«Sono fiera di essere qui, anche se per me non è facile. Non ho ancora visto il film e non so neanche se ne avrò la forza. Con me ci sarà anche nostro figlio di 13 anni. Ma cercherò di farmi coraggio. Perché la gente deve sapere e perché lo devo a Sasha». Marina Litvinenko non riesce a trattenere le lacrime. La vedova di Alexander, l'agente segreto ucciso sei mesi fa con il Polonio 210 a Londra, è a Cannes con "Rebellion", il documentario di Andrei Nekrassov e Olga Konskaia presentato a sorpresa proprio alla vigilia dei verdetti. Un colpo di scena mediatico che ha dato una sferzata alla rassegna portando alla ribalta un emblematico caso di commistione tra spionaggio, politica e criminalità, sullo sfondo della sanguinosa guerra in Cecenia.
Non a caso Hollywood già annuncia un film con Johnny Depp tratto da uno dei libri dello stesso Litvinenko. «Se accadrà, ben venga», commenta Marina.
«L'importante è che questa vicenda non finisca insabbiata, che la si tenga viva. Io stessa sto scrivendo un libro, ma lo concluderò solo quando sarò in grado di raccontare il vero finale: chi ha ucciso Sasha, chi è il mandante».
In Rebellion Litvinenko compare dall'inizio alla fine, intesa in senso letterale, le sue ultime ore nel letto dell'ospedale londinese, esangue, senza capelli, intubato. Immagini che hanno fatto il giro del mondo su giornali e tv, ma che qui acquistano una forza e una violenza quasi insostenibili. Proprio come lo sguardo che Sasha lancia alla macchina da presa prima di morire. Le sue accuse sono pesantissime, dirette ai servizi segreti e a Vladimir Putin, responsabili a suo dire di quegli attentati del 1999 a Mosca, attribuiti dal governo ai ceceni. «Trecento morti, il nostro 11 settembre — commenta Nekrasov, 48 anni, allievo di Tarkovskji —. É stato il pretesto per la guerra in Cecenia e ha segnato l'inizio di una nuova epoca di illegalità istituzionale. La Russia è tornata ai tempi più bui, prima della Rivoluzione. Il paese dei ricchi e dei poveri, dei boiardi e dei diseredati. Se oggi Dostoevskji vivesse a Mosca sarebbe un dissidente, non riuscirebbe a pubblicare un libro e finirebbe in prigione».
«La corruzione dilaga — assicura Nekrasov —. Niente a che vedere con la vostra in Occidente. In Russia per denaro si uccide e si tortura, da noi le buone maniere sono state abolite». A darne qualche esempio in Rebellion
è proprio Politovskaja che denuncia la vendita di armi e droga fatta dagli stessi ufficiali russi al fronte e il dazio che i soldati impongono alle donne cecene: 500 rubli per non essere violentate. Ma in Russia c'è anche chi vuol sapere. «Ci chiedono di continuo il film, cercheremo di metterlo su Internet, farne dvd, forse portarlo al Festival di Mosca», promette il regista. In Europa l'hanno già comprato Francia, Belgio, Svizzera. E per l'Italia la Lucky Red.
«Spero che il film aiuti a far conoscere come sono andate le cose e riabilitare la memoria di mio marito, in Russia bollato come traditore», conclude Marina. Ma alla domanda se spera che un giorno sarà fatta giustizia, serra le labbra e lascia solo sfuggire un cupo: «No comment».
Fonte: Corriere della Sera
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