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IRAQ: IL DOPO ELEZIONI 31/01/2005
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Messaggio IRAQ: IL DOPO ELEZIONI 31/01/2005 
 
IRAQ: IL DOPO ELEZIONI  
 
 Affluenza alle urne tra il 60 e il 75%, i curdi puntano alla presidenza. La questione in primo piano nel summit di oggi dei ministri esteri Ue. Usa, Italia, Australia, Giappone e Corea del Sud esultano. Cina e Russia smorzano gli entusiasmi

 

BAGHDAD, 31 gen - Il giorno dopo il voto, l'Iraq comincia a cercare la quadratura di un difficile equilibrio politico. La vittoria degli sciiti di Al Sistani sembra scontata ma per avere i risultati ufficiali bisognerà  attendere almeno una settimana. L'affluenza alle urne dovrebbe aggirarsi tra il 60 e il 75%, secondo le stime della Commissione Elettorale irachena.

Gli iracheni, sostengono diversi analisti, potrebbero avere il loro primo presidente curdo. Secondo il quotidiano britannico Guardian il più probabile candidato alla presidenza sarebbe Jalal Talabani. In caso di designazione di un curdo alla presidenza, il ruolo di primo ministro andrebbe, secondo il giornale, a uno sciita. Il nuovo capo dell'esecutivo, in questo caso, potrebbe essere ancora Ayad Allawi, attuale premier ad interim.

Intanto le elezioni irachene e le prospettive dell'immediato futuro saranno oggi al centro del vertice Ue. Tra i punti più caldi sull'agenda dei ministri degli Esteri Ue che si riuniscono a Bruxelles c'è infatti l'obbiettivo di mettere da parte le divisioni del passato e trovare una strada comune per aiutare
l'Iraq in modo concreto nel dopo-elezioni.

Ieri sul voto iracheno si erano già  pronunciati in molti. Il presidente Usa Bush esultava: à‚« Un successo clamoroso, la voce della libertà  che si alza dal centro del Medio Orienteà‚». Berlusconi a sua volta parlava di à‚«un successo che appartiene anche a noi, di cui dobbiamo essere sommamente orgogliosià‚». Per il ministro degli esteri francese Michel Barnier le elezioni sono state la à‚«prima vittoriaà‚» per il popolo iracheno.

Australia, Giappone e Corea del Sud, alleati degli Usa che hanno inviato truppe in Iraq, hanno
salutato le elezioni irachene come un passo importante in direzione della democrazia. La Cina, che invece si è opposta all'invasione militare, ha sottolineato che il voto non rappresenta una garanzia per la fine delle violenze e delle tensioni nel Paese.

Negativa anche la posizione della Russia a riguardo: "Il voto c'è stato, la guerra continua": così titola Rossiskaya Gazeta, organo del governo russo, e sullo stesso tasto insiste il resto della stampa moscovita che parla di elezioni di legittimità  molto dubbia a causa della occupazione militare straniera e di conseguenze potenzialmente catastrofiche per l'unità  dell'Iraq.

Intanto le forze a guida Usa potrebbero lasciare l'Iraq nel giro di 18 mesi, ha detto il ministro dell'Interno ad interim iracheno Falah al-Naqib alla tv britannica Channel 4, ieri sera dopo le elezioni.
 




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Andrea
 
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L'affluenza è stata circa del 75% ! PIU CHE IN iTALIA.....Incredibile......nonostante il pericolo degli attentati. Questo significa che la grande maggioranza del popolo Iracheno è con il mondo,( esclusi paesi come Cina Russia ecc..). e con le decine di Paesi che hanno contribuito al raggiungimento di questo obiettivo, ed è finalmente contenta delle conquiste che gradatamente l'Irak ha conquistato e conquisterà . Bene! Siamo a metà  dell'opera.
 



 
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L'Editoriale/ Le cornacchie pacifiste hanno perso le elezioni irachene

Oltre il 60% degli iracheni (ma secondo altre fonti anche l'80%) ha sfidato le minacce di morte dei terroristi e si è recaio alle urne per dare un governo democratico all'Iraq che la coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti ha restituito alla libertà  sottraendolo al giogo del tiranno Saddam Hussein.
Con questo gli iracheni hanno manifestato la loro voglia di dire no alle minacce dei terroristi, hanno sbattuto la porta in faccia a Al Zarquawi e ad al Qaeda che, nei fatti, ieri ha conosciuto l'ennesima sconfitta.
Un successo le elezioni iarchene che attesta le ragioni del presidente Usa George W. Bush e dei suoi alleati occidentali, primi tra tutti Blair e Berlusconi.
Ma accanto a questi sicuri vincitori ci sono altrettanto certi sconfitti.
Dei terroristi abbiamo detto.
Ma ieri molti altri sono stati battuti dalle urne.
Ha perso l'Onu del pavido Annan che si è ostinatamente opposto alla liberazione dell'Iraq, ha perso il pacifismo globale di Giovanni Paolo II che, certo involontariamente, rischia di favorire l'islam più estremista, Hanno perso il tronfio presidente francese Chiraq e il suo sodale tedesco.
Molti, poi, gli sconfitti nostrani. Sono tutte le cornacchie del pacifismo filoislamico e filoterrorista, sono la sinistra alleata dei kamikaze, sono le due Simone, i Gino Strada, gli pseudocomici di RaiTre che vorrebbero sostenere che in Iraq si stava meglio con Saddam, è il gruppo di fuoco dell'impero editoriale di Carlo De Benedetti che adesso, a seggi chiusi tenta di salvare almeno la faccia correggendo il tito di Repubblica-L'Espresso.
Tutti questi sono stati sbugiardati dagli 8 milioni di iracheni che ieri hanno votato per scegliere finalmente il futuro del nuovo Iraq.



31 Gen 2005
 



 
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Non sono intervenuto prima su questo topic perchè, da attento osservatore delle questioni internazionali, quale credo di essere, preferisco attendere, leggere, osservare e verificare le notizie prima di cantare vittoria. Poichè conosco bene il mondo arabo, avendolo studiato ai tempi del mio dottorato di ricerca, e conoscendo bene le differenze tra sunniti e sciiti, sapevo che prima o poi alcuni nodi sarebbero venuti al pettine. Gli americani, in funzione anti Saddam, hanno appoggiato gli sciiti, come se tutti i sunniti fossero pro Saddam (ma purtroppo gli esportatori di democrazia non hanno mai voluto la democrazia vera per i popoli, basta vedere la storia degli aiuti alla democrazia che gli USA hanno sempre praticato). Ecco cosa fanno gli sciiti subito dopo aver vinto le elezioni. E questa è solo una delle prime cose. Ancora ne dovremo vedere delle belle e chissà  quando finirà  questa guerra e con quali conseguenze, se quelle finora avutesi non bastano già ! La democrazia purtroppo non si costruisce così (a questo proposito consiglio di leggere un articolo di Tahar Ben Jelloun sull'Espresso di questa settimana).

Un abbraccio

Rodofetto

I vertici religiosi della comunità  maggioritaria nel Paese
chiedono che il principio sia inserito nella Costituzione
Iraq, mossa degli sciiti
"Il Corano unica legge"
Il portavoce di Sistani: "Il grande Ayatollah è d'accordo"

 
NAJAF - Con una mossa a sorpresa, i vertici religiosi sciiti hanno chiesto oggi che il Corano e dunque la "sharja", la legge islamica su di esso fondata, divengano l'unica fonte normativa in Iraq. Le stesse autorità  sciite reclamano dunque che sia inserito un apposito ed espresso principio in tal senso nella futura Costituzione, che sarà  redatta dal Parlamento uscito dalle elezioni di domenica scorsa.

Una mossa a sorpresa non solo perchè è stata compiuta per conto e nel nome delle istituzioni ufficiali della comunità  di gran lunga maggioritaria nel Paese, ma anche e soprattutto in quanto vi si è associato la massima autorità  spirituale sciita irachena, il grande ayatollah Ali al-Sistani, considerato figura pragmatica e prudente, se non un vero e proprio moderato.

L'inattesa presa di posizione è stata affidata allo sceicco Ibrahim Ibrahimi, rappresentante del grande ayatollah Mohammad Ishaq al-Fayad, uno dei cinque componenti della 'Marja al-Taqlid' (in lingua araba 'Fonti dell'Emulazionè, ndr): il supremo consiglio dei dotti sciiti a capo del quale c'è lo stesso Sistani. Quest'ultimo, che in un primo momento era stato indicato da Ibrahimi come d'accordo sulla richiesta, ha poi fatto sapere attraverso un proprio portavoce di appoggiarla completamente.

Almeno in apparenza, si tratta di una svolta netta nell'atteggiamento: sia di Sistani, che fin dalla caduta del regime di Saddam Hussein ha scelto la via di un pur cauto dialogo con la coalizione multinazionale a guida Usa e con i governi sostenuti da Washington; sia della 'Marja', che fino alle recenti elezioni aveva fatto professione di equilibrio e misura, anche per contrapporsi all'intransigenza dei rivali sunniti.

da "la Repubblica" (6 febbraio 2005)
 




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Editoriale
    
Una vita appesa al caos
ROSSANA ROSSANDA

La guerra ha esportato in Iraq molti interessi di chi l'ha voluta, certo non la democrazia. La vista degli iracheni che andavano non senza rischio ai seggi ci ha emozionato ma le elezioni sono state tutto fuorchè democratiche, per l'esclusione di una parte della popolazione e per l'oscurità  in cui sono stati tenuti i candidati e i loro progetti. Saranno poco più che un referendum sulla forza relativa delle opzioni religiose. E come potrebbe essere diversamente, in un paese sotto occupazione e in un tessuto civile sballottato fra una dittatura nazionalista, le lotte etniche, la guerra all'Iran voluta e finanziata dall'occidente, poi le sanzioni crudeli e infine una pretestuosa invasione? Nella massa di popoli e di gente che vorrebbero respiro, pace e un poco di libertà , inconcepibile senza indipendenza, continuano anche a radicarsi una guerriglia di resistenza e a formarsi gruppi estremi, fondamentalisti o semplicemente sbandati in cerca di soldi. Perfino in Italia una guerra, che era stata aspettata e che molti fecero propria, lasciò quando era finita - e in Iraq finita non è - mesi e mesi di disordini, tenuti a malapena a freno da istituzioni e partiti che erano democratici davvero e non compromessi come quello di Allawi. In questo caos, temiamo, si iscrive il sequestro della nostra Giuliana Sgrena, della quale immaginiamo con angoscia le ore in mano di gente che non sappiamo, e forse neppur lei sa, chi sia, la vita appesa a un filo. Del suo rapimento, come di quello di Florence Aubenas, vien da temere che non sia neanche opera di un gruppo terrorista di stampo politico in qualche misura esperto nella custodia degli ostaggi, ma di sbandati che non sembrano neppur sapere che si tratta di due pacifiste, di due giornaliste che si sono battute contro la guerra e appartengono perdipiù a giornali che pesano poco o nulla sui relativi governi. Non è stato molto diverso neanche per le due Simone. E poi, la Francia non essendo in guerra, non si capisce quale contropartita politica potrebbero chiedere i sequestratori di Florence. E per Giuliana? In Italia far tacere la sua voce e il suo stesso sequestro sono per l'Iraq un grave danno, mentre non minacciano il governo che ci ha infilato in questa storia.

Allora? Allora qualcuno pensa che si tratti di una strategia contro le donne sia perchè più facili da catturare - ma è facile qualsiasi giornalista non embedded - sia perchè sono donne che hanno preso la parola contro la condizione femminile in quei paesi. Questo secondo aspetto implicherebbe però una notevole informazione e non andrebbe da sè in un universo dove prendersela con una donna non è glorioso - lo si fa in casa propria, non per conto terzi. No, il pericolo è che Giuliana si trovi in mano brutali in cerca di soldi; e, a parte che siamo poveri anche se è sicuro che ci faremmo in quattro per trovarli, che sia difficile perfino stabilire un contatto mille volte mediato per una trattativa. L'Iraq è nel caos, mal controllato dalle forze di occupazione e da un governo non certo percepito come baluardo di pace. La fragilità  di quel gesto delle folle che andavano ai seggi malgrado il rischio è assieme commovente e terribile.

In questi giorni noi pacifisti siamo stati bombardati dall'accusa: ma chi avrebbe liberato l'Iraq senza questa guerra? Per mio conto rispondo che nessuno ha liberato quel paese. L'ha passato da un dominio all'altro lacerandone nel transito il corpo già  finito. Si poteva fare diversamente? Sì, si poteva. Non servendosene quando faceva comodo, non sanzionandolo, ma alimentando politicamente una opposizione pulita sulla quale non hanno puntato nè sinistra nè destra, nè Usa nè Europa, soltanto qualche gruppo di volontari le hanno dedicato forza e pensieri. E non parliamo dei mezzi. Il Congresso degli Stati uniti ha detto che la guerra gli era costata fino a qualche settimana fa 152 miliardi di dollari, aggiungiamo i soldi che costa agli inglesi, ai polacchi e anche alla nostra modesta spedizione. Con un decimo di quella spesa si sarebbe alimentato un Iraq che dal saddamismo, già  mezzo in frantumi, si sarebbe liberato senza invasioni. La guerra è maledizione e morte e, sotto il profilo di un trapianto di democrazia, peggio che inutile.

da "il manifesto" (6 febbraio 2005)
 




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Dopo aver perso la guerra, nella quale ha tifato spesso apertamente per la resistenza filo-Saddam, il Centrosinistra rischia di perdere anche la
pace, o almeno la stagione di democrazia che le elezioni irachene hanno
aperto. Due giorni dopo il voto si sfarina la linea di prudente  apprezzamento tenuta nei primi commenti.
L'ultrasinistra (alla quale potrebbe aggregarsi il solito Correntone), agita la
bandiera delle elezioni-truffa e annuncia una mozione per il ritiro delle
truppe italiane che dovrebbe essere presentata al Senato in occasione del
voto sul rifinanziamento della missione a Nassiriya, previsto fra pochi giorni. Il resto della coalizione, ovviamente, non intende seguire Bertinotti su questa strada, ma non sa che fare: come votare, cambiare o no il giudizio sulla presenza italiana in Iraq? Prodi cerca di accontentare tutti con una contorta dichiarazione in cui invoca un'azione Onu, ma non fa che peggiorare le cose. La Cdl lo rimbecca con durezza: chiarisca cosa vuole la Gad, forse sostituire Kofi Annan al governo che è stato appena eletto?


Il Professore cerca di arginare la proposta di una mozione “zapaterista” e tira in ballo le Nazioni Unite Prodi costretto a inseguire Bertinotti L'Iraq spacca la Gad. La Sinistra vuole il ritiro immediato, Ds e Margherita in crisi

Via libera del ministro della Difesa Martino. «Ma saranno solo un deterrente»


ROMA. «La nostra posizione non ha nulla di diverso rispetto alla posizione
sulla pace e sulla guerra: siamo uniti e non divisi su alcuni obiettivi essenziali». Eccolo, Romano Prodi, il Luciano Moggi della politica,
l'uomo che riuscirebbe a sostenere con dinsinvoltura — come fa
il direttore generale della Juventus — che Alex Del Piero fila d'amore e
d'accordo con Capello e che magari è pure contento di andare in panchina.
Con gran disinvoltura, il professore bolognese riesce a dire due amabili bugie: che la posizione del Centrosinistra non è cambiata dopo le elezioni in Iraq e che c'è identità  di vedute nella sua coalizione sulla presenza delle truppe italiane. La realtà  è che il voto, coronato da un clamoroso successo, ha letteralmente spiazzato Prodi e i suoi, che in parte cercano di mostrarsi contenti per l'esito delle consultazioni, in parte invocano le Nazioni Unite, ma un po' tutti sono alle prese con la propria coscienza: che fare? Le posizioni, al momento, divergono su tutto. La Sinistra chiede il ritiro immediato delle truppe italiane, mentre la Gad non ha alcuna intenzione di associarsi alla mozione che quasi certamente sarà  presentata
in Parlamento e torna a ribadire la richiesta di una presenza italiana
“a tempo” sotto l'egida dell'Onu.
Ma anche qui con formidabili eccezioni di qualche autorevole esponente — da Bianco a Marini — che esplicitamente fa autocritica: ci siamo sbagliati, avevano ragione gli americani e il governo Berlusconi, le elezioni andavamo fatte. E qui si apre un altro fronte: riuscirà  il Centrosinistra
a mettersi d'accordo almeno su un voto unitario, contrario al rifinanziamento della missione in Iraq, quando in settimana sarà  chiamato ad esprimersi al Senato? Prodi, per il momento, se la cava con degli auspici: «Nella sostanza siamo uniti tutti anche nella Gad», dice, ma alla domanda su un eventuale fronte comune in Parlamento allarga le braccia: «Spero proprio di sì».
La posizione di Prodi, dunque, è quella di chiedere la convocazione
al più presto del Parlamento iracheno che uscirà  dalle elezioni: «Si
formi un nuovo governo, si faccia una costituzione che garantisca tutti,
anche i sunniti. Ma non basta, se vogliamo la pace ci vuole una soluzione
politica, con una convocazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu,
per un piano di rientro delle truppe, per un passaggio dei poteri,
per un nuovo assetto politico del paese. E solo se necessario, temporaneamente una forza multinazionale dell'Onu che garantisca la sicurezza».
Esattamente il contrario di quanto chiedono Bertinotti, Diliberto e
Cento, per i quali davvero non è cambiato nulla: loro vogliono il ritiro
delle truppe, subito. Eppure Prodi riesce a fare l'equlibrista anche
quando c'è da commentare il positivo esito del percorso tracciato
dalla coaliizione anglo-americana:
«Non abbiamo cambiato idea. Il Centrosinistra non voleva la guerra
perchè pensavamo non fosse lo strumento adatto per risolvere i
problemi del paese ma siamo sempre stati a favore di un ritorno alla
democrazia attraverso libere elezioni. Sapevamo — ha proseguito —
che le elezioni potevano essere l'unico mezzo per far evolvere una situazione bloccata. Quindi ho gioito davvero quando ho saputo che c'era
stato il massimo della partecipazione e una altissima affluenza alle
urne...».
Ma è un altro esponente della Margherita, Gentiloni, ad ammettere
che “non sappiamo ancora quale posizione assumeremo in Parlamento”.
Anche perchè da Sinistra il pressing si fa asfissiante: «Bene il voto,
ma ora via dall'Iraq», dice l'esponente del “correntone” Ds Fabio
Mussi. Interpellato alla Camera, Mussi si dichiara favorevole al ritiro
delle truppe, ma afferma che sul fronte parlamentare ancora non ci
sono contatti a sinistra per mettere nero su bianco una mozione o per
fissare una posizione comune.
E dai Verdi arriva un messaggio che sa di minaccia: votare «uniti e
coerenti» contro la mozione di rifinanziamento della missione “Antica
Babilonia”. Questa la richiesta di Paolo Cento, esplicitamente indirizzata
alla Gad. Cento fa capire che al momento non si pensa a una mozione
della sinistra radicale per il ritiro delle truppe italiane ma che la questione potrebbe essere affrontata dopo il voto sul rifinanziamento della missione italiana in Iraq in discussione al Senato questa settimana.
«Chiediamo — dice Cento — gusta a Nassiriya: quattro velivoli, o forse tre. Si tratta di un'operazione tecnicamente non semplicissima, anche perchè gli elicotteri dovranno essere predisposti per essere imbarcati su un grosso aereo da trasporto, presumibilmente un Antonov, che dovrebbe sbarcarli in Kuwait. Qui verranno riassemblati per poi raggiungere in volo la base italiana, a Tallil. Tecnicamente l'invio di questa componente elicotteristica in Iraq richiede complessivamente «una ventina di
giorni», spiegano gli esperti militari.
«Diciamo che entro la fine del mese gli elicotteri saranno completamente
operativi», afferma il generale Cecchi. Ma quali vantaggi darà  ai militaunità  e coerenza nel votare contro il decreto sulla missione». Il comunista Oliviero Dliberto, invece, taglia corto: «E' il momento di ridare l'Iraq agli iracheni», dice. «Noi — ripete Diliberto — Voteremo sicuramente
contro il rifinanziamento delle missione italiana». Con lui anche il socialista
Ugo Intini: «La nostra posizione è sempre la stessa: la presenza delle truppe italiane può esserci ma sotto l'egida della legalità  internazionale
e non al di fuori di una legittimazione in questo senso. Le nostre truppe non sono legittimate e quindi vanno ritirate». Ma nel Centrosinistra c'è anche chi, come Clemente Mastella, non si era mai schierato sulle posizione integraliste o ambigue di Bertinotti e Prodi. E oggi dice, con orgoglio, «di aver fatto una scelta per costruire la pace e la democrazia e a quella rimaniamo legati».


Per il discorso sullo stato dell'Unione. Tema centrale, le elezioni irachene del 30 gennaio Bush oggi al Congresso Usa I democratici chiedono un calendario sullo “sganciamento” da Baghdad

WASHINGTON. Vinta quella che alcuni commentatori definiscono la più grande scommessa d'azzardo della sua presidenza, la riuscita delle elezioni in Iraq nonostante il pessimismo e lo scetticismo dei più, George Bush si accinge a tenere oggi il discorso sullo stato dell'Unione. Suo
obiettivo, cercare di incassare i dividendi politici di questa vittoria.
E ne ha sicuramente bisogno, visto che il presidente, stando ai sondaggi, non ha goduto di nessuna «luna di miele» con il paese dopo la sua seconda elezione a novembre. Ma le elezioni irachene potranno, sottolineano gli esperti, forse dare al presidente quello slancio in avanti nei sondaggi che finora gli è stato negato dopo la rielezione. Ed è su questo tasto che Bush domani insisterà  se il suo Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Stephen J. Hadley, ai giornalisti ha spiegato che la riuscita del voto ha mostrato «al popolo americano che gli sforzi fatti
finora per aiutare gli iracheni sono valsi la pena, perchè è giustificata
la fiducia che abbiamo riposto in loro». Ma come ha fatto in questi
giorni, Bush starà  attento a riconoscere come rimane ancora molta
strada da fare e che la violenza non si fermerà  di colpo in Iraq. Anche
perchè ieri il New York Times osservava come il pubblico americano
abbia appreso con soddisfazione le notizie del successo delle elezioni
in Iraq, senza però che queste abbiano cambiato la posizione dell'opinione
pubblica, in favore o contraria che fosse, nei confronti della guerra. L'accento del discorso — che, scrive oggi il Post, è arrivato alla 13esima stesura e che il presidente ieri ha provato alla Casa Bianca — verrà  così messo «sul modo in cui si deve procedere in Iraq», ha spiegato una fonte dell'amministrazione, per aiutare il nuovo governo iracheno ad essere
sempre più in grado di affrontare le difficili sfide, condizioni necessaria
per cominciare a pensare ad un ritiro delle truppe Usa. Ed un calendario preciso sul ritiro è stato chiesto dai leader democratici al Congresso, Nancy Pelosi alla Camera e Harry Reid al Senato, secondo i quali il presidente dovrebbe usare il discorso di oggi per spiegare quanto gli
americani dovranno ancora rimanere in Iraq e quali sono i parametri sui quali misurare il successo della missione.
 




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Hai ragione questa volta. La sinistra è sempre stata incoerente su questo tema perchè ha solo rincorso i voti e non ha mai avuto una posizione chiara. Per questo non amo mr. Mortadella and company. Ciò non toglie che io sia stato semrpe contro questa guerra e continuo ad esserlo ancora oggi, nonostante le elezioni o forse proprio grazie a quelle (vedi l'articolo sugli sciiti). Le guerre non servono mai a niente, meno che mai a costruire la democrazia. Io la penso come la Rossanda.

Un abbraccio

Rodofetto
 




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E' un paradosso che per portare la pace bisogna fare la guerra...

... ma purtroppo è così.  
 




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[quote:e075dc2179="Mystero"]E' un paradosso che per portare la pace bisogna fare la guerra...

... ma purtroppo è così.  :roll:[/quote:e075dc2179]

non sono per niente in accordo con questo; l'opposizione a Saddam esisteva da 30 anni e non la si è mai aiutata (anzi, si è lasciato che Saddam la massacrasse) finchè Saddam ha fatto comodo (in questo sono tutti colpevoli, sia USA che Russia); pensa ai curdi e alle altre formazioni politiche, donne, sindacalisti etc. Conosco bene i paesi arabi e lì la democrazia non la si è mai voluta. Ora che erano in gioco altri interessi e il petrolio si è fatta la guerra.
La guerra non serve mai alla pace e vedrai che la guerra non è finita per nulla, purtroppo

Un abbraccio

Rodofetto
 




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Così va il mondo e non sono cinico a dirlo ma realista, il petrolio piace troppo e il potere dal petrolio di più...

Saddam è andato via meglio, secondo me, la guerra non è finita? mi dispiace solo che paghi la povera gente e i soldati che muoiono ogni giorno, per i fanatici non ho rimpianti.

poka
 




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[quote:5dce377803="Mystero"]Così va il mondo e non sono cinico a dirlo ma realista, il petrolio piace troppo e il potere dal petrolio di più...

Saddam è andato via meglio, secondo me, la guerra non è finita? mi dispiace solo che paghi la povera gente e i soldati che muoiono ogni giorno, per i fanatici non ho rimpianti.

poka[/quote:5dce377803]

così va il mondo perchè a questo non ci opponiamo

poka

Rodofetto
 




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In quel plurale credimi non contare me, ma questo non è il luogo e il tempo dove parlare di queste cose, magari in futuro lo faremo...

Non sono per la guerra e di certo mi fanno schifo i pacifisti ad horas, come i tuoi [color=red:e19ba2cb74]COMPAGNUCCI[/color:e19ba2cb74] ma hai già  detto che li condanni quindi non aggiungo altro.

ciao Rodo lo so che è dura pensare che c'è chi predica bene e razzola male ma questa è la verità .
 




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[quote:0dba96e0a3="Mystero"]In quel plurale credimi non contare me, ma questo non è il luogo e il tempo dove parlare di queste cose, magari in futuro lo faremo...

Non sono per la guerra e di certo mi fanno schifo i pacifisti ad horas, come i tuoi [color=red:0dba96e0a3]COMPAGNUCCI[/color:0dba96e0a3] ma hai già  detto che li condanni quindi non aggiungo altro.

ciao Rodo lo so che è dura pensare che c'è chi predica bene e razzola male ma questa è la verità .[/quote:0dba96e0a3]

non sto contando te, anche se fra i tuoi [color=black:0dba96e0a3][b:0dba96e0a3]CAMERATUCCI[/b:0dba96e0a3][/color:0dba96e0a3] ce ne sono tanti che manifestano pro USA; io non credo che tutti i miei compagnucci siano uguali per fortuna; ma comunque ne parleremo a tempo debito. I pii predicatori che sono grandi peccatori nei fatti e nella pratica sono dappertutto, purtroppo, ma credo che questo faccia parte della civiltà  occidentale ;-) è un lungo discorso, e a me la verità  non fa mai male

poka

Rodofetto
 




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eheeh per fortuna conosci la destra in parte ehehh

comunque quando dici che non sono tutti uguali allora devo credere che sono dei pecoroni perchè sono tutti compatti a votare i [color=red:9abb2d309c]COMPAGNUCCI[/color:9abb2d309c] sbagliati, vedi Belgrado heheh

dai dai finiamola qua così almeno non ci facciamo un'altra volta il sangue amaro, non per le nostre diverse opinioni, ma a pensare che c'è chi parla di vite umane e chi o con la bandiera arcobaleno o con quella di guerra non ci sta a capì niente.

Per me in Iraq in Mediorente le guerre non finiranno mai, perchè l'uomo non perdona il sangue e se anche il bambino è plagiato a non perdonare, allora il futuro sarà  di guerra. Io mi sento fortunato, perchè sento dentro di me la speranza della fede e della preghiera, non aggiungo altro...

poka
 




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il problema è che tu pensi solo alla sinistra istituzionale. Sento che sei diverso da tanti altri, ma sulle interpretazioni e sulle certezze purtroppo siamo diametralmente opposti (ma qui non parlo della differenza destra-sinistra, che è in questo caso irrilevante).
Va beh, sono contento per te che ti senti fortunato ;-)

poka

Rodofetto
 




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