberta' di movimento sul territorio.
Tutto cio' per ribadire che sono INFONDATE qualsiasi rigetti a richieste di PDS basati sul fatto che ad un eventuale controllo di polizia,i coniugi non siano trovati all'indirizzo.
Qui di seguito incollo la sentenza,lunghetta ma se a qualcuno piace leggere
Ora si devono notificare gli atti al Ministero dell'Interno e all'avvocatura di Stato,30 gg di tempo e poi ci potremo presentare in Questura(anche se,volendo,potremmo andare anche oggi stesso)nuovamente e pretendere il PDS!
N. 1656/2012 R.G.
II giudice monocratìco del Tribunale di Torre Annunziata, dott. Francesco Coppola, ha pronunciato
la seguente
ORDINANZA
» sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 4-11-2013;
* letti gli atti ed i documenti di causa;
osserva
1. Con ricorso depositato in data 21-6-2012, Ekaterina (o Ekaterina Valentinovna) Platova,
cittadina russa, chiedeva l'annullamento e/o la revoca del provvedimento del Questore della
Provincia di Napoli del 20-3-2012, notificato il 7-6-2012 - e qualsiasi atto presupposto o
conseguenza di esso, compreso il relativo iter amministrativo - e la dichiarazione del diritto della
ricorrente ad ottenere il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare.
A tal fine premetteva che: il rigetto della sua richiesta di rilascio del permesso di soggiorno era
fondato sull'assunto che ella, unitamente al coniuge, non si trovava in Italia ma dal mese di giugno
2011 risiedeva stabilmente in Mosca ove svolgeva attività lavorativa autonoma e che i riscontri
eseguiti il 24-8-2010 non avevano dato esito poiché la destinatala risultava sconosciuta ed
irreperibile presso l'indirizzo indicato quale abituale dimora in Italia; i rilievi erano infondati poiché
conviveva stabilmente e continuamente con il marito Massimo Camillo Gaetano, cittadino italiano,
che risiedeva in Via dei Platani n. 7 in Piano di Sorrento; ricorrevano i presupposti per il rilascio del
permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ai sensi dell'art. 30 comma 1 lett. a) d.lgs.
286/1998.
Il Ministero Dell'Interno ha resistito al ricorso, chiedendone il rigetto.
Osservava in comparsa di costituzione, in particolare, che il provvedimento era stato emesso a
seguito dell'accertamento della "non convivenza" dei coniugi, per come acquisito dal
Commissariato di p.a. territorialmente competente che non aveva mai riscontrato la presenza dei
coniugi presso la residenza dichiarata, aggiungendo che era onere dello straniero provare tale
requisito imprescindibile e che non si presumeva per effetto del coniugio.
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2. L'art. 30 comma 1 lett. a) d.lgs. 286/1998 prevede: "Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo
della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato: a) allo straniero
che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, owero con
visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall'articolo 29, owero con visto di
ingresso per ricongiungimento al figlio minore.
L'art. 19 dello stesso d. Igs. 286/1998 vieta l'espulsione, tra gli altri casi (comma 1 , lett. e)
degli stranieri conviventi con il coniuge, di nazionalità italiana.
Il richiamo dell'Amministrazione, nelle proprie difese, agli artt. 30 e 19 del d. Igs. 286/1998 non
è conferente in quanto nel caso di specie - che concerne il coniuge extracomunitario di cittadino
italiano - deve trovare applicazione il d.lgs. 30/2007, intitolato "Attuazione della direttiva
2004\38\CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri" e, solo in via residuale, se più favorevole, il d. Igs.
1998\286 <Ed infatti: l'art. 28, comma 2 del d.lgs. 1998 dispone che "ai familiari stranieri di
cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni
del d.p.r. 30 dicembre 1965 n. 1656, fatte salve quelle più favorevoli del presente testo unico o del
regolamento di attuazione"; il d.p.r. 1965/1656 (Norme sulla circolazione e il soggiorno dei
cittadini degli Stati membri della C.E.E.) è stato abrogato dall'art. 15 del d.p.r. 2002/54 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei
cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea); il d.p.r. 2002/54 è stato a sua volta abrogato
dall'art. 25 del d.lgs d.lgs. 30/2007; l'art. 23 del d.lgs. 30/2007 dispone che "Le disposizioni del
presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi
la cittadinanza italiana". >
Naturalmente, l'applicazione del d.lgs. 30/2007 presuppone che si tratti di un matrimonio
"vero", in quanto l'art. 35 della Direttiva 2004\38\CE di cui il decreto legislativo in questione
costituisce attuazione prevede espressamente che "gli Stati membri possono adottare le misure
necessarie per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla presente direttiva in caso di
abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fìttizio...".
Nella specie, la ricorrente ha dedotto di aver centrato matrimonio civile in Russia (il 7-12-2010)
e poi religioso in penisola sorrentina (il 9-6-2011, in Piano di Sorrento) come da documentazione
in atti (sub 4 e 8 del foliario di parte), ha prodotto il certificato di residenza del coniuge in Piano di
Sorrento, copiosa documentazione fotografica riproducente momenti di vita vissuta assieme al
coniuge e scontrini di spesa relativi al periodo dicembre 2010/giugno 2012, e la p.a. resistente non
ha sostenuto che quello tra la ricorrente e il cittadino italiano sia stato un matrimonio fìttizio.
L'Amministrazione, infatti, nelle motivazioni del provvedimento impugnato, si è limita a richiamare
la mancanza del requisito dell'effettivo soggiorno della straniera sul territorio nazionale e nella
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memoria difensiva ha fondato la propria difesa argomentando che il provvedimento è stato reso
non sussistendo il requisito della "convivenza" previsto dal d.lgs. 286/1998.
Di conseguenza, nel caso in esame, - che, come si è detto, concerne il coniuge
extracomunitario di cittadino italiano - deve trovare applicazione, in quanto più favorevole, la
disciplina del d.lgs. 30/2007 (cfr., in fattispecie analoga, in tal senso, trib. Torino, 23-10-2009, in
dejure.giuffre.it): tale normativa, infatti, regolamentando le modalità relative al diritto di ingresso
e di soggiorno in Italia dei cittadini comunitari e dei loro familiari anche extracomunitari, fra i quali
il coniuge (art. 2), non richiede, contrariamente al disposto degli artt. 19 e 30 del d. Igs. 286/1998,
il requisito della convivenza: ed infatti, "una relazione stabile" con il cittadino dell'unione europea è
prevista soltanto in caso di convivenza more uxorio (art. 3, comma 2, lettera b) del d.lgs.
30/2007).
In un recente intervento la S.C. (sent. n. 12745/2013) - in fattispecie diversa ma i cui principi
appaiono invocabili nella fattispecie, sebbene di diverso avviso rispetto ad altra pronunzia non
condivisa dal tribunale: Cass. civ., 17346/2010 - ha così conformemente affermato: "Premessa la
piena applicabilità alla fattispecie dedotta nel presente giudizio della disciplina normativa contenuta
nel D.Lgs. n. 30 del 2007, deve escludersi che tra i criteri di riconoscimento iniziale e
conservazione dei titoli di soggiorno previsti da tale normativa, possa farsi rientrare, nell'ipotesi del
coniuge del cittadino italiano o UÈ, la convivenza effettiva";... "// diritto di soggiorno del familiare
del cittadino italiano è regolato dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 7, comma 1, lett. d) e dall'ari. 10.
Le due disposizioni normative che riguardano specificamente il cittadino dell'Unione e i suoi
familiari, in quanto sono inserite in un contesto legislativo che mira a garantire la circolazione in
ambito UÈ, devono venire interpretate alla luce dell'applicazione estensiva del nuovo regime anche
ai familiari dei cittadini italiani non circolanti. In particolare, con riferimento alla fattispecie dedotta
in giudizio, il diniego del permesso di soggiorno è stato determinato esclusivamente dal difetto
sopravvenuto del requisito della convivenza. Ne consegue che l'accertamento giurisdizionale è
strettamente vincolato dalla motivazione del provvedimento amministrativo e deve limitarsi al
riscontro, alla luce della nuova disciplina normativa delle condizioni riconducibili all'unione
coniugale. Le norme applicabili ai familiari di cittadini italiani, al riguardo, sono gli artt. 12 e 13. La
prima disciplina le ipotesi in cui il divorzio o l'annullamento del matrimonio contratto con il
cittadino italiano conducono alla perdita del diritto al soggiorno, escludendone pertanto la
privazione automatica. In particolare, il familiare che non abbia già ottenuto la carta di soggiorno
permanente, (ipotesi coincidente al caso di specie) perde il diritto al soggiorno (in assenza di figli
minori) se il matrimonio è durato complessivamente meno di tre anni di cui meno di uno sul
territorio nazionale. L'art. 13, comma 1, richiede l'ulteriore condizione che il titolare del diritto al
soggiorno non costituisca un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica. Come risulta evidente
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dall'esame delle disposizioni sopraindicate, il requisito dell'effettiva convivenza, come sottolineato
peraltro anche nella motivazione della pronuncia n. 17346 del 2010, è del tutto estranea alla
disciplina normativa del D.Lgs. n. 30 del 2007, mentre permane vigente, anche perché
espressamente previsto dal citato art. 35 della Direttiva 2004/38/CE il divieto di abuso del diritto e
di frode, realizzabile mediante matrimoni fìttizi contratti all'esclusivo fine di aggirare la normativa
pubblicistica in tema d'immigrazione"
Pertanto, il provvedimento deve essere annullato, essendo fondato sulla mancanza di un
requisito non necessario secondo l'attuale normativa.
Per mera completezza, va solo aggiunto che gli indizi offerti dalla ricorrente e prima descritti
(ovvero: certificato di residenza del coniuge, documentazione fotografica, matrimonio religioso,
scontrini di spesa), non contestati da controparte, sono apparsi comunque sufficienti per ritenere
che abbia soggiornato in Italia insieme al coniuge. Per contro, la circostanza pacifica che la
ricorrente svolga un'attività commerciale in Russia, che la raccomandata inviatale il 24-8-2010,
contente il preavviso di rigetto del permesso di soggorno, sia stata restituita perché la ricorrente è
risultata irreperibile presso l'indirizzo indicato come abituale dimora in Italia (fatto non dimostrato
dalla p.a. e contestato dalla ricorrente), gli accertamenti negativi effettuati dalla Polizia di Stato
(assenza della ricorrente in data 29-12-2011 presso l'indirizzo del coniuge e informazioni raccolte
dagli agenti di p.s.), in presenza degli univoci e convergenti indizi descritti di segno diverso, non
appaiono bastevoli per ritenere dimostrata la assunta non convivenza in questione.
3. Il contrasto giurisprudenziale sopra richiamato, costituisce ragione valida per disporre la
integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, ai sensi dell'art. 92 comma 2 c.p.c.
P.Q.M.
A) annulla il provvedimento del Questore della Provincia di Napoli del 20-3-2012, notificato il 7-6-
2012;
B) compensa per intero le spese processuali tra le parti.
Si comunichi.
Torre Annunziata, 2 gennaio 2014
II giudice morMcratico
dott. Francesoé-€oppola
N. 1656