Finale 7-8 posto
slovenia - russia 78-83 IL TABELLINO
Finale 5-6 posto
spagna - argentina
81-86 IL TABELLINO
Finale 3-4 posto
serbia - lituania
88-99 IL TABELLINO
Finale 1-2 posto
turchia - stati uniti
64-81 IL TABELLINO
Turchia USA, gli highlights
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La Russia chiude al settimo posto
Recuperando nell'ultima frazione, 19-31 il parziale, la Russia si aggiudica la finalina per il settimo posto superando una Slovenia che, dopo aver chiuso sul 37-30 il primo tempo, nella ripresa non riesce a mantenere la concentrazione.
Trai vincitori i migliori sul parquet sono stati Timofey Mozgov (2/6 dal campo, 11/12 ai liberi, 3 reb, 1 stoppata) e Vitaly Fridzon (3/4 da 2pt, 3/4 da 3pt, 4 reb e 4 rec), che hanno così onorato l'ultima uscita di David Blatt sulla panchina russa.
Per gli sloveni non è bastata l'ottima gara di Boki Nachbar (4/5 da 2pt, 3/5 da 3pt).
Timofey Mozgov cerca di farsi spazio tra Zupan e Slokar
La Serbia non ne ha più, il bronzo è lituano
Nella finalina tra le deluse delle semifinali, la Lituania ha la meglio su una Serbia che, nonostante una buona partenza, viene messa sotto da un redivivo Linas Kleiza che ne infila 22 tra secondo e terzo quarto.
Marko Kesely (3/3 da 2pt, 2/3 da 3pt) prova a mettere il fiore all'occhiello del suo fantastico mondiale, sfruttando la verve di Aleksandar Rasic (8 pts, 3 reb, 10 ass) e spingendo la Serbia fino al 18-9 del sesto minuto.
La reazione lituana si affida alla mano mancina di Paulius Jankunas (7/9 da 2pt, 4 reb in 18 minuti) che, con 9 punti nel primo quarto porta i baltici in vantaggio 22-23 alla prima sirena.
Al rientro in campo dopo il primo mini intervallo si scatena Linas Kleiza (7/11 da 2pt, 5/7 da 3pt, 7 reb, 4 ass) che, dopo aver fatto registrare la peggior gara del suo mondiale contro gli Stati Uniti, si riscatta prontamente contro i giovani adepti di Dusan Ivkovic. L'ala che prenderà il posto di Turkoglu a Toronto, prima ne mette 12 nel secondo parziale, portando i suoi compagni sul 38-48 all'intervallo, poi continua il suo personale cammino fino al 50-72 del ventinovesimo.
La Serbia prova a rientrare a cavallo del terzo ed ultimo intervallo, ma 7 punti consecutivi di Mantas Kalnietis (5/11 dal campo, 5 reb, 5 ass) ricacciano indietro i balcanici fino al 58-80 al trentaduesimo. Vano poi il tentativo finale di Novica Velickovic (8/13 da 2pt, 4 reb, 3 ass), che serve solo ad addolcire l'amara pasticca del quarto posto.
Linas Kleiza, ha finito in modo ottimo il suo mondiale
La Lituania è di bronzo e coach Kemzura vola
Durant stende anche la Turchia, USA campioni del mondo
Per fortuna che prima del mondiale Kevin Durant aveva rifiutato l’investitura a leader del team USA, negando successivamente qualsiasi candidatura al titolo di MVP della manifestazione o addirittura al primo quintetto. Con una partita dal copione molto simile a quello dei quarti e della semifinale, contraddistinta cioè da un sostanziale dominio fisico della gara e soprattutto dallo strapotere offensivo del gioiello degli Oklahoma City Thunder, gli Stati Uniti si laureano campioni del mondo 2010 battendo in finale i padroni di casa della Turchia, mai veramente capaci di impensierire la nazionale di Mike Krzyzewski nonostante alcuni lampi di Hedo Türkoglu.
Ad inizio gara, come da abitudine, gli americani partono con le marce basse, ma anche quando l’attacco stagna non devono far altro che affidarsi a Durant (8 punti dopo meno di 3’) per togliere le castagne dal fuoco. L’energia del mai domo Ömer Onan, unita ai canestri di un Türkoglu apparentemente subito in palla, dà però speranza ai ragazzi di Boscia Tanjevic, che provano un’illusoria mini-fuga sul 17-14 prima che “Mister Modestia” ristabilisca la parità dando il via al parziale di 0-11 preludio all’inesorabile fuga americana che spegnerà gradualmente gli entusiasmi turchi.
Con l'ala dei Suns a rifiatare, le iniziative offensive dei padroni di casa sono affidate principalmente ad Ersan Ilyasova, ma il talento dei Bucks non ha la sua miglior giornata e per giunta l’attacco ospitante sembra troppo intimorito dalla prestanza fisico-atletica degli avversari per funzionare a dovere. Dopo alcuni minuti di stallo durante i quali Durant si premura di regalare ai suoi un vantaggio in doppia cifra, finalmente il profondissimo settore lunghi turco crea qualche grattacapo ai dirimpettai statunitensi grazie all’energico Semih Erden ed al mastodontico Oguz Savas, ma gli USA non hanno molte difficoltà a reggere il colpo e vanno al riposo con un rassicurante 32-42.
La ripresa è contraddistinta da un’altra partenza “soft” che sembra voler avvantaggiare i tifosi attardatisi al bar, ma appena la gara sale di colpi ci pensano i colpi di Durant, due triple segnate con la facilità di un layup in campo aperto, a rendere completamente inutile qualsiasi sforzo della difesa di casa, prima che i buoni movimenti con e senza palla di Lamar Odom fruttino il (fin lì) massimo vantaggio USA sul 32-50. Con un Durant così ispirato persino per un grande stratega come coach Tanjevic è inutile sperticarsi in difese a zona o elaborati schemi offensivi, così la Turchia, eccezion fatta per il volenteroso Ender Arslan, non sembra credere realmente in una rimonta e si limita ad azzardi tattici sfidando platealmente al tiro l’altro talento dei Thunder, Russell Westbrook, che risponde con la tripla spezza-gambe del 41-57 abortendo una timida rimonta arrestatasi al -13. Con Türkoglu a lungo in panchina a causa di un guaio fisico patito ad inizio gara, ci mette del suo – in negativo – anche un deludente Ilyasova, tanto che nell’ultimo quarto il “non inarrestabile” Erden sembra diventare il go-to-guy dei biancorossi ottomani. Sforzi che, anche in quest’occasione, vengono prontamente frustrati dall’attacco americano che, con Durant a godere di un meritato riposo, nel garbage time riesce persino ad esprimere un buon basket di squadra, dando ancora ad Odom il piacere di affossare gli avversari. E’ grazie al veterano dei Lakers che gli USA superano il ventello di distacco poi ridotto dai turchi in extremis, ma non è certo lui la ragione principale di questo meritato trionfo a stelle e strisce: quella ragione è nata quasi ventidue anni fa a Washington, e potrebbe monopolizzare la scena del basket mondiale per gli anni a venire.
Kevin Durant, campione a tutte le latitudini
I campioni americani sul podio