Mezzo secolo cantando "Volare"la vedova di Modugno racconta
ERA una notte buia e tempestosa quando arrivò l'intuizione finale della più famosa canzone italiana di tutti i tempi. La moglie, Franca Gandolfi, una intera vita vissuta accanto a Modugno, ricorda ancora con trepidazione quel momento magico: "Eravamo nella nostra prima casa, c'era il pianoforte attaccato alla finestra. Mimmo si arrovellava, la canzone c'era ma ancora incompleta, non era soddisfatto, il ritornello era 'Di blu m'ero dipinto, per intonarmi al cielo', diceva che gli amncava un'apertura. Quella sera era scoppiato un temporale pazzesco, tanta elettricità nell'aria, c'era talmente tanto vento che a un certo punto la finestra si spalancoò. Mimmo cominciò a recitare, sembrava uno sciamano, improvvisava versi".
"Non ho mai capito se fosse una poesia che già esisteva o se li stava inventando, poi arrivò la frase musicale: prima fu "volavo oh oh", poi la spostò all'infinito, alla fine diventò "volare oh oh". Era felice, urlava a squarciagola. Chiamò subito Migliacci, gli disse vieni a sentire, la canzone è finita". Se ogni volta che nasce una canzone si può parlare di un piccolo miracolo dell'ingegno umano, allora il caso di Volare è un autentico prodigio, nasce da una concatenazione di eventi che ha dell'incredibile. La gestazione è stata lunga, non facilissima, a dispetto di quello che mostra, ovvero la sua irresistibile naturalezza, quella grazia che sembra arrivata di getto, come un'epifania. Lo fu certamente per il pubblico, per l'Italia che improvvisamente scoprì la sua voglia di rinascere, di diventare moderna, di volare, ma per gli autori ci volle del tempo.
Ricordo nel infanzia viaggiavo gia da bambino durante i miei viaggi dell est , quando mi fermavo in un ristorante o in una pizzeria e si accorgevano che ero ITALIANO subito toglievano la loro musica e mettevano canzoni italiane e sempre VOLARE , mi sentivo orgoglioso di essere ITALIANO , ora invece gli italiani vanno nell est pensando di trombare specialmente in Ukraina , ora siamo considerati dei maniaci.
Lenin