"Arrivano, arrivano. Uccidono, uccidono». Si sveglia ancora oggi madido di sudore uno dei “nostri†bambini. «Scusa mamma se ho fatto venire a scuola la nonna (morta durante l'assalto per liberare gli ostaggi)», dice Gleb, 4 anni e mezzo, alla sua mamma quando la vede assorta e nervosa. La ferita, a Beslan, è ancora aperta.
Arriviamo in una giornata afosissima e l'aeroporto ci accoglie con i villaggi dell'Ingushezia (da dove sono partiti i responsabili dell'attacco alla scuola), che si sporgono quasi toccando la pista di atterraggio. La città ancora non si vede ma l'incontriamo appena dopo il cimitero nuovo, dove posiamo una corona di fiori a nome della nostra Associazione e di tutti i trentini che con noi hanno provato l'inverno scorso l'esperienza, difficile ma positiva, dell'accoglienza dei bambini coinvolti nella tragedia della scuola.
Il primo edificio che si trova entrando in città è la moschea. L'esigua minoranza musulmana (l'Ossezia del Nord è l'unica repubblica del Caucaso a maggioranza cristiana) ne aveva iniziato da poco la ristrutturazione dopo anni di chiusura forzata. Dal giorno della presa della scuola, spiega con un accento di soddisfazione chi ci sta accompagnando, i lavori vengono fermati, per sempre. E infatti gli strumenti di lavoro sono ancora appoggiati al muro.
La parola “convivenza†probabilmente non esiste nella bella, antica e inaccessibile lingua osseta. Appena svoltato l'angolo, dopo la moschea, c'è un ampio cortile ed ecco la scuola n. 1, dove nulla è stato toccato dalla fine delle operazioni militari e dove i muri non hanno più un centimetro quadrato libero dalle scritte. Una su tutte, ripetuta all'infinito, “Democratici maledetti!â€Â. Strana questa terra, bella e morfologicamente troppo somigliante alla nostra regione, dove le strade ancora sono intitolate al Komintern (l'Internazionale Comunista), dove in un ristorante popolare ci accoglie, sorridente, la fotografia del “Piccolo padre†georgiano (Stalin) e dove in una bella piazza della capitale Vladikavkaz (ancora sino alla Perestrojka intitolata al “fraterno compagno†di Stalin Orzhonikidze), si erge la statua dell'ultimo segretario del Komintern, il bulgaro Dimitrov...
Il Caucaso, terra di contraddizioni viscerali dove vivono, fianco a fianco oltre trecentosessanta etnie, non ha tempo per pensare a queste cose. Tutto è in movimento.
La tragedia del popolo osseto ha portato un fiume di denaro e di aiuti materiali. Il piano di sviluppo della cittadina, approvato a seguito della tragedia, porterà di qui al 2025 uno sviluppo incredibile, con un incremento di popolazione, si stima, del trenta per cento, due nuove scuole musicali, una nuova scuola per oltre ottocento alunni, un'altra per novecento, un centro sportivo, alcune piscine, alcune palestre, tre posti di pronto soccorso, un centro medico e molte altre nuove opportunità materiali.
Ma la fame di aiuto non cessa, anzi probabilmente giorno dopo giorno aumenta. Le cifre sono spaventose: seicentocinquanta bambini sofferenti psicologicamente, seicentocinquanta famiglie da aiutare a superare il dolore, ancora maledettamente acuto che esplode, quasi sempre nella quiete del sonno. “Arrivano: aiuto, uccidono, uccidonoâ€Â. Si sveglia tutto sudato gridando un nostro piccolo amico ancor oggi, a quasi un anno da quel maledetto giorno. “Non voglio andare a scuola, non ci vado più. Dì alla maestra che venga a casa nostraâ€Â, la cantilena quotidiana di un'altra bambina alla sua mamma.
La nuova scuola, bellissima e praticamente pronta, non risolverà nulla, dicono le insegnanti della scuola n. 1 che incontriamo nel nuovo edificio intente, insieme a moltissimi giovani studenti volontari, a pulire le nuove aule e a discutere di cosa si potrebbe proporre alle autorità per ricordare degnamente il primo anniversario della tragedia. “Siamo preoccupate, stiamo male. I sensi di colpa di tutti noi, cittadini di Beslan, sono un peso troppo forte da portare. La paura maggiore è per l'apertura del nuovo anno scolastico. Quest'anno noi qui inizieremo il 12 settembre e pur avendo deciso, con gli psicologi, di cominciare con alcune settimane di programma leggerissimo nel giardino della scuola per non far entrare i ragazzi subito nelle aule (soprattutto quelli delle prime classi elementari), sappiamo già che sarà terribile. Tutti si guarderanno l'un con l'altro e inizierà la conta... dei morti. E chi ha avuto un lutto invidierà il vicino di casa, il compagno di classe ancora viviâ€Â.
Questa è Beslan un anno dopo il tre settembre 2004. Qui hanno un enorme bisogno della nostra solidarietà intelligente. Qui ognuno che per strada, al ristorante, in autobus sente che sei italiano, subito esprime il riconoscimento più sincero e più profondo: “Siete stati i primi a venire in nostro aiuto. Siete molto affettuosi coi nostri bambini, ci avete aiutato e tuttora ci aiutate, sinceramenteâ€Â.
Ma la dimostrazione più importante ce l'hanno data le mamme: “Solamente quando siamo tornate a casa ci siamo rese completamente conto dell'importanza del nostro soggiorno trentino. Quando siamo tornate abbiamo capito l'aiuto che ci avete dato. Ogni giorno guardavamo le fotografie dei nostri bambini in Trentino. I loro visi i primi giorni dal nostro arrivo e le fotografie dei piccoli quando abbiamo lasciato Trento. Abbiamo potuto toccare con mano la differenza profonda della loro salute complessivaâ€Â.
L'ultimo pranzo è nella sala del Governo della Repubblica osseta dell'aeroporto di Vladikavkaz. Non mancano le tre torte salate del rituale dell'ospitalità osseta accompagnate dagli innumerevoli brindisi di un cognac daghestano, inneggianti e supplicanti San Giorgio protettore dei viaggiatori, mentre il Tupolev 154 sta aspettando solo noi per poter partire alla volta della capitale della Santa Madre Russia.
La nostra associazione, con la partecipazione dell'equipe di psicologi dell'Università di Padova e dell'Associazione “Psicologi per i Popoli†di Trento, grazie alla partnership con la Protezione civile nazionale ha incontrato il Governo dell'Ossezia del Nord - Alania, l'Università di Psicologia di Vladikavkaz e i responsabili a livello repubblicano dei progetti di sostegno psicologico. Ora la strada per concretizzare un positivo aiuto ai bambini di Beslan è aperta e concreta. Ma la complessità della situazione, la vastità dei problemi e la domanda di aiuto che di lì proviene ci fa dire che servirebbe un grande progetto, coordinato dalle nostre istituzioni, che in una prospettiva almeno quinquennale ponga le basi per un intervento specializzato di sostegno psicologico e sociale in quella cittadina a tutti sconosciuta prima della nefasta data del 1 settembre del 2004.
*Ennio Bordato presidente Associazione
“Aiutateci a salvare i Bambini Onlusâ€Â
da: Il Trentino 18 agosto 2005[b:5139920934][/b:5139920934]