Chi è più bello? Chi è benestante ed è sposato con meno di quattro figli, appare più bello e più giovane. Per la Danish Twin Registry le persone che hanno un elevato tenore di vita e sono sposate (evitando una folta figliolanza) dimostrano un'età ben inferiore a quella reale. Incredibile!
Il parametro, secondo lo studio di questa ricerca danese, è il viso. Tanto più appare giovane e fresco e tanto sarà più elevato il suo reddito. Stupefacente! Essere single e appartenere al un ceto medio-basso, invece, appesantisce il viso, che mostra qualche anno in più. Impensabile!
“E' più pericoloso apparire di un anno più vecchi, piuttosto che diventare più vecchi di un annoâ€Â, commenta Kaare Christensen, responsabile dello studio. Apparire più vecchi, per la ricercatrice, significa essere più esposti alle malattie e di conseguenza ad una mortalità precoce.
Ma il binomio killer è l'accoppiata (alquanto ardita) tintarella-disoccupazione. L'abbronzatura, dice la ricerca, è la nemica giurata delle donne. Se l'eccessiva esposizione al sole si combina con una situazione di disoccupazione, si rischia di apparire di 7,2 anni più anziane rispetto alle donne che invece lavorano ed evitano i solarium. Stupefacente! I disoccupati, anzi le disoccupate con la tintarella -perdendo il lavoro, evidentemente hanno il tempo di stendersi al sole sulla spiaggia - battono ogni record d'invecchiamento precoce.
Ma per avere la bellezza e un viso più giovane, fra l'altro, occorre essere più sereni e con un reddito consistente. E, inaspettatamente in un periodo di aedi dei benefici della globalizzazione economica, si riapre il tema della questione sociale. L'imprenditore o il professionista alto borghese con un florido conto corrente in banca e una barca ormeggiata nel porto turistico più vicino, hanno sicuramente un viso più giovane dei coetanei disoccupati, sottoccupati, precari, cassintegrati e proletari (anche questi diventati rari con la crisi demografica, nella accezione marxista delle persone con la sola ricchezza della loro prole).
E' l'antico problema delle disuguaglianze di classe, impugnate già dalla metà del 1800 in Italia e Europa dai partiti socialisti, socialdemocratici, laburisti. Con lotte epocali e scioperi generali, in nome dell'uguaglianza e della giustizia sociale, il movimento operaio, socialista e comunista, ottenne via via: la libertà di associazione sindacale, la tutela del lavoro delle donne e dei minori, un contratto di lavoro di 48 ore settimanali, le ferie pagate, l'assicurazione contro gli infortuni di lavoro, la sanità e l'istruzione pubblica e gratuita, il suffragio universale. Il successo fu così forte che la classe operaia conquistò, come si diceva un tempo, “un ruolo egemone e generaleâ€Â. Non solo nel sistema produttivo italiano, ma anche nel mondo della cultura.
“Mio marito era metalmeccanico. Lavorava all'Italsiderâ€Â, si vantava Lina Sastri al funerale del consorte-fantasma in “Mi manda Piconeâ€Â, un film degli anni Ottanta che dava uno spaccato fra il comico e il drammatico di Napoli alle prese con la micro criminalità della camorra. Oggi le acciaierie Italsider di Bagnoli non esistono più, sono sparite come molti altri grandi impianti industriali italiani. Sono state cancellate ricchezza, grandi professionalità , occupazione e senso di appartenenza.
In altri Paesi europei la grande industria si è riqualificata o, se ha ceduto davanti all'avanzata delle “tigri asiaticheâ€Â, il suo spazio è stato occupato dai servizi avanzati. Da noi, invece, grande industria, servizi avanzati ed alta tecnologia spariscono o segnano il passo. C'è il declino. Oltre 40 contratti diversi di lavoro (quando vengono applicati) servono a tutelare la flessibilità , a contenere i costi ed assicurare piena libertà d'azione agli imprenditori. Si licenzia e nascono i call center, popolati da giovani precari presi con contratti a termine tipo quelli a progetto (il nome suona tanto bene, ma sono adottati per “scaricare†periodicamente la manodopera, in modo da tenere sotto ricatto gli addetti e comprimere verso il basso le retribuzioni).
La ricerca danese non parla della bellezza e del viso dei precari. Il precariato per molte persone non è una fase transitoria della vita ma può diventare una esperienza di lavoro di 10-15 anni. E' “un male oscuro†che condiziona il modo di vivere e di pensare. E, arrivati a quarant'anni, il precariato può trasformarsi non in un lavoro garantito, ma anche nella disperazione della disoccupazione. Sinistra batti un colpo.
“Sono bello, sono vuoto di cervelloâ€Â, diceva Gastone, il personaggio inventato ed interpretato da Ettore Petrolini
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