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Messaggio Anche In Russia Polemica Sull'inno "Rimettiamo La Frase Sul Culto Di Stalin" 
 
Da La Repubblica
LEONARDO COEN

Anche in Russia polemica sull'inno "Rimettiamo la frase sul culto di Stalin"
MOSCA - Proprio nel giorno in cui muore il novantaseienne poeta Serghej Mikhalkov, padre dei due grandi e popolari registi Nikita Mikhalkov e Andrej Koncialovskij, soprattutto celebre autore del testo dell'inno sovietico ma anche di quello (abbastanza simile) dell'attuale Federazione Russa, scoppia a Mosca una furiosa polemica relativa appunto all'inno dell'Urss che per molti nostalgici dell'Impero sovietico resta il "vero" inno nazionale.

La strana e gelida estate moscovita - mai visto un freddo così come in questo turbolento agosto russo - rischia finalmente di riscaldarsi al fuoco delle virulenti discussioni che pigliano spunto da un verso dell'inno composto nel 1941 e riapparso, dopo tantissimi anni di oblìo e di esilio, sul muro di una bella stazione della metropolitana, la Kurskaja-Circolare, nell'identica originaria collocazione, quella dalla quale era stato espiantato dopo la destalinizzazione alla fine degli anni Cinquanta: "Ci ha fatto crescere Stalin e ci ha educati a essere fedeli al popolo, al lavoro e alle grandi eroiche imprese".

In realtà, non è l'inno sovietico il fulcro del rovente scontro dialettico e politico, bensì la figura di Stalin e la sua strisciante riabilitazione (in funzione patriottica), sistematicamente in atto ormai da un paio di anni. Dunque, un soggetto ideologicamente delicato, in tempi che vedono il Cremlino a rimettere i puntini sulle i della Storia. Per esempio, cominciando a restituire a Stalin i connotati di grande statista, in sintonia con la mitologia nazionale che gli attribuisce il merito della vittoria contro la Germania nazista. In un recente gioco televisivo, Stalin si è piazzato al terzo posto nella lista dei più grandi eroi russi, e lo stesso Putin sta pilotando il revisionismo storico relativo all'Unione Sovietica e alle sue "conquiste". La Duma lo scorso 7 luglio ha approvato un documento in cui si riafferma la "volontà indefettibile delle autorità russe di difendere la nostra storia sovrana contro ogni attacco esterno". Era la risposta ad una risoluzione adottata quattro giorni prima dall'Osce in cui si mettevano sullo stesso piano nazismo e stalinismo.

Un discorso complesso e controverso, perciò, quello della memoria collettiva rispetto allo stalinismo e agli anni delle purghe, dei gulag, degli stermini condotti dal regime del dittatore comunista: "Non si può tornare a elogiare Stalin", gridano i difensori dei diritti umani, "non si può dimenticare che è stato un boia". Così la pensa anche gran parte della comunità degli storici e dei politologi russi. Beninteso, esclusi quelli che si sono legati al carro del Cremlino. Quando qualche giorno fa è stato riaperto l'atrio esterno della stazione Kurskaja e i passeggeri moscoviti con sorpresa hanno letto sul muro il verso dell'inno sovietico in cui si elogia Stalin non è che l'abbiano presa bene. Le proteste sono state moltissime e Dmitrij Gaev, direttore della metropolitana di Mosca, negando ogni velleità di ridare fiato al culto della personalità, ha dichiarato che in questo modo è stata ripristinata fedelmente "la giustezza storica strutturale della stazione, così come era stata concepita nel 1949".
"Ma quale Storia - ha replicato duramente Oleg Orlov, direttore di "Memorial", la più nota ong russa - spero che sia soltanto un lapsus linguae. Vorrei vedere, che cosa succederebbe in Germania, se restaurando qualche monumento architettonico avessero ripristinato il nome di Hitler o la svastica". La sezione russa del Gruppo di Helsinki reclama la rimozione della scritta, "è vergognosa", ha commentato la direttrice Ljudmila Alekseieva. Gli fa eco Sergej Mitrokin, il leader del partito liberale Jabloko: "E' scandaloso, ed è l'indizio dello stalinismo dilagante che sta infettando la Russia". E che fa fischiettare i versi dell'inno sovietico. Tanto, la musica è sempre la stessa, quella composta da Alexander Alexandrov ed approvata personalmente da Stalin.
 




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