Il Villano e l’Asino (Vincenzo Monti)
Avea preso un Villano
Un Asino a guardiano
D’un suo giardino, a ciò che da corbacci
E dagli altri uccellacci
Lo custodisse, che da tutte parti
Diluviavano a stormo, ed insolenti
Davan guasto ai legumi e alle sementi.
Era l’Asin chiamato Aliborone,
E avea riputazione
D’Asin probo, onestissimo,
D’Asino incapacissimo
Di frodare al padrone
Il nocciolo neppur d’un bozzacchione.
Lontanissimo poi
Dal far soperchio a chicchesia. Sapea
Con forti ragli ancor, quando occorrea,
Metter paura ai nibbj e agli avvoltoj,
Non che ai fringuelli. In somma
Egli era fior di galantuomo; e quanto
All’esatta giustizia, un Radamanto.
Con tutto ciò il giardino
Rendea frutto meschino,
E n’era al fin dell’anno
Più che il profitto il danno.
Per dar la caccia ai ladri augei, l’onesta
Bestia per largo e lungo ogni mattina
Tutto scorre il giardin, l’aje calpesta,
Strugge i legumi, e ne fà tal rovina
Che là più non farebbe una tempesta.
Ciò vedendo il padron: bestia assassina,
Grida; e preso, con ira uno stangone
Rompe le coste a mastro Aliborone
La ti stà ben (dicea tutta la gente,
Al Misero animal!): perchè ti fai
Con sì povera mente
Rettor di cosa che condur non sai?
Non vò le parti prendere
Dell’Asino; egli è reo, secondo il mio
Avviso; e, gli stà ben, ripeto anch’io.
Ma bramerei d’intendere
Chi più merta il baston: l’Asino servo
Ch’un giardin piglia in cura e mal lo guida,
o l’Asino padron che gliel’affida?
V. Monti
http://www.larici.it/culturadellest/letteratura/krylov/08.htm