La campagna di Russia per la Yukos diventa un intrigo internazionale
Manager in America. Deutsche Bank scatena i legali. Gazprom dice di poter evitare la bancarotta per salvare l'asta
Mosca. Forse ha ragione Mikhail Khodorkovsky che, dalla sua cella nel carcere di Matrosskaja Tishina, fa sapere di comprendere perchè il management di Yukos si sia rivolto alla Corte del Texas, ma di non aspettarsi nessun beneficio per gli azionisti. I dati parlano chiaro: oggi un'azione di quella che era la quarta società petrolifera del pianeta vale tre quarti di dollaro, contro i 16 dollari della quotazione antecedente l'arresto, nell'ottobre del 2003, del potente amministratore delegato. I suoi successori hanno tentato una mossa inattesa e disperata. Partendo dal principio che Yukos produce profitti in territorio americano, si sono rivolti a un tribunale di Houston per mettere la società al riparo del capitolo 11, la legge statunitense sui fallimenti, chiedendo la possibilità di riorganizzarne l'assetto. Qualora la Corte riconoscesse tale facoltà , dovrebbe essere sospesa l'imminente asta che vedrà liquidare la Yuganskneftegaz (Yugansk), la consociata più appetitosa di Yukos, che garantisce il 60 per cento degli utili complessivi. Il direttore finanziario, Bruce Misamore, ha detto in un'audizione d'emergenza a Houston di temere una richiesta di estradizione da parte di Mosca, come rappresaglia per le sue critiche contro il governo.
Ma nella capitale russa nessuno sembra darsi tanta pena di quanto sta accadendo in Texas. In pochi credono che i giudici di Houston trovino il coraggio di creare un precedente così pericoloso, ammettendo sotto l'ombrello del capitolo 11 una società straniera, seppur attiva negli Stati Uniti. Anche se ciò avvenisse, nei corridoi di Gazprom, il colossale monopolio del gas naturale che si prepara ad acquistare la Yugansk, si ricorda che tra Mosca e Washington non è mai stato steso un accordo che impegni le parti a riconoscere decisioni giudiziarie prese nell'altro paese. Per tutelarsi ulteriormente Gazprom ha fatto sapere ieri di voler evitare la bancarotta di Yukos, offrendo garanzie ai creditori. Intanto Deutsche Bank, consulente di Gazprom e finanziatrice dell'operazione Yugansk, ha scatenato i suoi avvocati contro la scelta di Yukos, considerandola lesiva dei propri interessi: è già stato predisposto il credito per l'asta, nella quale, accanto a Gazprom, si sono iscritte soltanto due compagnie, di provenienza misteriosa.
Il management di Yukos si dichiara esausto. In Russia nessuna Corte è disposta a mettersi contro il Cremlino, dichiarando fallita la società . Le autorità , che mantengono il blocco della liquidità come rivalsa sul debito Yukos nei confronti del fisco (quasi 28 miliardi di dollari), hanno respinto negli ultimi mesi 70 proposte di accomodamento. Ma c'è anche chi legge il ricorso alla Corte texana come un estremo tentativo di guadagnare tempo, per vedere l'esito di un'ennesima mediazione internazionale, magari più fortunata di quelle tentate, nei mesi scorsi, dall'ex primo ministro canadese Jean Chrètien e, meno clamorosamente, dalla Cina.
Ora rischia la VimpelCom di Fridman
Lo scenario è complicato dalle connessioni con la politica interna russa. I “duri†dell'Amministrazione presidenziale - il capo della segreteria di Valdimir Putin, Igor Secin, in testa - hanno fretta di chiudere la partita. Assegnare Yugansk a Gazprom significa riportare sotto il controllo dello Stato gran parte della produzione petrolifera e dei suoi proventi: sono somme (enormi) indispensabili per avviare quei processi di modernizzazione utili a creare un nuovo blocco di interessi - più solido della fragile alleanza tra ceto politico e oligarchi - e capace di esprimere, nel 2008, alla scadenza del secondo mandato di Putin, una sostanziale continuità all'interno del Cremlino.
Questa prospettiva così lineare non è condivisa dall'altra anima dell'entourage putiniano, quella liberista, guidata dal consigliere economico Andrej Illarionov, al quale il ritorno a un centralismo venato di autoritarismo va anche bene, purchè sia garantita la piena concorrenzialità economica. L'asta di Yukos appare poco trasparente: per questo Illarionov e i suoi si sono mobilitati per screditare l'impegno tedesco a favore di Gazprom - trovando terreno fertile grazie al sostegno che Berlino presta in Ucraina al candidato inviso a Mosca, Viktor Yushenko - e per mettere in piedi un nuova mediazione internazionale con gli Stati Uniti.
Forse per Yukos è troppo tardi. Ma gli “uomini della forza†del Cremlino stanno già aprendo un secondo fronte, quello delle telecomunicazioni. La vittima designata è la seconda compagnia russa di telefonia mobile, la VimpelCom dell'oligarca Mikhail Fridman, cui è stato imputato un buco fiscale per il 2001 di 157 milioni di dollari.
(fonte il Foglio.it)