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Gringox d'Ucraina (sola lettura).
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Messaggio Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
Apro questo nuovo topic, a distanza di più di sei anni, dal lancio dello storico topic "Gringox d'Ucraina", per inserire e mantenere raccolti in forma di "sola lettura" tutti i racconti, le storie, i reportages che ho scritto in tutti questi anni, in modo da favorire una migliore lettura o rilettura; mantenendo ovviamente aperto anche l'altro topic, nel quale possono e devono essere inseriti i commenti e le osservazioni di tutti.

Buona lettura.


Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
Domenica 20 Marzo 2005 si decolla...

L'amico Giuseppe (Mr. G.), insieme alla fedelissima Gringax mi accompagnano a Malpensa e mi sostengono moralmente e fisicamente (dato il pesante ed ingombrante bagaglio che mi e' addirittura costato circa 300 euro di sovrappeso! - come ben descritto dal Giusy nel post "Passaggio importante"). Gli ultimi sguardi prima del controllo passaporti e poi via; in perfetto orario decollo alla volta di Budapest e poi Kiev.
All'arrivo a Borispol' (aeroporto di Kiev) mi aspetta il mio nuovo collega Oleg con sua moglie e l'Ucraina mi accoglie col suo residuo d'inverno: gelo, vento forte e neve... appena qualche ora prima Milano mi salutava con i suoi 15 gradi di prima mattina...e siamo al 20 Marzo!!!

Fortunatamente niente problemi di sdoganamento, niente storiacce coi bagagli...tutto andato liscio dal punto di vista burocratico.

Dopo un'oretta circa eccomi nel mio nuovo temporaneo appartamento. Una casetta tutta nuova, in stile italiano, che si trova proprio nel territorio degli uffici e comodissima quindi per il mio inserimento "immediato" nello spirito della mia nuova attivita' qui in Ucraina!

La prima sera la trascorro col mio amico “webboss", Stefano e col mio nuovo boss italiano, Marco a casa di quest'ultimo con un perfetto "benvenuto" in stile locale a suon di "Perzovka"...il risultato finale ve l'ha poi raccontato il webboss...macchina sequestrata per guida sotto l'effetto dell'alcohol, hehehehe.

Ehh gia' amici, qui non si scherza propio. Ti beccano praticamente sempre.
Addirittura mi e' capitato mercoledi' di andare fuori coi ragazzi qui al ristorante e poi in un klub fico di Kiev e di darci dentro ben benino con l' “amichetta spensierata” vodka e poi, all'uscita, l'amico che doveva stare al volante, consapevole del pericolo, ha chiesto ad un taxista di portarci a casa guidando la macchina del mio amico, gli ha dato le chiavi e il taxista ci ha portato tutti a casa. Poi il taxista ha chiamato il "suo" taxi e si e' fatto venire a prendere...roba da russi!!

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
28 marzo 2005.

La prima settimana vola nel piu' totale delirio tra la Fiera e qualche puntatina estemporanea per la citta' per questioni burocratiche legate al lavoro (non ancora le mie, che sistemero' questa settimana) e grandi cene e bevute con conseguente stanchezza e stress fisico e mentale non indifferente.

C'e' troppa gnocca! Ne ero conscio gia' da prima, avendo gia' una certa esperienza di queste zone! E, devo pure ammettere che, sara' forse per la tensione legata al lavoro o perche' sto invecchiando, che comunque non mi fa piu' l'effetto di una volta... Anche se tutte quelle cosce perfette, quelle minigonne esagerate o quei pantaloni stretti che evidenziano le forme piu' armoniche che la natura abbia mai generato e quelle magliettine aderenti ricoperte da folte chiome dorate o nere che rivestono visi deliziosi...lasciano il loro segno!
Da tempo non andavo in discoteca e mercoledi' sono uscito con il mal di testa e il torcicollo!!! Di cessi c'erano solo quelli con i simbolini all'entrata "uomini" e "donne"!!!

Va beh, a parte tutto mi sono subito imbattuto nelle difficolta' lavorative che in una fiera, per uno nuovo come me nel settore, emergono in tutta la loro veemenza e oncretezza. Anche dal punto di vista linguistico, ebbene si', anche il Gringox ha trovato delle resistenze. E poi non dimentichiamoci che siamo in Ucraina e, sebbene la stragrande maggioranza parli russo, quelli che vengono dall'Ovest parlano solo ucraino...e li' e' un casino. Ma pian pianino superero' anche qiuesto ostacolo. Sto pensando di iscrivermi ad un bel corsettino di lingua ucraina...
Simpatica la situazione che si e' verificata talvolta nel mio stand quando qualche mio collega relazionandosi con qualche cliente dell'ovest parlava in russo, quell'altro che gli rispondeva in ucraino... roba da matti!

Per il resto, che dirvi. Ho conosciuto parecchi italiani, sono stato diverse volte col caro webboss, ho conosciuto il presidente dell'Associazione Italia-Ucraina e mi sto gia' intrufolando lentamente nei meandri dell’organizzazione. Il Gringox non puo' certo farsi scivolare un'occasione del genere...

Beh, il mio programma vede una mia prima puntata all'interno del paese settimana prossima. Lunedi' prossimo partiro' alla volta di Lutsk, L'vov, Ivano-Frankovsk, Ternopol', Vinnitsa... alla scoperta della povera e ucrainofona "zapadnaja ukrajna" (Ucraina occidentale).

A presto.

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
03 aprile 2005.

Carissimi

finalmente ho un po' di tempo per aggiornarvi sulla situazione ucraina, perche' a parte gli sbattimenti lavorativi e ambientazionali...bisogna far fronte ai frequenti sbattimenti alcolici...
Ogni giorno qui e' buono per festeggiare qualcosa o qualcuno e conseguentemente ingurgitare la "solita" dose di alcol. Venerdi' era "den smeha" (il pesce d'aprile nostrano) e giu' a festeggiare!

Beh, la seconda settimana nel complesso e' stata molto piu' rilassante della prima e pian piano sto comprendendo il ritmo di lavoro locale e gli strani movimenti delle persone...

L'altro ieri era il compleanno di Ljuba, la donna delle pulizie, una signora sulla cinquantina, esile e sempre sorridente con un luccicante dentino d'oro, eredita' di una moda ancora sovietica, che ogni sera verso le sei arriva e seriamente ed efficacemente si dedica al suo lavoro. L'usanza qui prevede che in questi casi tutto il collettivo raccoglie una somma simbolica per fare un presentino al festeggiato e poi ci si riunisce tutti a condividere un momento insieme mangiando la torta e bevendo vodka o champanskoe! E' una cosa molto carina che evidenzia l'armonia dell'ambiente di lavoro, che qui e' visto sotto un'ottica molto piu' famigliare e umana.

Domani parto per la prima missione interna verso Ovest: Lutsk, L'vov, Ivano-Frankovsk, Ternopol'...da lunedi' a venerdi, insieme al collega. Ne vedro' delle belle.

Per ora e' tutto.

Vostro,

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
22 aprile 2005.

Dunque Ucraina.

Ovest ed Est, spaccati di un Paese diverso e vario!

...La strada che da Rovno ci porta verso Lutsk e' di un asfalto rosso porpora grattuggiato con crepe e fessure di varie dimensioni e profondita' che rendono la nostra corsa sballottante e nervosa. Non puoi perdere la concentrazione, potresti correre il rischio di finire fuori strada. Pochissime macchine si incontrano sul percorso...
Incontriamo paesini con casette di muratura a un piano e il tetto aguzzo. Non una macchina, solo carretti trainati da cavalli stanchi ai bordi delle strade e contadini visibilmente svogliati e ricurvi.
Ecco, un balzo nel medioevo d'Europa.
Qui siamo in terra cattolica di rito greco e all'entrata di ogni villaggio una statua con la madonna o una nuova chiesetta cattolica ce lo ricorda.
Lutsk, L'vov, Ivano-FRankovsk, citta' mezze polacche, mezze asburgiche, mezze slave. Tanta storia e tanti avvicendamenti politici hanno scosso la tranquilla vita di queste citta'. L'vov con le sue chiese e i suoi palazzi d'epoca e' una gran bella citta'. Molto poco "sovietica" e molto "mittleuropea".

Dall'altra parte c'e' il residuo della grandiosita' sovietica, Dnepopetrovsk, Donetsk, Harkov (antica capitale ucraina)... qui e' l'asfalto verde su strade decisamente migliori che ci conduce a loro.
Citta' enormi, industriali e brulicanti di novita' e di edifici moderni. E' la zona del "perdente" Yanukovich, e' l'Ucraina ricca, che porta la ricchezza al paese con le sue miniere, le sue fabbriche vecchie ma ancora fumanti, la sua mafia che allarga i suoi tentacoli verso la capitale...

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
dal post del 05 settembre 2005.

Ebbene si'.

Quello che da banale (anche se non troppo) viaggio di ritorno in macchina - con la nuova “gringmobile” - si' e' trasformato in missione eroica anche se il finale non e' stato molto lieto.

...scattate le ultime fotine ricordo della vecchia “gringmobile” che in molti ricorderanno (la mitica Punto bianca), prima della sua ultima e definitiva tumulazione e via, chiavi in mano, sul nuovo bolide chiamato 156...Alfa 156, la nuova potente “gringmobile” che accompagnera' il Gringox attraverso le strade ucraine...
Era martedi' 30 Agosto. Proprio in tempo per la partenza programmata, per il rientro in Ucraina, dopo il riposo milanese. Ebbene macchina nuova, documenti nuovi. Un piccolo dettaglio, banale per la nostra Italia e per l'europa unita, ma che si rivelera' catastrofico per il finale della vicenda: la presenza del foglio di circolazione provvisorio, in attesa del libretto originale.
Parto dunque, con la coscienza a posto e con la grande voglia di mettermi in marcia col nuovo mezzo.
E cosi' giovedi mattina si parte. Verso le 11.00 di mattina. Il bolide reagisce bene, compatto, massiccio...in circa un'ora e mezza raggiungo Venezia. nel frattempo riflettevo sulla strada da prendere: fare l'Austria (come la volta scorsa quando io e il biondo portammo la Fiat Uno del “webboss” su a Kiev) o provare la Slovenia? Beh, curioso di novita', decido al bivio per Tarvisio di proseguire dritto fino a Trieste. La Slovenia e' piu' breve e l'autostrada mi porta fino a Maribor in poco tempo.
Detto fatto, in breve mi trovo nella campagna slovena. Lasciate dietro le Alpi e i rilievi verdi sloveni, mi districo tra le stradine slovene confinanti con l'Ungheria. Entro in Ungheria a Lendava. Confine vuoto, dalla parte ungherese addirittura dismesso. Nessuna guardia di frontiera, nessun controllo. Il profumo dell'Europa e' gia' entrato in questi novelli Paesi tanto desiderosi di inserirsi nel calderone europeo...
Nel frattempo si fa pomeriggio inoltrato e il lago Balaton non finisce piu'. Altro che autostrada, la serpentina mi fa attraversare la puszta ungherese e sembra veramente interminabile. Finalmente ad un certo punto, a circa 130 km da Budapest, inizia l'autostrada. È gia' buio.
L'autostrada mi catapulta in Budapest, proprio in citta'. Ci metto un po' prima di trovare la nuova autostrada che mi porta verso nord-est, verso Nygherihaza...Ma non mi fermo. L'obiettivo e' quello di giungere il piu' vicino possibile al confine di Chop (Ungheria-Ucraina), prma di fermarmi per il pernottamento.

Fine prima puntata.

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
post del 07 settembre 2005.

....L'autostrada e' buia, poche macchine la calpestano e velocita' elevata ed io dietro a loro, con una forte stanchezza sulle spalle, ma con la voglia e l'orgoglio di proseguire. Ho sete, non bevo; mi scappa la pipi', me la tengo...devo raggiungere la fine dell'autostrada per concedermi la pausina.
Al bivio per Miscolc e Polgar, ricordandomi della mappa, giro a Polgar, in direzione Nygherihaza. Finisce di colpo l'autostrada e non vedo piu' nulla. E' ancora piu' buio e la strada pare inesistente e si svincola in mezzo alla campagna ungherese tenebrosa e disabitata.
Mi fermo un attimo e faccio quello che dovevo fare da tempo. E riprendo la marcia.
Dopo piu' di due ore, compreso diversi retromarcia per errori di strada in paesini spenti e senza indicazioni, giungo finalmente a Neghirehaza. In breve, attraverso le strade vuote della mezzanotte, raggiungo il McDonald, l'unica cosa che mi ricordavo di questa citta', tutto sommato grandina, dall'ultimo viaggio fatto col “biondo”. Mi fermo un secondo e ragiono.
Da questo punto, mancano circa 70 km al confine ucraino. Forse e' meglio cercare un posto per la notte. E cosi' inizia la ricerca frenetica di un alberghetto in citta'. Tutto a vuoto. Uno e' pieno (anche se non c'è manco una macchina nel parcheggio!!), uno e' chiuso, uno, nonostante avessi seguito l'indicazione, non lo riesco a trovare.
Beh, distrutto dai circa 1300 km fatti, decido di proseguire sulla statale che mi porta verso il confine. In breve trovo un alberghetto decente a bordo strada. Quattro amici che sghignazzano al tavolo, mentre bevono qualcosa; il titolare seduto con una donna alla macchinetta del poker e null'altro. C'e' posto. Mi fermo finalmente. La testa mi duole un po', bevo due birre freschissime e mi corico in breve.

Fine seconda puntata.

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
post del 09 settembre 2005.

Bevuto il caffe', un caffettaccio orribile, verso le 9,30 mi rimetto in movimento. La stanchezza di ieri sembra alle spalle, pur non avendo dormito molte ore. Forse il desiderio forte di proiettarmi in territorio ucraino mi sostiene e mi stimola.
Gli ultimi 60 km circa di strada statale scorrono veloci. Solo qualche mezzo pesante ogni tanto rallenta un po' la corsa. Targhe russe, polacche, ucraine, tedesche, qualche italiano, si alternano su questa direttrice importantissima che collega il profondo est con l'Europa. Ma qui anche l'europea Ungheria mostra il suo volto povero e trascurato. Anche qui i carretti trainati da cavalli si incontrano facilmente (come in Ucraina) e i villaggi non sono poi cosi' diversi da quelli che si incontrano attraversando la campagna ucraina dell'Ovest.
Grande sorpresa all'arrivo a Zahony: tutti i miei calcoli, in base all'esperienza vissuta mesi prima delle ore di attesa al confine, mi portavano a ritenere che, dopo le 6-7 ore in dogana, sarei entrato finalmente in Ucraina verso le 16,00 - 17,00 e da li' poi gli ultimi 900 km circa li avrei coperti in 7-8 ore, giungendo a Kiev finalmente in nottata. Ma lo stupore e' grande nel vedere che davanti a me, pochissime macchine mi precedono, mentre in senso opposto un mare di furgoni bianchi e auto ordinatissime attendono il loro turno. Grandioso, penso. Vai che forse riesco ad arrivare a Kiev in serata o addirittura nel tardo pomeriggio!
Pensieri positivi che subiranno una doccia fredda e pungente!
Un po' emozionato, con la macchina nuova, affronto il mio turno alla frontiera ungherese. Patente, libretto, accostamento dell'auto, apertura bagagliaio e cofano, controllo del telaio. un doganiere gentilissimo, tedesco - pensate un po' - facente parte del gruppo europeo internazionale di doganieri in missione “insegnamento” presso le varie dogane della “nuova” Europa. Il foglietto provvisorio in sostituzione del libretto, non ancora pronto, non mi crea alcun problema.
In un attimo sotto i piedi sento i cigolii del vecchi ponte metallico d'epoca sovietica costruito sul fiume Tissa, che divide in questo punto Ungheria e Ucraina. Il versante ucraino e' a un passo. Ecco di nuovo il mio turno. Rapidissimo. Consegno patente, foglietto provvisorio e fotocopia del libretto. Mi vedo otto occhi puntati addosso, quattro nei confronti della “gringmobile”, due che accompagnano una smorfia sadica, nei confronti dei documenti consegnati e l'ultimo paio che soprassiede la situazione. Inizia in breve un battibecco salato tra me e loro.
Non mi vogliono far passare! Il foglietto non e' accettato da questo Paese che mira all'Europa, ma che avra' ancora decenni lungo il processo verso l'integrazione. Inizialmente pacata, la conversazione si trasforma presto in un caso da circo. Provo con la corruzione: 20 Euro (che durante il passaggio con la “webbossmobile” di qualche mese fa avevano funzionato). Mi vedo ridere in faccia. Estraggo allora la banconota profumata da 50 Euro. Peggio che andar di notte. Mi sento bofonchiare che se continuo cosi' mi applicano l'articolo statale ucraino sulla “deportazione” e rischio di non metter piu' piede definitivamente in territorio ucraino. Allora cambio strategia. Ritorno pacato, cerco il dialogo e l'intermediazione. Chiedo di poter parlare coi superiori. Accettano. Ma, sconvolto e incredulo, sento che la cosa si sta mettendo male. Mi fanno accostare la macchina a lato e mi chiedono di seguirli. Da questo momento sono “trattenuto” per circa tre ore, nelle quali si alternano confronti serrati coi militari, attese fuori dall'ufficio, telefonate varie e attimi di speranza si rincorrono…ma sono vani. Nulla sembra fermare la loro deontologia, improvvisamente divenuta sana e incorruttibile, per chissa' quale recondita ragione. Ne' le mie parole, le mie suppliche, le mie spiegazioni ragionate, le mie proposte di “accordarci” in qualche modo, modificano la loro impostazione. E' un foglio finale, controfirmato da me sotto costrizione, timbrato e vidimato dal capo, il glaciale verdetto contenente l'indicazione della mia infrazione dell'articolo del codice per l'immigrazione in Ucraina, che provoca il rifiuto del mio ingresso in macchina in Ucraina. Un verdetto ormai senza ricorsi. Ci provo io, ingenuamente, col foglietto tra le mani a supplicare in un ultimo atto di coraggio. Nulla da fare. Mi accompagnano alla macchina e mi fanno segno di far dietro front, indicandoni nuovamente il ponte ferroso sul Tissa. Ho perso. Sto rientrando in Ungheria. Qui affronto un po' di coda e poi un nuovo controllo alla dogana ungherese. Faccio capire che ci ero appena passato e che mi avevano rimandato indietro gli ucraini…
Deluso e sconfitto, gia' nuovamente in territorio ungherese, mi fermo un attimo e prendo in mano la cartina stradale. Subito decido. Prodeguo. Ostinato. Provo a valicare il confine da un'altra parte. La mia mente si butta subito verso la Romania, magari l'aggiramento ucraino attraverso la Moldavia. Ma la strada e' lunga ed e' gia' mezzogiorno.

Fine terza puntata

Gringox
 




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post del 20 settembre 2005.

Mentre proseguo a ritroso, lentamente, penso e ripenso a quello che mi e' successo e a quello che sto per fare. E non sono convinto del tutto. La Romania e' lunga circa 300 km. di territorio, prima di giungere al confine di Suceava (quello che ti porta a Chernovcy, in terra ucraina, per intenderci). Arriverei sicuramente di sera, forse di notte, immagino che strade ci saranno sul versante romeno. E poi sono stanco, gia' stanco, nonostante il sole caldo sia ancora alto sopra di me. E strane idee iniziano ad assalirmi la mente: forse che sia meglio non ostinarsi con altri confini e lasciare la macchina a Chop e prendere il treno? Ma poi, dove cavolo la lascio la macchina? E se me la rubano? E poi quanto costera'? Sara' sicuro? Mah! Oppure forse e' meglio tornare a Budapest e lasciarla la' in qualche parcheggio e prendere l'aereo? O forse spararsi il ritorno fino a Milano ora e parcheggiare la “gringmobile” in garage e rientrare a Kiev in aereo. Tutti pensieri che entrano ed escono velocemente e mi confondono le idee.
No. Vado avanti, almeno mi do' un orario e sposto la decisione finale di qualche ora piu' avanti. Tanto - penso - fino a sabato sera ho tempo di girare e decidermi. L'imperativo e' l'arrivo in ufficio a Kiev lunedi' mattina (5 settembre), assolutamente ed improprogabilmente!! Impegni importanti d'ufficio mi aspettano.
E poi, se non altro, ho un'altra possibilita' ungherese di valicare il confine. La seconda frontiera, quella piu' meridionale non e' lonatnissima da qui ed e' meno battuta e conosciuta di quella di Chop e, chissa' mai, che non conoscano bene le regole del libretto della macchina o che almeno siano piu' “docili” e portati al “dialogo”. Questa volta preparo subito la banconota da 50 eurini!
E cosi' proseguo. Sempre con la cartina sotto mano, dato che la campagna ungherese di confine e' un dedalo di stradine strette che attraversano paesucoli vivaci in queste ore del giorno, ma del tutto privi di una qualche indicazione stradale.
Nel centro di Mateshalka un cartello seminascosto mi indica che la strada per il confine e' quella che prosegue sulla sinistra. La imbocco ad andatura moderata. Nessun segno di “Ucraina”, nessun mezzo con targhe ucraine o russe, inizio un po' a preoccuparmi. Forse che sia chiuso quel cavolo di confine? Mah, penso, tanto ormai mancano una manciata di chilometri, eventualmente faro' dietro-front e poi pensero' sul da farsi. Il ponte sul fiume Tissa in questo angolo di Ungheria non segna come a Chop il confine naturale con l'Ucraina. Lo attraverso e sono ancora in Ungheria, ancora per poco… Improvvisamente vedo il cartello indicante la dogana e in un attimo mi ritrovo incolonnato dietro ad una serie di macchine, poche a dir la verita'. Sono arrivato al confine di Tisabech-Vilok. La bandiera ungherese e, poco piu' in la', quella ucraina sventolano baldanzose ed io tiro un sospiro di sollievo. La frontiera e' aperta, ora speriamo in bene.
E' il mio turno, per la secona volta nell'arco di qualche ora tento di valicare il confine. Consegno prima il passaporto e poi la carta d'immigrazione compilata, il “clac” del timbro sulla pagina del passaporto e sul modulino mi infondono qualche speranza… un'illusione, che dura pero' qualche attimo di secondo! “Teh-passport pozhalujsta” (il libretto della macchina per favore) - mi chiede subito il doganiere gentilmente, gli consegno il fatidico “foglietto” sostitutivo; e' la fine penso. Non passero' neanche stavolta. Lo prende, lo gira, lo rigira, mi guarda e si mette a ridere. Cos'e' questa roba qui? Accosta la macchina e aspetta - mi dice. Che cosa non so, forse che arrivi qualche altro superiore, forse ho qualche speranza, forse posso contrattare, mah, aspettiamo. Oppure chissa', magari hanno comunicato l'informazione dal confine di Chop e visto che mi trovano recidivo, questa volta incorrero' in casini maggiori…
Un'altra ora circa di trattative che si concludono per la seconda volta con un secco rifiuto. Firmo la dichiarazione di espulsione, accetto il fatto che mancano i documenti necessari per poter entrare nel territorio ucraino con la propria macchina; e mi ritrovo sconsolato di nuovo al volante, ancora una volta in Ungheria, ancora una volta in quelle stradine di campagna, senmpre piu' stanco e demoralizzato… e intanto il pomeriggio volge alla sera.
Che fare? Dopo un paio di telefonate in Italia e a Kiev per qualche scambio di consigli, decido che sono ancora in tempo a provare testardamente, ma da un altro Stato. Cartina alla mano vedo che la Romania sarebbe comoda perche' a un passo da qui, ma il primo valico segnato con l'Ucraina e' verso Suceava ed e' parecchio distante, circa 300 km e poi mi immagino quelle strade… ci arriverei stanotte. Un rischio che mi pregiudicherebbe un'eventuale successiva dcisione di rientrare disperatamente a casa in Italia. Non ce la farei poi in un giorno solo!
Allora decido di puntare verso nord, verso la Slovacchia, piu' lonatana da qui, ma piu' compatta e con due o tre valichi di confine con l'Ucraina, tutti vicini ed abbordabili. E poi mi sento piu' tranquillo, la Slovacchia e' terra slava, non so perche', ma la sensazione e' di maggiore sicurezza, rispetto alla Romania.
E cosi' di nuovo mi ritrovo a Neghirehaza, mi mangio un veloce panino dall'amico McDonald e proseguo. Si sta facendo sera. Un sorriso sulle labbra mi viene alla vista del cartello “Tokaj” che segna il passaggio nella cittadina famosa per la produzione del vino ungherese “tokaj”. Veramente un posto carino, e anche turistico sembrerebbe. Oltre ai dolci rilievi contornati di viti, che scendono lievi verso l'ansa del fiume Tissa, nel paese pullulano le scritte “therme”, a confermare la notorieta' della zona come centro termale. Purtroppo non ho ne' tempo ne' voglia per fermarmi ad una delle tante bancarelle lungo la strada che vendono bottiglie di bianco tokaj di produzione propria.

E' gia' scuro quando attraverso il confine ungherese-slovacco. Velocemente, senza intoppi. Questi due Paesi amici ormai hanno anche deciso di optare ad un risparmio di strutture e di personale. E cosi' ecco che di barriera doganale ce n'e' una sola comune. I due doganieri quello ungherese e quello slovacco sono insieme. Non imagino come facciano a capirsi… sta di fatto che mi guardano velocemente il passaporto, senza nemmeno prenderlo in mano e poi con un breve cenno mi fanno proseguire. E' gia' buio. Sono in Slovacchia. Mi dirigo verso Koshice.

Fine quarta puntata.

Gringox
 




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post del 22 settembre 2005.

Poche macchine mi fanno compagnia nella lenta mia corsa verso Kosice. Logicamente l'orario, ma piu' probabilmente la mancanza di paesi e citta', fanno si' che in questa parte di Slovacchia non ci sia assolutamente quasi nessuno per le strade. Purtroppo non riesco neppure a rendermi conto di cio' che ho intorno, solo sagome di casette sparse per la campagna, di alberi e cespugli, e un continuo saliscendi della strada che alterna curve a gomito, tornanti, a tratti diritti e lisci. Intravedo tanto verde, tanta campagna, anzi collina dolce. Nulla da dire sulla qualita' della strada. L'asfalto e' in ottima condizione, meglio sicuramente rispetto alle strade ungherese, neanche paragonabile a quelle ucraine.
Durante questi lunghi momenti solitari, governati da un'alta concentrazione, non ascolto neanche la radio, neanche un disco; beh, a dir la verita', e' gia' qualche ora che ho spento tutto. Sembra quasi un rifiuto dei suoni esterni e una ricerca della concentrazione. Un'immersione nei propri pensieri. Guardo fuori, guardo il volante, guardo dritto avanti a me. Nonostante sia sceso il buio, e senta fortemente la stanchezza, non ho sonno. Sicuramente in me, mi conosco, sta giocando il fatto dell'emozione di trovarsi in un nuovo Paese, che ancora non era stato visitato da me. E quindi la voglia di scoprire, di vedere, anche se si vede poco niente fuori, la voglia di arrivare a Kosice, che so, per sentito dire, che si tratta di una citta' importante slovacca e grande; infine la speranza di poter stavolta valicare il benedetto confine ucraino e potersi poi rilassare ad Uzhgorod, prima di riprendere il cammino domani mattina. E intanto rifletto ad alta voce su come questa volta devo approcciarmi ai doganieri, cosa fargli vedere, cosa inventare. Sicuramente il fatto che sia sera e che comunque arrivi al confine di Uzhgorod tardi gioca a mio favore. In queste ore chissa' che ci siano dei turni di militari piu' “docili” e sensibili e che possano venirmi incontro. Le ho provate tutte in Ungheria, tanto da rassegnarmi ormai che questa volta i soldi non aiutano, ma era giorno, c'era movimento e, anche per loro, uscire allo scoperto ed accettare denaro poteva costituire fonte di rischio nei confronti di qualche superiore che poteva piombare a controllare la situazione da un momento all'altro; ora no. E' sera inoltrata. I superiori dormono o si stanno ubriacando da qualche parte, e zacchete, io riusciro' nel mio intento. Pensieri folli che si inseguono. Una cosa e' ormai chara. Questo di Uzhgorod sara' l'ultimo tentativo, dopo il quale, se dovesse andare buca, beh, non rimane altro che prendere l'amara decisione del ritorno a casa, a Milano. Non ho alcuna intenzione di lasciare la nuova “gring-mobile” da qualche parte in Slovacchia, in attesa di venire a riprenderla chissa' tra quanto tempo!
Oltrepassato Presov, una lunga discesa semidiritta mi apre una visuale su una pianura puntellata di lucine arancioni contornate da un alone molto intenso, le classiche luci dei lampioni della citta', evidentemente mi sto avvicinando a Kosice. E sono quasi le 22,30. Questo fatto mi consola, significa che, in base alla cartina, sono a circa 140 km dal confine di Uzhgorod e se tutto va bene tra un'oretta e mezza dovrei esserci.
Nonostante l'orario tardo e il fatto che fosse la mia prima visita in questa citta', grazie a delle indicazioni chiarissime e ad un sistema stradale moderno di cavalcavia, viadotti e speci di tangenziali, in poco tempo mi lascio alle spalle Kosice e proseguendo in salita mi dirigo verso Mihalovce, l'ultima grossa cittadina prima del confine. La strada sale parecchio, evidentemente siamo in montagna ed inizio a sentire un po' di freschino. Anche lungo questa statale trovo poco traffico, qualche camion con targhe straniere, ucraini, polacchi, ungheresi…
Attraverso diversi paesini spenti, bui. Tutto tace, tutto fermo. Improvvisamente penso: “cavolo, ma pensa te dove sono finito, hehehe, sono in Slovacchia, ma chi poteva mai immaginarlo” e adesso entrero' dal confine di Uzhgorod; mah, speiamo in bene. Va bon, andiamo avanti, e rido tra me e me, definendomi un pazzo!! Ripenso brevemente alla giornata di oggi, sono in piedi dalle 8,30 e in movimento dalle 9,30 e ne ho fatta di strada, con tutte le batoste che ho preso e lo stress che ho accumulato; sono in piedi con un boccone dell'amico MacDonald ingurgitato senza neanche troppa fame nel pomeriggio e basta; potevo a quest'ora essere gia' di la', sui Carpazi, verso Strij o magari gia' a Leopoli, e invece…
La strada perennemente a curve mi rallenta la corsa, la mancanza di indicazione del confine e della citta' di Uzhgorod ogni tanto mi tiene in allerta, ma l'impressione di giungere nei pressi del confine in poco tempo e' reale e palpabile. Probabilmente il buon umore e l'interpretazione positiva di pensieri non troppo confortanti hanno trionfato in me sulla stanchezza e lo sconforto per la giornata trascorsa e non ancora finita.
E' passata da qualche minuto la mezzanotte, forse mezzanotte e dieci, e dodici, non ricordo esattamente, che mi trovo improvvisamente a rallentare dietro una macchina ferma, a luci spente, che fatico a vedere e per poco nongli vado addosso; a fianco a me un camion enorme. La strada in teoria dovrebbe essere a doppio senso, ma buona parte della corsia opposta e' occupata da macchine in fila, fila nella quale mi rendo conto di esserci finito anch'io. A fianco alla nostra fila c'e' quella dei camion, enormi bisonti addormentati. Rimango con la macchina accesa per qualche minuto, perche' non mi sono ancora completamente accorto della situazione e per mantenermi un po' al calduccio e per far un secondo lavorare un po' la testa per pensare sul da farsi. Poi mi decido, spengo il motore, indosso la giacchetta ed esco in perlustrazione. Nel frattempo dietro di me si erano gia' accalcate altre tre macchine! In breve realizzo la situazione, il confine e' poco oltre, beh; non proprio poco! Cammino per circa 10 min e lo stesso non riesco ad arrivare nei pressi della barriera del confine. Una cosa sconvolgente, una fila interminabile di macchine e camion in attesa di valicare il confine. Qualcuno lo sa e soavemente ha attrezzato la cabina dell'auto a camera da letto, sedili giu', cuscino e copertina, in attesa che arrivi il proprio turno; qualcun altro lo sa anche lui ed e' fuori a fumare e ciacolare con altre persone, tanto siamo tutti sulla stessa barca, con la bottiglia di birra in mano e il sorriso fatalista di chi accetta sempre le cose come capitano perche' cosi' e' scritto da qualche parte chissa' dove!! Altri ancora ascoltano la radio in macchina… insomma tutti lo sanno che ogni giorno e' cosi', si ripete lo stesso rituale, macchine diverse, gente diversa, ma condizione identica. E nessuno si lamenta. Nella mia camminata verso la barriera noto tutti questi atteggiamenti e noto che le macchine sono quasi tutte con targa ucraina e ce ne sono di tutti i colori, dalle vecchie “zaparozhec” e “Zhiguli” a nuovi Jeepponi Tojota e Lexus. La stessa situazione, anzi probabilmente peggiore l'avevo trovata quando, mesi fa, ero rientrato in Italia con le “marshrutke” di Molino Dorino. La' eravamo a Chop e abbiamo fatto 7 ore di fila prima di passare il confine, ma l'orario era piu' comprensibile e poi non avevo fretta e poi faceva parte delle emozioni ancora da provare e da vivere. Qui, al contrario, la cosa mi pareva incomprensibile. E' mezzanotte e mezza - penso - ma che cavolo ci fanno tutte queste macchine. E la cosa buffa e' che durante la mia camminata avanti e poi indietro verso la macchina, il tutto circa 20 min., non ci si e' mossi di un millimetro!!!
Rientrato in macchina, mani e testa sul volante rifletto. Se la situazione e' cosi' drammatica, rischio che il mio turno sara' domani mattina, e poi se oltre al danno della perdita di tempo, mi becco anche la beffa (che poi non e' lecito definirla cosi') del rifiuto, beh, che cavolo faccio?? Domani e' domenica e lunedi' devo essere in ufficio a Kiev! No, non va bene! Pero', non va neanche bene che mi sono sparato tutti questi chilometri, dal confine con la Romania, fino alla Slovacchia, per niente, per non fare neanche l'ultimo tentativo di valico, come programmato. Non mi arrendo. Aspetto ancora qualche minuto, nell'attesa che magari si smuova la situazione e nel frattempo, carta alla mano, do' un'occhiata alle possibili varianti. “Ormai sono in ballo, balliamo”! Devo almeno provare un confine slovacco e poi, solo dopo l'ultimo eventuale ennesimo rifiuto, prendere la via del ritorno! Vedo che effettivamente c'e' una stradina segnata in giallo, microscopica, che costeggia il confine, verso nord, verso la Polonia. La carta segna: 22 km e poi, sempre sulla carta, ci dovrebbe essere il valico di Vel'ke Kapushani, una dogana secondaria, speriamo in bene. Devo solo tornare indietro di qualche chilometro e imboccare la strada giusta, perche' con questo buio c'e' il rischio che mi possa perdere. Non era segnato quasi fino all'ultimo questo confine, ben piu' importante, figuriamoci quello!! La decisione e' presa.
Faccio dietro front con un po' di fatica, perche' siamo tutti accalcati uno dietro l'altro e lo spazio di manovra e' limitato; lascio la colonna e rientro nella piu' totale oscurita, verso l'ignoto…

Fine quinta puntata.

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
post del 21 ottobre 2005.

…risalendo verso ovest noto un bivio, del quale non ne avevo colto l'esistenza prima; ed in effetti, ora che ripenso, anche la stessa cartina indica che il confine di Uzhgorod e' suddiviso in due parti, un po' come quello/i di Gorizia che tagliavano la citta' in due con la parte ex-jugoslava. Gia', la colonna di macchine nella quale mi ero imbattuto portava evidentemente al confine principale, quello che poi, al di la', ti avrebbe condotto direttamente sulla statale nella direzione dei Carpazi e poi di Kiev; quell'altro (sempre di Uzhgorod) era probabilmente quello cittadino, al di la' del quale, cioe', la strada ti conduce direttamente alla citta' di Uzhgorod. Beh, sta di fatto che, con una certa curiosita', decido di fare questa deviazioncina e seguire il cartello con l'indicazione “Ucraina – Uzhgorod”. Tanto - penso - ormai, non e' che un quarto d'ora in piu' o in meno mi cambi la vita. La discesa e' brevissima, oltrepasso tre casette all'apparenza abbandonate e mi trovo fermo ad un incrocio abbastanza bene illuminato, a differenza della strada di prima nella quale ero incolonnato. Questa luce intensa mi permette di realizzare la situazione che poi, nonostante la mia testa non fosse ormai piu' tanto in grado di connettere, non era poi cosi' tanto logica e comprensibile. La barriera e' molto piu' vicina, rispetto a prima, e la vedo ad occhio nudo, poco oltre l'incrocio. Macchine ovunque, tutti fermi, gente sulla strada: davanti a me, a sinistra, dietro se ne erano gia' aggiunte un paio, ma soprattutto alla mia destra, da dove una serpentina di auto e camion conduce i miei occhi fino ad un punto, ad una curva, la' in fondo dove c'era gia' il buio e dove mi pareva di esserci arrivato nella mia passeggiata a piedi di poco prima.
Insomma in breve la mia mente poco lucida e stanca mi porta ad una conclusione, che purtroppo non avro' comunque modo di confermare: si tratta di un'unica dogana, ma raggiungibile da due diversi punti. Insomma, la discesa forse e' presa d'assalto dai piu' furbi o dagli “abitue'” di questo confine, che viene intesa come una scorciatoia; ma, d'altra parte, i piu' furbi si accorgono presto di diventare i piu' fessi, quando giungono a quell'incrocio, nel quale mi trovo io ora, e si rendono conto che non possono andare oltre perche' la precedenza ce l'hanno quelli della serpentina. Chissa' - penso - magari questa gente ci riprova ogni volta con la scorciatoia, pensando e sperando che sia la volta buona di metterla in quel posto agli altri, mentre invece ogni santa volta si ripete lo stesso copione e sono proprio questi qui a prendersela in quel posto!
Comunque sia, vero o non vero che si tratti dello stesso confine, questo mio breve sopralluogo qui termina, faccio di nuovo dietrofront e ritorno, su per la salita, ad imboccare la strada statale.
La stradina gialla della cartina, quei 22 km che da Tibava conducono a Velikij Bereznij (gia' territorio ucraino) sono davanti ai miei occhi, sono l'ultima speranza di poter attraversare questo benedetto confine e sono anche l'ultima concreta possibilita' che mi rimane da tentare. So che ora devo concentrarmi piu' che posso, perche' il bivio per questo confine sicuramente non sara' indicato o, dato che si dirama dal centro del paesino di Tibava, nel quale ci saranno anche diverse altre stradine laterali che portano ad altri angoli della cittadina, tale bivio sara' indicato con qualche cartello seminascosto o comunque invisibile per il buio che mi circonda. Sarebbe d'uopo chiedere a qualcuno eventualmente, ma, a quest'ora la vedo grigia!
Le ultime sagome delle casette di Tibava sono alle mie spalle. Dopo tre tentativi e svolte in stradine sbagliate, finalmente imbocco quella giusta! E qui la stanchezza, l'oscurita', la strettezza della strada tutta a curve e il paesaggio circostante mi catapultano in una realta' da favola fantastica; alberi da inferno dantesco, sul ciglio della strada, dai grossi tronchi e dai rami che ti passano sopra, che sembrano braccia che cercano di avvinghiare nelle proprie maglie la macchina quasi a volerti impedire di proseguire per il puro gusto di dimostrare che a quest'ora della notte sono loro i padroni del tempo e dello spazio. Rumori e scricchiolii strani, complice il vento che spira leggero, interrompono la mia concentrazione facendomi di tanto in tanto sussultare sul seggiolino e di conseguenza frenare d'istinto nonostante vada a passo d'uomo e, come se non bastasse, qualche animaletto strano con code lunghe che mi attraversa la strada accecato dai miei potenti fari abbaglianti che tengo accesi durante tutto il percorso lungo questa magica stradina. Non una macchina incontro, non un essere umano, solo un misero paesino - beh, chiamarlo paesino e' un complimento - un piccolo agglomerato di quattro case di pietra, che nella mia immaginazione di quei momenti vengono da me identificate come le dimore di qualche strega o personaggio strano che popola le notti di questi boschi. In quei momenti provo la paura, dimentico tutto cio' che ho vissuto in questa giornata interminabile, perdo l'identita' spazio-temporale, ma non riesco neppure a cogliere cosa potrebbe succedermi; sicuramente qualcosa di irreale, di fantastico, perche' la situazione che sto vivendo ha semplicemente dell'innaturale; chissa', magari, nella migliore delle ipotesi, incontro uno gnomo della foresta che mi ferma e mi saluta. Incredibile l'essere umano in balia della sua immaginazione quando le circostanze sono tali da accenderla e da fomentarla al massimo. Allora, in quei momenti, l'essere umano ritorna bambino improvvisamente e arriva ad immaginare cose che solo poco prima non avrebbe neanche mai pensato; scaturisce una fantasia recondita, che nella quotidianita' rimane repressa e atrofizzata dalla realta' di ovvieta' che ci circonda, anche se l'ovvieta' della realta' e' spesso atroce e peggiore di qualsiasi fantasia! Un ritorno all'infanzia, alle paure e alle immaginazioni di quando capita, da bambini, si rimane per esempio per la prima volta a casa da soli per qualche ora, senza genitori. E cosi' questo bosco incredibilmente tenebroso mi opprime e mi spaventa, ma allo stesso momento mi stimola a vincere la paura e ad andare avanti. Sono momenti spaventosamente lunghi e tesi…
All'improvviso un bivio e una fioca luce di un lampione in mezzo alla stradina. Mi fermo qualche secondo in mezzo alla strada e prendo in mano la cartina. Ci sono. A sinistra la strada porta a Snina, a destra al confine. Svolto a destra, seguo il cartello con la scritta “Ucraina”. Il bosco e' alle spalle e con lui, come quando ci si sveglia da un sogno, o da un incubo, tutta la fantasia che era fuoriuscita dal mio animo e dalla mia mente scompare e ritorno ad essere il Gringox, seduto al volante della sua macchina che sta per raggiungere l'ultimo confine, sperando di varcarlo da vincitore!
Sono le 01,30 di notte, ripenso alle mie precedenti tappe della giornata di oggi, anzi, ormai di ieri!
Poco oltre ecco la sbarra e la barriera di confine. Velikij Bereznij. Sull'asta una bandiera slovacca buia sventola e poco piu' sotto, a neanche 50 m, la barriera ucraina con la relativa bandiera. Due macchine mi precedono in uscita, una sola sta subendo i controlli qui, in entrata in Slovacchia. Penso ottinmisticamente: “questa volta la vedo bene, dai che passo, dai; dai, dai!!! Questa volta sono io a metterla in quel posto a tutti quei fessi che 30 km piu' a sud fanno la fila in quel dannato confine di Uzhgorod, hehehe!”. L'orario in teoria gioca a mio favore, sicuramente ci sara' qualche povero doganiere che non avra' certo voglia di complicare il mio attraversamento con qualche cavillo burocratico e si accontentera' piuttosto di gonfiare leggermente il suo portafoglietto.
E' il mio turno. Con volto meravigliato i doganieri slovacchi mi scrutano e poi si guardano e sorridono. Mostro i documenti, dopo aver udito un “buonasera” in un italiano con marcato accento slavo. Consegno ancora una volta il solito “foglietto”. Il solito copione, gia' visto due volte oggi; il doganiere, che prende il foglietto in mano, lo apre, lo legge bene o fa finta, ma gli riesce bene, lo gira e rigira, alza gli occhi e mi guarda, poi li riabbassa e riguarda il foglietto, poi lo da' in mano al suo collega, poi si guardano in faccia, sorridono, ma forse vorrebbero sghignazzare. Insomma, il risultato lo colgo subito, da come si sviluppa la scena. Il doganiere capo, una personcina di mezz'eta', molto affabile, gentile e disponibile, mi chiede di parcheggiare un secondo l'auto poco oltre. Mi dice subito a chiare lettere che con questo foglietto non ho alcuna speranza di varcare il confine ucraino: “hehehe, la' vogliono entrare in Europa, ma passeranno ancora 50 anni, forse, o forse di piu'! hahaha”, mi dice in un russo, con forte cadenza cecoslovacca, che riconosco per la sua marcata cantilenosita', tipica di questa lingua slava, misto di polacco, ucraino e russo. In questo modo mi rammenta tra le righe che mi trovo in Slovacchia, un nuovo membro dell'Unione Europea, o quasi, ma comunque che per molte cose ormai si uniforma allo standard europeo e, nel mio caso, permette tranquillamente di circolare col foglietto provvisorio. E la sua battuta ironica fa trapelare implicitamente l'orgoglio di essere slovacco e non ucraino, nazionalita' forse da lui considerata come sfigata e povera. E pensare che, fino a poco tempo fa, non c'erano poi grosse differenze socio-economiche tra queste genti e questi Paesi!
Sta di fatto che dialogo parecchio con lui, cerco di spiegargli la situazione, fargli capire quanto sono stanco e gli racconto le mie peripezie. So che sto perdendo tempo; non devo raccontare a lui la storiella, ma devo convincere la parte ucraina a farmi entrare, non quella slovacca a farmi uscire! E poi, nonostante l'affabilita' e la poca considerazione per la nazione ucraina, questo militare pare molto convinto di voler rispettare le regole vigenti in quel Paese, forse piu' per evitare di far correre dei possibili rischi successivi a me, nel mio tragitto in Ucraina con un documento non valido. No sa lui, o forse immagina dai miei racconti, ma insiste sul contrario - da buon militare ottuso -, che la mia esperienza ucraina mi ha gia' piu' volte messo in contatto stretto con la milizia stradale e con situazioni di irregolarita' e che ne sono sempre uscito senza alcuna conseguenza seria, se non con un portafoglio appena appena piu' leggero. Figuriamoci, in un Paese dove molte macchine girano senza targa, l'assicurazione non si capisce se sia obbligatoria o meno, la patente la si puo' comprare a buon mercato, e comunque se circoli senza patente, e vieni beccato, te la cavi al massimo con 5/10 Euro di multa sottobanco al “militsioner” di turno che ti controlla!!
Non so perche', ma continuo a percepire la sensazione che questa volta e' quella buona. Di la', a 50 m. oltre c'e' un ragazzotto in mimetica. Dovro' parlare con lui e convincerlo. Ho gia' i 50 euro in tasca per l'evenienza. E 50, nell'altra tasca, nel caso la prima somma non bastasse! La simpatia nata tra me e questo slovacco, purtroppo, rovina i miei piani di approccio solitario alla dogana ucraina. Questo insiste nel voler venire con me per parlare con il doganiere ucraino, mentre io vorrei andarmene da solo. Sento che se vado con lui, poi questi due si mettono a parlare e alla fine della fiera, quell'altro mi rispedisce indietro. Sento che quest'uomo, pensando di farmi del bene, fara' capire al suo collega di la', che non gli conviene rischiare di farmi passare e di non prendere alcuna tangente, altrimenti sarebbe peggio per lui, in caso mi succedesse qualcosa in territorio ucraino. E cosi' e' che, in un attimo, ci ritroviamo in tre: io, l'amico slovacco e il ragazzino in divisa ucraino, intorno il silenzio, il buio, il gracchiare delle cicale e il vento che soffia leggero. L'ucraino prende in mano il “foglietto”, lo gira e poi senza neanche aprir becco fa un cenno negativo col capo, lo riconsegna al collega slovacco e fa per andarsene. A quel punto intervengo, con un cenno faccio capire allo slovacco che sto per tirare fuori i soldi e lui mi risponde delicatamente, ma in quel momento mi provoca un nervoso inimmaginabile, di lasciar perdere. Allora apro bocca e cerco di spiegare la situazione all'ucraino; cerco di fargli capire che gia' dopodomani (cioe' ormai domani) devo essere a Kiev in ufficio e che non puo' negarmi la possibilita' di passare. Provo a giocare sul piano psicologico, cerco di smuovergli la coscienza e di vincerlo nel cuore; cerco di farlo ragionare ed agire come uomo e non come militare… Per l'ennesima volta dalla mia bocca esce il racconto della mia avventura (ovviamente trascuro i dettagli dei tentativi andati a vuoto, di varcare il confine nelle dogane precedenti), dei chilometri percorsi da Milano. Nulla da fare. Non cede; non passo!
Sconsolato, deluso profondamente ed irritato per quella pressante e fastidiosa presenza al mio fianco che la mia mente stanca addita come colpevole per il fallimento di questo ultimo tentativo, me ne torno verso la macchina, sempre accompagnato dal doganiere slovacco. Inutili i miei ultimi tentativi esasperati di fargli cambiare idea e di tornare dall'ucraino per farla cambiare anche a lui. Inutile il suo ultimo tentativo di convincermi a lasciare la macchina a Snina (pochi chilometri indietro) per poi prendere il giorno dopo un taxi fino al confine, varcarlo a piedi e da li' prendere un altro taxi fino ad Uzhgorod, e da Uzhgorod in treno o in aereo proseguire per Kiev. E la macchina la sarei venuta a riprendere non appena fosse stato pronto il libretto originale. Tale proposta, seppur conferma di benevolenza e affabilita', mi innervosisce maggiormente e non mi porta ad alcuna risposta nei suoi confronti.
Quando apro il passaporto e vedo il timbro della frontiera slovacca barrato con una croce fatta a biro blu e la scritta chiara “zruschene” (che immagino che in slovacco voglia dire “annullato”), mi trovo gia' oltre la sbarra, seduto in macchina, con qualche lacrima agli occhi.
Guardo l'orologio: 2,15. Mi assalgono i brividi al solo pensiero di dove mi trovo, di dove dovrei essere dopodomani, di dove ero stamattina e di dove ero ieri! Annientato dalla stanchezza non mi rimane altro che stringere i denti ed avviarmi sulla strada del ritorno a Milano.
La stradina gialla che ripercorro a ritroso non mi da' piu' alcuna sensazione. Non ci sono piu' ne' streghe, ne' gnomi e non c'e' piu' alcuno spazio mentale per lo sfogo della fantasia. Solo lo sguardo fisso alla strada con occhi sbarrati e mente assente. In breve giungo a Tibava ed imbocco nuovamente la statale che mi riportera' a Kosice e poi in Ungheria.
Pochi chilometri dopo Tibava una luce fioca sulla destra distoglie il mio automatismo e la mia concentrazione, sento un rumore di portiera di macchina che si chiude, mi volto e vedo che un localino, un piccolo bar, e' ancora aperto e tre macchine sono ferme nell'area antistante. “Beh, a questo punto chi se ne frega” - penso - “vado a veder che aria tira la' dentro e casomai mi bevo un birrozzo”. Quando apro la porticina sento un tepore piacevole, vedo tanti tavolini di legno massiccio tipo osteria, un gruppetto di persone dalle faccette paciarotte seduto poco piu' in la' schiamazza e solleva boccali di birra schiumante; improvvisamente ritorno a percepire sensazioni umane e penso che in effetti mi trovo in Slovacchia, una delle patrie della buona birra e devo assolutamente dissetarmi provandone una. In qualche modo mi rivolgo alla bella camerierina biondina e ordino un bel boccale di birra chiara e fresca, non so quale, ma ne voglio un boccale e di quella chiara. Lei, gentilissima, mi fa sedere e mi dice che in un attimo me l'avrebbe portata. Mi dice anche la somma che devo pagare in corone slovacche, cosa che mi entra da un orecchio e mi esce subito dall'altro; capita a volte, soprattutto quando ci si presenta con persone nuove, al momento di scambio dei nomi, che subito dopo aver sentito il nome della persona alla quale hai stretto la mano, non te lo ricordi piu', rischiando poi di fare delle figuracce. Lo stesso in questo caso, complice la devastante stanchezza, nonostante la cosa mi poteva incuriosire, non capisco neanche quanto debba pagare. Poco male, tanto non ne ho di corone slovacche e penso “sicuramente accettera' gli Euro; in questi Paesi sono tutti voraci di Euro”. Chiedo a lei di tradurmi in Euro quella somma e, al colmo dello stupore, quando mi scrive sul foglietto la cifra di 50 centesimi, cioe' 0,50 di Euro, non trattengo un sorriso di meraviglia… Non e' possibile - penso “non puo' costare 50 centesimi di Euro una birra! Si sara' sbagliata”; manco in Ucraina costa cosi' poco. Non ho mai trovato una birra cosi' economica in un bar forse solo in Cina, quando bevevo come una spugna una birra dietro l'altro per le vie di una Pechino con il 95% di umidita' e che costavano forse 10 centesimi circa… In tasca non trovo monete, vado in macchina, recupero una monetina da 50 centesimi e gliela porto, e vado a sedermi. Mentre continuo a ridere tra me e me e pensare a questa cosa curiosa mi arriva la birra. Inizio a trangugiarla come acqua, poi mi fermo. Me la devo gustare e devo riposarmi un po'. Bevo e sorrido e dico qualcosa con voce sommessa, parlo da solo, come i matti, categoria umana nella quale mi ci metto in questi frangenti, considerata la situazione generale che sto vivendo.
Con il buon sapore della birra rimasto in bocca, saluto la biondina dal sorriso tenero ed umile e riparto. Uno sguardo di nuovo alla cartina. La strada me la ricordo, almeno fino a Kosice, devo solo ripeterla in senso contrario. Parto. L'unica cosa che ho in testa ora e' quella di rientrare in territorio ungherese e poi cercare di riposare fino a domani mattina, cioe' fino a qualche ora dopo, dato che e' gia' mattina! Tanto ormai non rimane altro che rientrare a Milano e lasciare la macchina in garage, per poi ripartire al piu' presto in aereo per Kiev.
La stanchezza mi toglie ogni consapevolezza della distanza che mi separa da Milano e di quanta strada devo ancora macinare per rivedere la mia casa. Meglio cosi'. Una preoccupazione in meno alla quale far fronte.
Guido, e la nebbia mentale mi avvolge nella sua coltre pesante e mi annienta ogni pensiero. Non sento e non vedo nulla di cio' che attraverso nell'oscurita', compreso il praticamente ormai inesistente confine slovacco-ungherese, attraverso il quale passo senza praticamente neanche fermarmi, al solo cenno di un rallentamento da parte dei doganieri stanchi e svogliati a quest'ora della notte.
Non ce la faccio piu', sono in Ungheria. E sono quasi le 04,00 di mattina. Entro in un autogril, ho solo la forza di parcheggiare la macchina di fianco ad un camion; e' forse l'ultima manovra istintiva volta alla ricerca di un riparo e di una forma di protezione, da chi e da che cosa non si sa; e spengo il motore. Mi addormento, ma poco dopo i brividi mi assalgono e mi risveglio. Da questo momento accendo il motore ed il riscaldamento e cerco di riassopirmi. Non riesco a dormire ed un lento ed interminabile dormiveglia mi accompagna fino allo spuntare del sole.

Fine sesta puntata.

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
post del 01 novembre 2005.

In breve giungo a Miscolc, sono da poco passate le 7,00 di mattina. Ho riposato in macchina neanche 3 orette, inchiodato, ibernante, in un autogril poco dopo un paese ungherese di cui non ricordo manco il nome, comunque tra Hidasnemeti e Encs, un dormiveglia stressante interminabile; faccio il pieno e mi proietto sull'autostrada che avevo preso 2 giorni prima, ora in senso opposto, verso Budapest. Frastornato, deluso ed enormemente stanco, coi 1300 km che ancora mi aspettano, non bado a velocita', e come un automa mi posiziono sui 190-200 km/orari per mantenermi concentrato e per vincere la distanza! Di questo viaggio sconsolato di ritorno non v'e' molto da dire, la testa e' annebbiata, le mani rigide sul volante. Vedo a tratti il letto della mia casa e mi ci vedo dentro. La sorte vuole che questo viaggio sia piu' lungo e faticoso del previsto: coda di circa 2 ore al confine ungherese-austriaco, incidente e rallentamento di 2 ore dopo Viennna, diluvio universle verso Klaghenfurt, 9 km di coda alla barriera di Venezia Mestre (ritorno dei bagnanti felici dalla Croazia!!), nubifragio con palline di grandine del diametro di 3 cm da Peschiera a Ponte Oglio con conseguente andatura a passo di lumaca…

Vedo la Gringax e il letto verso le 22.00, dopo aver fatto 15 ore di strada, dal confine slovacco, ma non ho neanche la forza di bofonchiare. Il contachilometri segna: 3329 Km. Giovedi', venerdi' e sabato. Tre giorni di macchina che non dimentichero', attraverso mezza Europa centrale!

Gringox

PS: …e la domenica, 4 settembre 2005, riparto dal buon vecchio aeroporto di Malpensa, ancora una volta in aereo, ancora una volta con la Malev, ancora una volta via Budapest (dove, ironia della sorte, ci ero passato in macchina qualche ora prima!).
Quando all'uscita dall'aeroporto a Kiev sento l'abbraccio del webboss, capisco che finalmente e' finita l'avventura di questi 4 giorni folli che mi hanno non poco messo alla prova, ma che mi hanno dato tanto tempo per vedere, pensare, riflettere e vivere qualcosa di unico ed irripetibile.


Fine.

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
post del 01 novembre 2005.

Domenica 30 Ottobre 2005 il Gringox ha inaugurato ufficialmente il primo volo diretto Kiev - Milano dell'Alitalia. Un grande evento per gli Italiani di Kiev e per tutti gli Italiani ed Ucraini che si muoveranno dall'Italia verso l'Ucraina e viceversa...

2,25 minuti di volo... fantastico!

Non nascondo di aver provato una certa emozione a salire sull'aereo alitalia a Kiev e ad atterrare poi dopo due ore e mezza a Malpensa.

"Era ora": e' cosi' che ho salutato il capitano dell'Alitalia che ci ha accolto sull'aereo... Eravamo solo in 10 a bordo e ci hanno anche omaggiato con un bellissimo portachiavi dell'Alitalia, oltre ad averci dato precedentemente, al check–in il "pass" per accedere alla VIP sala in attesa di salire a bordo. Un bel volo inaugurale....

Forza Alitalia!

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
Post del 21 gennaio 2006.

...la “gringmobile” e' ormai ferma, immobile da 2 giorni...non vuole avviarsi ed e' sempre piu' coperta da uno strato di neve e ghiaccio che si solidifica sempre piu'!!!
Cosi' vengo accolto a Kiev, da un gelo mai visto. Si vive tra i -28 e i -24 e il gelo e' pungente e costringe a stare a casina! Ma anche a casina, ovvero in caserma, le cose non vanno meglio. Non c'entra la Russia o la battaglia del gas che si sta combattendo in questi giorni tra i due Paesi a suno di parole e minacce; il fatto e' che i caloriferi non riescono a scaldare gli ambienti grandi e il gelo penetra dalle finestre chiuse e traspira dalle pareti...sono costantemente ancorato al mio piccolo termosifone elettrico e cerco di scaldarmi come posso!

Anche internet qui da me funziona male...

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
Post del 06 aprile 2006.


Cronaca di dieci minuti sotto la neve al Parco Golosejvskij (Novembre 2005 - Kiev).

Oggi cade la prima neve a Kiev. Non e' una domenica come tutte le altre. C'e' nell'aria qualcosa di speciale, qualcosa di fiabesco. Almeno questa e' la sensazione che io percepisco. Non sono abituato a uno spettacolo del genere. Dovevo uscire di casa per qualche acquisto ma, di primo acchito, pensando al freddo che ci sarebbe stato fuori riconsidero il mio programma. Mi fermo qualche minuto affacciato alla finestra a vedere fioccare; ma improvvisamente qualche brivido mi assale e la sensazione visiva non mi basta piu'. Sento una voglia strana. Tutto d'un tratto scaturisce in me un grande desiderio di estraniarmi per un po', di mescolarmi con la natura per parlare un po' con essa e di godermi questa prima neve che viene giu' fitta e silenziosa. Devo uscire e incamminarmi verso il parco Golosejvskij per godere piu' intensamente di questa piacevole sensazione.
Cammino nel parco, voglio spingermi il piu' possibile all'interno per non sentire piu' il rumore delle macchine che scorrono veloci lungo la Sorokoletija*.
Eccomi qui, finalmente solo, fermo, in piedi, unico elemento vivo ad interrompere la monotonia di una natura che sembra morta e che pare accettare con felice rassegnazione l'inevitabile incontro con l'inverno.
Intorno a me solo betulle magre e spente, tronchi sottili che si stagliano verso il cielo bianco e basso sopra di me, che si confonde con il bianco e il grigio che sono intorno. La neve implacabile scende fitta e si deposita su quelle forme inerti vestendole con un manto di purezza. Guardo in profondita', un gioco visivo incantevole; i rami che si intersecano tra loro e formano griglie intricate e multiformi.
“E voi che fate rametti solitari che portate ancora addosso un piccolo residuo di chioma? Chissa' perche' quelle fogliette marroni e morte vi sono ancora rimaste addosso”. Forse esse volevano ribellarsi al ritmo delle stagioni, volevano rimanere attaccate per dimostrare di resistere all'inverno, forse serbavano la speranza di poter sopravvivere alla rigida temperatura incalzante, alla neve, al gelo e al vento che soffia pesante. Forse, quando erano ancora in vita, hanno sviluppato una linfa particolare che ha permesso loro di rimanere attaccate al ramo che andava pian piano in letargo insieme con tutto l'albero. “O avete forse stipulato un tacito accordo con loro - i rametti - di poter rimanere attaccate fino alla primavera per poter poi ritornare verdi, in cambio di tener loro compagnia per tutto l'inverno e apportargli un po' di calore?”. Con la voce dell'intimo mi rivolgo alla natura, ma non riesco a percepire alcuna risposta e rimango nel mistero. E le fogliette sono li, tante, ripiegate su stesse, raggrinzite e penzolanti, in balia degli spostamenti d'aria, senza alcuna speranza di poter rivivere, di poter fronteggiare la natura. Beffate forse da una promessa che non può in alcun modo essere mantenuta perche' così scritto nel libro sacro della natura. In attesa che una folata di vento piu' forte o il peso della neve che si accumula su di esse, le faccia cadere definitivamente.
Intorno a me il silenzio. L'immagine comune che la neve diffonde al genere umano di purezza e candore e' tutta qui, di fronte ed intorno a me, viva e profondamente vera. Il bosco, custode eterno di innate e misteriose percezioni per l'essere umano, delle paure più profonde e delle sensazioni di oppressione e del profondo senso di solitudine, svela in quest'atmosfera tutta la sua limpidezza. Chiudo gli occhi nella speranza che questa immagine entri dentro di me e si depositi creando uno strato morbido di purezza sulla mia anima, che possa emergere ogniqualvolta ve ne fosse il bisogno, sotto forma di vivido ricordo di questo momento. Pensieri vari mi scorrono come sequenze confuse di un film che solo a tratti ricordo. Sono confuso e triste e completamente assorto nel vortice di quei pensieri che inseguo come un gatto che cerca di mordersi la coda.

Improvvisamente mi risveglio squarciato dalla voce di un cane che qualche metro più in là scorrazza felice zompettando nella neve fresca; evidentemente anche lui sente la novita' e si diverte come puo'! Io, d'un tratto, mi ricordo che ho finito tutti i miei cambi e se non lavo le mie mutande, rischio di rimanere al fresco; era forse per questo, se non ricordo male, che sono uscito di casa, per andare a far due compere al Velika Kishenja**; o forse quella era solo la scusa “terrena” per nascondere l'imbarazzo di ammettere lo stimolo di una ricerca interiore che la mente fatica a volere o ad accettare, ma a cui l'animo tende inevitabilmente, svincolato da ogni razionalità e suscettibile alle situazioni anomale che lo riescono a turbare e che ogni tanto lo “svegliano” dalla condizione di sottomissione alla mente, ponendolo - in quei momenti - a prevalere sulla ragione stessa e a ritagliarsi un suo piccolo spazio…

Gringox


* Ul. Sorokoletyja: Via “Sorokoletija”.
** Velika Kishenja: supermercato vicino a casa nel quale mi reco sempre a fare la spesa.
 




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Kiev, 27/06/06

L'Italia vista dall'Ucraina.

Il giorno dopo due grandi eventi: il passaggio dell'Italia ai quarti di finale e quello sorprendente dell'Ucraina che supera ai rigori la Svizzera, nonostante il primo rigore sbagliato da Shevchenko.

Silenzio sulle strade, le larghe e dissestate strade della capitale giacciono tranquille in una calda serata estiva che volge al tramonto portandosi con se' la calura di una delle piu' calde giornate di questo inizio estate. E sulle strade cala il buio, quello tipico ucraino appesantito dalla mancanza di illuminazione che coinvolge parecchie angoli, anche centrali, della città. Evidentemente si palpa un'atmosfera anomala, di attesa, di speranza e di preoccupazione ed io mi immedesimo in questa situazione surreale e ammiro, inchiodato al televisore, le due squadre affrontarsi in una condizione di parità fisica e psicologica.

L'Italia, come ultimamente accade nell'ambito calcistico, mi ha deluso molto, ma non ho potuto nascondere le urla di gioia nel momento del clamoroso gol del “Totti nazionale” al 94° su rigore, che ha colpito mortalmente un'Australia inesistente e povera di signficato, urla che sono rituonate violente all'interno del ristorante del Walter, dove con alcuni amici, ormai da quando sono iniziati i Mondiali, mi ritrovo a condividere gioie e dolori della nostra Italia.

Non tanto la partita in se', che appunto conferma la solita Italietta, senza palle e senza ardore; quanto la sensazione nuova, mai provata prima, di seguire le avventure della nazionale dall'estero, da emigrante. Subito alla mente ruotano pensieri che vanno lontano, alle Americhe, alle comunità italiane del mondo che da anni si ritrovano davanti al televisore a qualsiasi fuso orario, con le pupille vitree inchiodate a seguire i giri strani del pallone, sperando che un tiro ben piazzato lo mandi dentro la rete avversaria; e cosi' le urla di gioa, i sacramenti lanciati alle spalle di chi sbaglia un gol gia' fatto, i sospiri durante l'attacco degli avversari, le chiacchiere sdrammatizzanti estemporaee col vicino di tavolo che parla diversi dialetti italici - simbolo della molteplice Italia all'estero, il sorseggiare la birra fredda mentre i minuti sul campo scorrono veloci, lo sbandierare di tanto in tanto la bandiera tricolore - orgoglio nazionale e unico frammento vivo d'Italia che mi ritrovo tra le mani; ed ecco che in queste giornate di Mondiale mi trovo a vivere questa emozione. Unica ed eccitante. Da Italiano all'estero. La voglia di tifare diversamente, di manifestare la vicinanza alla nazionale con gesti forti, plateali e rumorosi. Il Walter cerca di placare la mia foga, ma ormai la piccola comunità intorno a me mi conosce bene e sa della mia vivacità. E mi sostiene. Dall'altra parte del televisore il telecronista svizzero (bisogna qui ricordare che la partita viene criptata dal satellitre e quindi non e' possibile seguirala sulla RAI, quindi per poter sentirla in Italiano, l'unico rimedio e' il canale ticinese svizzero di lingua italiana) cerca in ogni occasione di denigrare i “nostri” lanciando malocchi e discredito forse augurandosi in cuor suo la sconfitta dell’Italia. In questo si puo' ben capire il suo agire, visto che la Svizzera, battendo eventualmente l'Ucraina la sera stessa, potrebbe trovarsi di fronte la pericolosa Italia e quindi sarebbe meglio che al posto dell'Italia l'avversario fosse l'Australia. E cosi' la piccola comunità del Walter lancia i suoi epitteti ingiuriosi nei confronti del povero telecronista che non puo' sentire! E la sofferenza dura a lungo, per piu' di 90 minuti, e con essa la gioia di vivere questo momento da qui. E piu' questo momento si prolunga, piu' la sofferenza cresce, ma, accanto all'ansia, si rafforza l'unità della piccola comunità e l'emozione di tifare Italia. Chissà se l'Italia degli Italiani d'Italia sa di quello che avviene fuori dall'Italia stessa, tra gli Italiani all'estero. Chissa' se potranno mai comprendere i nostri compatrioti quallo che prova l'italiano lontano dalle proprie terre di nascita, quando si trova di fronte ad avvenimenti di questo genere. Qui non ci sono piu' i comunisti o i fascisti, i prodiani o i berlusconiani; qui siamo tutti Italiani! Soffriamo e sospiriamo e tifiamo Italia. E la difendiamo a spada tratta, contro ogni obiettività, anche se sbaglia o gioca male, perche' si tratta pur sempre del nostro sangue!

Ma torniamo all'Ucraina, che il caso ha voluto, ci ritroveremo di fronte venerdi' 30 giugno 2006. Lascio il Walter a meta' del primo tempo quando due squadre deludenti, i gialli di Shevchenko e i rossi dei cantoni sono sul risultato di parità e mi avvio verso casa. Ed è in questi attimi che mi accorgo del silenzio e della strana atmosfera sulle strade buie. Gia', per gli ucraini si tratta comunque di uno storico risultato. Comunque vada. E' la prima volta infatti che la squadra ucraina gioca in un Mondiale e l'aver raggiunto gli ottavi di finale è del tutto una piacevole sorpresa per questa giovane nazione che non ha ancora una vera identità unitaria e forse non l'avrà mai. Ma in questi frangenti il popolo ucraino si ritrova unito e capisce di amare uno sport non cosi' popolare come potrebbe sembrare, ma che sicuramente, dopo la fine del Mondiale saprà trovare un degno posto negli svaghi e negli interessi sportivi della popolazione.

Giungo a casa e mi rimetto a guardare la televisione. Onestamente, in cuor mio, spererei che vincesse la Svizzera (a mio parere meno pericolosa dell'Ucraina), ma vorrei che vincesse l'Ucraina. Gia', vivendo qui, un certo legame e affetto per questa Terra si e' creato e solo per poter vivere la suprema emozione di trovarmi a seguire un'eventuale partita Italia-Ucraina, tifo Ucraina. I minuti scorrono lenti, la partita a tratti noiosa mette in luce giocatori stanchi e imprecisi; e cosi' si arriva ai supplementari. E poi ai rigori. Solo, nel mio appartamento, non grido piu' ad alta voce, ma sono concentrato e ansioso; e' un momento topico per le due squadre, una delle quali affronterà la Nazionale azzurra venerdi'. E' il momento di Sheva. Il primo calcio di rigore. Parato!! Penso, a questo punto la Svizzera passerà ai quarti di finale. E invece no. Il turno dello svizzero va anch'esso a vuoto e si riparte dalla parità. E continuo ad emozionarmi. Solo dopo qualche minuto, dopo il terzo calcio di rigore segnato dai gialli e soprattutto quello sbagliato dai rossi realizzo che si e' avverata la speranza, che mi procurerà la suprema emozione. L'Ucraina vince e affronterà l'Italia. Ed io - Italiano d'Ucraina - vivro' questi giorni di attesa con ansia e gioia e mi preparero' al grande incontro incamerando il piu' possibile la grinta e l'ardore da sprigionare al momento opportuno insieme con gli amici della compagnia. Sarà comunque vada un giorno memorabile!

Un abbraccio al Forum,

Forza Italia!!

Gringox
 




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20 marzo 2007.


Eccomi amici ad un momento importante della mia vita, due anni fa esatti, sbarcavo in terra ucraina! E da domani inizia il 3° anno qui.

Per l'occasione, i festeggiamenti sono iniziati gia' ieri con l'amico Cagliostro (che ai tempi era il webboss di cui parlavo nel "quote") e stasera con il Pero e il Fezol...gia' Cagliostro, Pero e Fezol, amici ai quali devo molto. In particolare al cagliostro, grazie al quale si e' potuta realizzare questa avventura...

Due anni intensi, di lavoro, di vita sociale, di incontri, di amicizie, di quotidianita russofila, di appagamento di quell'anima russa che finalmente aveva trovato il suo habitat.

Ormai l'Ucraina, Kiev, Chernovcy, Ternopol', Uzhgorod, L'vov, Lutsk...l'Ovest ucraino in generale sono un po' come la mia seconda patria. Mi sono fatto tantissime conoscenze, ho imparato a conoscere un Paese difficile, diverso al suo interno, per molti aspetti simile all'Italia, a meta' tra un passato sovietico che durera' ancora a lungo e una voglia di modernita' che conferma i forti paradossi della societa' ucraina.

Ed e' proprio la vita quotidiana a darmi la maggior gratificazione e ad alimentare di giorno in giorno la passione e la felicita' stessa. Sono orgoglioso e fiero di poter gridare a me stesso, in pace con la mia coscienza, e al Forum tutto la mia gioia e la mia soddisfazione interiore per questa mia condizione.

Gringox
 




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21 settembre 2008


Pezzettini di vita quotidiana kieviana.

Calipso.

Giornata di lavoro in ufficio, tranquilla, ma noiosetta oggi. Fuori infuria la tempesta. Piove a di rotto tutto il giorno, e fa un freddo porco. Siamo solo al 18 settembre, ma i 6 gradi là fuori, mi proiettano in un attimo all’idea dell’inverno. E ciò mi spaventa un poco. No, per carità, l’inverno “russo” è meraviglioso, è forse più l’idea del freddo che arriverà, rispetto al freddo stesso, che mi spaventa.
Ma oggi, oltre al tempaccio fuori, un’altra “sorpresina” in stile ucraino appesantisce uno stato d’animo già abbastanza triste. Infatti da stamattina ci hanno chiuso l’acqua. In tutta la via Bubnova, compreso quindi l’edificio del “quartier generale del Gringox d’Ucraina” hanno tolto l’acqua, non solo quella calda, ma proprio tutta l’acqua. E, tanto per cambiare, alla domanda su quando sarebbe tornata, giunge la risposta più tipica “ucraina” fatta di braccia che si alzano al cielo spalancate che confermano tutta la rassegnazione fatalista di cui è intriso questo popolo. Mannaggia a quei lavori per la metropolitana che da più di un anno creano a noi abitanti della zona, variegate complicazioni nella vita quotidiana: a volte salta l’elettricità, a volte chiudono l’acqua, altre ancora crolla un pezzo di strada asfaltata…

Insomma, tra una cosa e l’altra, sono ormai le nove di sera. Non sono stanco, non ho sonno, non ho fame, sento quella svogliatezza e senso di noia di fine giornata. In più ci si è messo pure il tempo e l’acqua…d’un tratto mi balena in mente un’ideuccia accattivante. Guardo l’orologio. È un po’ tardi, ma che importa! In quattro e quattr’otto decido di andare al “solito” Calipso. Ma sì! È vicino a casa, è un ambiente pulito, c’è sempre posto e il luogo nel complesso è degno e rilassante. Me ne vado a trascorrere due orette di sauna! Calipso, in effetti, un po’ il nome “esoticheggiante” da sauna ce l’ha. L’ho trovato qualche tempo fa, dopo aver girato e provato diverse saune qui a Kiev. E mi sono poi trovato bene e sono sempre tornato lì.  Nel finesettimana costa 200 grivne per un’ora, ma oggi è giovedì e me la cavo con 150 grn./ora (poco più di 20 euro). Diciamo che da questo punto di vista è nella media, ma ripeto, io mi trovo bene al Calipso e allora perché cambiare?

La sauna è come sempre il luogo del relax e dello scioglimento dello stress. Bah, per me oggi è anche un modo un po’ costoso, ma utile per lavarmi, vista la situazione dell’acqua (che non c’è!) a casa.
L’appartamento adibito a sauna è ampio e addobbato con accortezza affinché non manchi niente per soddisfare le spesso esigenti voglie del cliente: oltre alla cabina della sauna in legno, alla Jacuzzi e alla botte di legno con l’acqua fredda, ci sono anche una bella panca “a due piazze”, anch’essa in legno, per eventuali momenti di intimità con la propria “lei” occasionale o fissa che sia, un originale tavolo a forma di tronco d’albero tagliato con delle curiose seggioline di legno per potersi sedere, tra una seduta in sauna e l’altra, e gustarsi della fresca birra; e un televisore al plasma, sempre acceso che proietta programmi di cui ignoro il contenuto… il box doccia è arricchito del cd “vodopad” (cascata), cioè un secchio ancorato sul soffitto con una corda penzolante che non appena viene tirata, zacchete, ti fa piombare sulla testa uno scroscio di acqua gelata, che ti scuote tutto il corpo provocandoti una sensazione improvvisa di svenimento, accompagnata da uno spontaneo urlo di reazione, che precede il sollievo corporeo per essersi “liberati” del bollore atroce che ti ardeva fino a pochi secondi prima.
Ritornando  alla “bochka” (botte) di legno, sembra quasi un tinello di quelli dove anticamente veniva pigiato il vino. Profonda poco più di un metro e con un diametro delle stesse dimensioni, è piena anch’essa di acqua gelida ed è pronta per ricevere il corpo umano accaldato e bollente, appena uscito dalla sauna.

E così, senza perdere troppo tempo, mi spoglio velocemente e mi fiondo in sauna. Oggi come sempre (in sauna ci vengo abbastanza spesso) capovolgo anzitutto la clessidra per ritentare la solita sfida con me stesso di riuscire a restare dentro per 15 minuti – sfida che puntualmente perdo!; stendo il mio asciugamano e mi ci siedo sopra. Ahh…che bello! Non so perché, ma la sensazione iniziale di distensione che mi procurano i primi momenti di sauna, quel lasciarsi completamente andare, sciogliendosi al calore secco che avanza, non trova paragoni se non vagamente nello stato di abbandono del corpo che si concede alle mani esperte di una qualche brava massaggiatrice. Ma in sauna è comunque diverso.
Le prime goccioline di sudore iniziano a scivolare dalla fronte dopo pochi secondi, mentre la temperatura lentamente sale da 80° a 100° gradi. Dapprima tre-quattro goccioline, in breve dalle braccia, dalla faccia, dalla pancia, dalla schiena, fino ad arrivare alle gambe, il corpo prende sempre più le sembianze di una spugna che trabocca liquido da tutti i pori. Gli occhi diventano talmente umidi e lucidi che a fatica riesco a tenerli aperti. Chissà perché, ma nei momenti in cui sono in sauna nella calura estrema, i primi pensieri sono rivolti alla mia condizione fisica, al mio peso che non cala da anni, alla mia pancetta, che non riesce a diminuire da anni…rinchiuso in quel gabbiotto di legno, chiudo e apro gli occhi a intermittenza, e mi vedo. Mi osservo, non mi piaccio. Pensieri ronzano vaghi sulle possibili, eventuali, potenziali soluzioni per rimediare a questa situazione. Ma durano poco mentre a poco a poco il godimento e la soddisfazione per la “purificazione” corporea salgono. È la fase dell’assuefazione: mi sdraio sulla schiena, chiudo gli occhi e non penso a niente. Lascio che il calore si impossessi totalmente di me e mi penetri nella pelle, fino a toccare le ossa. Sdraiati si sta meglio che seduti, il calore ti raggiunge in modo lineare ed uniforme senza dislivelli ed eccessi tra le parti del corpo.
Passano circa 10 minuti che qualcosa mi scuote dal torpore. Non si tratta di un scossone improvviso, bensì di un crescendo lento di malessere. In breve inizio a percepire la sofferenza del caldo che si fa sempre più intenso e pressante. Chi l’avrebbe mai detto che la prima parte del corpo a soffrire di più sono le estremità superiore delle orecchie?? Io questa cosa non l’ho mai capita, ma sta di fatto che per me è così. Ed ecco che inizio ad accarezzarmi le orecchie con le mani per tentare di lenire questo dolore, ma inutilmente. Nel frattempo il battito del cuore, quel cuoricino che dapprima sopito e silenzioso, inizia a far sentire la sua regolare e costante voce. È l’inizio della fine. Ed ecco che quella sensazione di distensione iniziale si trasforma in oppressione. Sento un improvviso desiderio di scappare, di tornare nell’aria, respirare e tuffarmi nell’acqua gelata. In quei microsecondi la mia azione è più veloce del mio pensiero…in un attimo mi catapulto fuori dalla sauna e piombo dentro la “bochka”, immergendomi completamente nell’acqua gelata. L’impatto è micidiale ed un inevitabile urlo accompagna questa mia azione, ma è un segno del godimento che quella massa d’acqua fredda ti propaga per tutto il corpo. Sto lì, a mollo qualche secondo, un minutino, forse più. Non sento né freddo, né caldo. Sto benissimo. E ripenso a questa meravigliosa invenzione chiamata sauna, al beneficio di cui sto godendo.

Insomma, per farla breve, ripeto l’operazione diverse volte: sauna, “bochka”, Jacuzzi; poi ancora sauna, “vodopad”, Jacuzzi; nell’intervallo tra una seduta e l’altra mi bevo un sorso di birra fresca e godo. Ehh sì. Anche la birra fa parte di questo gioco. Io amo la birra, ma in nessun’altra occasione come in sauna, o subito dopo la sauna, ne apprezzo le qualità dissetanti e rinvigorenti. A volte capita che la bevo tutta di un fiato, non badando alla raschiatura frizzante che sento in gola.

Poco dopo guardo il grosso orologio appeso alla parete: 23,20…mi rimangono solo poco più di dieci minuti per rivestirmi, cavolo – penso – certe volte, più di altre, è proprio vero che ti accorgi di come vola il tempo…! E così, completamente rilassato e un po’ “ciucco” dell’atmosfera nel complesso (e della birra), esco.

Fuori non è cambiato nulla: piove a di rotto e il freddo è ancora più intenso…


Gringox
 




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Post del 21 novembre 2008.


Non ho resistito alla tentazione di fermare questa immagine...

Ecco un'altra scenetta di quotidianità kieviana. Nella Kiev che vuole modernizzarsi e crescere occidentalmente, c'è ancora spazio per il ricordo del tempo che fu... e così oggi, in un negozio per materiali edili all'ingrosso, dove dovevo comprare del materiale, ecco in cosa mi imbatto...


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Un saluto da Kiev,

Gringox
 




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Messaggio Re: Gringox d'Ucraina (sola lettura). 
 
Post del 30 gennaio 2009.


Ecco un'altra scenetta di quotidianità invernale kieviana... ultimamente il tempo è stato pazzerello anche qui. Si è messo a piovere, si è alzata un pò la temperatura e si è formato il ghiaccio, le strade erano enormi lastre di ghiaccio cosi' come le macchine erano coperte da un curioso strato di ghiaccio, come ben si può vedere, hehhehe...

 user_72_22012009

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...il finestrino ghiacciato visto dall'interno della mia macchina...


Un saluto da Kiev,

Gringox
 




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