Articolo |
 Re: Domande Semplici
|
Avrei un'altra cosa da chiarire.
Mi sono accorta del comportamento un po' particolare della particella NE: di solito non si elide davanti a una vocale, scriviamo e diciamo Ne abbiamo due, ne e` contento ecc. Invece usandola con i verbi al passato prossimo facciamo quell'elisione: Se n'e` ricordato.
Allora, la mia domanda e`: c'e` una regola che dirige l'elisione della particella NE?
Grazie!
prova a guardare qui http://www.galassiaarte.it/grammati...roncamento.html c è scritto cosi:
|
assodipicche [ 16 Aprile 2009, 11:32 ]
|
 |
Commenti |
 Re: Domande Semplici
|
Regola per ne?
Direi che s'elide quando la segue un'altra e direi sempre, con le altre vocali dipende.
Me ne intendo vs me n'intendo.
Ma sicuramente me n'ero scordato.
paka Rago
|
rago [ 16 Aprile 2009, 14:56 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Grazie! 
|
Luda Mila [ 17 Aprile 2009, 9:34 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
In un libro d'italiano ho letto quel proverbio:
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Non potrei dire di capirne bene il significato  Cosa vuol dire e in quali situazioni si userebbe? E` un proverbio usato spesso o no?
Lo spieghereste, per favore?
Grazie! 
|
Luda Mila [ 06 Mag 2009, 10:09 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
In un libro d'italiano ho letto quel proverbio:
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Non potrei dire di capirne bene il significato  Cosa vuol dire e in quali situazioni si userebbe? E` un proverbio usato spesso o no?
Lo spieghereste, per favore?
Grazie! 
Detto popolarissimo, ripreso per esempio dallo scrittore Alberto Moravia («ma, come si dice, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi»), e conosciuto anche in altre varianti: il diavolo fa la pentola ma non il coperchio; e, come testimonia il Tommaseo nel suo ottocentesco dizionario, il diavolo aiuta a far le pentole e non i coperchi. Il significato: è più facile fare del male che evitarne le ricadute negative. Il diavolo è presentissimo nella tradizione proverbiale come personificazione del male e degli istinti maligni che albergano negli esseri umani. I proverbi sono depositari di prudenza popolare e di buon senso o senso comune non di rado venati di moralismo. Per questo il diavolo vi figura spesso come cattivo o imperfetto consigliere. Il suggerimento che viene lanciato è semplice e netto e, come nel caso del proverbio in questione, intriso di pragmatismo: meglio non architettare azioni malvagie (o anche solo disoneste) perché è facile che si ripercuotano contro chi le ha pianificate e commesse. Avendo fatto del male, insomma, i conti finiscono col non tornare e il malfattore ne paga in qualche modo le conseguenze.
Citazione: IL DIAVOLO FA LE PENTOLE Ovvero: I proverbi nella saggezza popolare e contadina
Nelle culture folkloriche, l’esperienza generale di vita si è depositata e strutturata, nel corso dei millenni, nei proverbi e nelle espressioni sentenziose. Possiamo dire che non c’è vicenda quotidiana che non trovi la sua giustificazione e la sua verifica in una massima. Il fatto, poi, che l’umanità sia vissuta per circa diecimila anni in una società agraria, ha determinato che la stragrande maggioranza dei proverbi e delle frasi sentenziose sia caratterizzata da riferimenti al mondo e alla mentalità contadina. Ma dai proverbi è difficile trarre informazioni riguardanti condizioni e processi di lavoro, perché spesso i riferimenti ai tempi, ai modi e agli utensili servono a trarre considerazioni di ordine morale e a suggerire comportamenti etici e generiche norme di vita; solo in tempi più recenti i proverbi hanno costituito quasi un calendario, un’agenda delle attività agricole, tanto da consentirci di individuare alcuni degli aspetti essenziali del-l’organizzazione del lavoro e dei rapporti di produzione dell’età in cui sono stati coniati[1].
Nella società agraria arcaica, il contadino, nel tempo che gli rimaneva libero, svolgeva anche qualche lavoro di artigianato: confezionava zoccoli, ceste, accomodava gli arnesi rotti, mentre le donne si dedicavano alla filatura e alla tessitura. Pochi dunque erano quelli che svolgevano lavori artigianali: tra questi assumevano una grande importanza il fabbro, il calderaio (colui che accomodava le pentole, spesso di rame), il carraio (il costruttore dei carri agricoli) e il fornaciaio.
Secondo alcuni proverbi, gli artigiani godevano di una condizione di vita meno difficile di quella del contadino; infatti, Tutti i mestieri / dan da mangiare, e Chi ha un mestiere / di fame non muore. Qui il termine mestiere non è da intendersi in senso generale, ma in quello di un lavoro specialistico. Il concetto, che l’artigiano se la passi meglio del contadino, è poi ribadito da un proverbio molto più esplicito: La pignatta dell’artigiano / se non bolle oggi, bollirà domani. Un altro, riferito all’attività del fabbro, indispensabile nella società agraria, perché costruiva e riparava gli strumenti del lavoro contadino (zappe, vanghe, aratri, picconi, ecc.), è addirittura ottimistico: Chi batte ferro / batte oro.
Tuttavia, una volta scelta un’attività, bisognava svolgerla con coscienza, precisione, serietà, e, diremmo oggi, con professionalità, perché, ricordano altre due massime: Cento mestieri / non uno di buono; Cento mestieri / e mille miserie. Il lavoro dell’artigiano, infatti, non può essere improvvisato, ma si deve basare sull’oculatezza, sulla pazienza, e su un’esperienza lunga che sopperisce alla mancanza della teoria; così:
Prima si guarda il buco / e poi si fa il cavicchio;
basta l’occhio esercitato, non è necessario il metro. Ma la perizia maggiore è certamente quella del bottaio, che il proverbio indica come uno capace di
dare un colpo al cerchio / e uno alla botte.
Oggi questa massima si usa per indicare qualcuno che si barcamena, che si destreggia tra due cose contrastanti fra loro; ed invece l’immagine rimanda al bottaio intento a unire, con cerchi di ferro, le doghe alla botte: l’operazione è difficile perché bisogna battere, simultaneamente, con il mazzuolo sulle doghe per assestarle, e sul cerchio di ferro per farlo scendere al punto di calzare perfettamente le doghe.
Non tutti gli artigiani, però, sono forniti di grandi capacità tecniche e manuali. Nei proverbi quelli più presi di mira risultano i sarti e i falegnami. Di questi ultimi si dice:
Stucco e pittura / il falegname fa bella figura
Se non ci fosse la colla e lo stucco / il falegname sarebbe distrutto,
mentre dei primi si recita: Il ferro da stiro / è il ruffiano dei sarti.
I proverbi sembra che esprimano giudizi di merito sugli artigiani: tra questi ci sono quelli utili ed indispensabili e ci sono quelli di cui, potendo, si può fare a meno. Uno di questi è il calzolaio, cui si ricorreva solo in casi rari, i contadini essendo capaci di farsi da soli gli zoccoli, utilizzando una vecchia tomaia da inchiodare su una suola di legno. Per questo, probabilmente, è nato il seguente detto, in cui è chiaro il favore di cui gode il fabbro presso la comunità contadina, tanto da essere oberato di lavoro, mentre il calzolaio appare come uno che ha poca voglia di lavorare:
Il calzolaio se vuole / il fabbro se può.
Sarti e calzolai, poi, sono associati in una massima che può contenere qualche elemento dispregiativo, ma che può anche dire che il lavoro da svolgere è tanto che i due artigiani non hanno tempo per pensare a se stessi (almeno oggi si usa in questo senso):
Gli scarpai han sempre le scarpe rotte / ed i sarti le pezze nel culo.
C’è poi una massima che riguarda tutti indistintamente gli artigiani, i quali spesso e volentieri non rispettano i termini della consegna del lavoro:
Artigiano che non mente / non ha mestiere tra la gente.
Così come accade con i proverbi agrari, anche quelli che si riferiscono al mondo artigianale spesso assumono il tono delle massime normative ed etiche, alcune delle quali godono di una grande circolazione anche oggi e sono ampiamente usate nel parlare quotidiano. Come i seguenti, che si riferiscono al lavoro del fornaciaio:
Il diavolo fa le pentole / ma non i coperchi
Tanto va l’orcio alla fonte / o che si smanica o che si rompe.
Oppure questo, ispirato al lavoro del fabbro:
Quando sei martello batti / quando sei incudine para,
che suggerisce una certa accettazione delle vicende della vita; ma poi si aggiunge, assennatamente, pur se con qualche carenza di amore per il prossimo:
Meglio martello / che incudine.
Al quale si contrappone, con chiara allusione sessuale:
Dura di più l’incudine / che il martello.
Il seguente, oltre ad appartenere al gruppo che dà indicazioni di ordine generale, si eleva fino alla speculazione metafisica:
Chi ha fatto il mondo lo può mutare / e chi fa il carro lo sa disfare;
quest’ultimo si ispira al lavoro del carraio, un altro artigiano che svolgeva un’importantissima funzione nel mondo agrario.
Naturalmente anche il muratore è indispensabile; a lui i proverbi riservano qualche consiglio:
Chi mura d’inverno / mura in eterno,
ma nello stesso tempo lo raffigurano come uno che, oltre ad essere presente dappertutto, può prendersi delle libertà che ad altri sono vietate:
Non c’è chiesa né casa di signore / dove non ci pisci il muratore.
Anche il fornaciaio appare in possesso di ampie facoltà di decisioni:
Il pignattaro / attacca il manico dove gli pare,
ma si ha l’impressione che il proverbio sia metaforico e che il pignattaio non è altro che colui che detiene il potere.
In qualcuna di queste massime ricorre anche il senso dell’economia contadina, secondo la quale niente si butta e tutto si può riutilizzare e trovare una nuova funzione:
Quel che non è buono per le suole / è buono per i tacchi.
Per concludere questa breve carrellata di proverbi dedicati all’artigianato, prendiamo gli ultimi tre che ci sono rimasti[2].
Fucina non toccare / farmacia non leccare: forse vuole indicare la pericolosità di certe attività, oppure vuole insegnare che chi non è del mestiere è bene che stia lontano dal prendere certe iniziative, che potrebbero fargli male o procurargli un danno.
Io son calderaio / e tu mi vuoi tingere: il calderaio, o lattoniere, girava per le campagne e riparava pentole e caldaie, sporche di nero fumo. Finiva per diventare nero anche lui. Qui la massima è metaforica: tu pensi di ingannarmi, ma io sono più furbo di te. C’è anche un atteggiamento di superiorità particolare in quella congiunzione e che apre la seconda parte del proverbio, come a dire: guarda che oltre che più furbo sono anche più esperto!
Le pignatte si fanno / con tutt’una creta: il fornaciaio, dovendo fabbricare una pentola, deve saper calcolare la quantità di argilla che occorre per fare l’utensile che ha in mente, senza ricorrere, durante il lavoro, ad aggiunte o a sottrazioni di materia. Qui ci sembra sia condensata tutta la perizia tecnica dell’artigiano, insieme con il concetto che il senso della misura e la logica devono essere il perno intorno al quale gira ogni attività umana, manuale o intellettuale che sia.
|
Losagen [ 06 Mag 2009, 10:22 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Losagen, sei grande!  Quanta informazione che ce l'ho adesso! E poi, e` una lettura molto ma molto interessante, ti ringrazio tanto! 
|
Luda Mila [ 07 Mag 2009, 9:52 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Vedo/leggo diversissime volte le espressioni: dopo lavoro - dopo il lavoro; dopo cena - dopo la cena, ma mi accorgo di non riuscire a comcepirne la differenza.
La presenza o l'omissione dell'articolo in queste farsi cambia il significato o no? E poi usare o meno quell'articolo sarebbe uno sbaglio grosso?
Come dovrei dire: dopo lavoro / dopo il lavoro torno subito a casa.
Vi sarei gratissima se aiutaste a togliermi quel peso di dubbi e evitare la confusione. 
Ultima modifica di Luda Mila il 25 Giugno 2009, 9:19, modificato 1 volta in totale |
Luda Mila [ 25 Giugno 2009, 9:17 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
IL "Dopo Lavoro" assume significato come sostantivo praticamente, diventa un luogo, una espressione, dopo il lavoro e una constatazione di fatto.
|
Batir [ 25 Giugno 2009, 9:22 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Se hai capito bene, se no mi chiami su Skype e te lo spiego in russo! ... il mio italiano non e un granche!
|
Batir [ 25 Giugno 2009, 9:23 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
se queste sono le difficoltà  viva l'italiano!! 
|
Alred [ 25 Giugno 2009, 9:27 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
secondo me fai meglio ad indicare DOPOLAVORO come avverbio di tempo ovvero come fosse in russo VECHEROM
ma ha certo anche significato di sostantivo come ci dice Batir
se non vuoi sbagliare usa SEMPRE E SOLO "dopo il lavoro"
|
SaPa [ 25 Giugno 2009, 11:38 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Mi sembra di aver capito. grazie! 
|
Luda Mila [ 26 Giugno 2009, 9:49 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Eccomi di nuovo con un'altra domanda semplice:
ho visto l'indirizzo scritto "Largo Fratelli Alinari". Che differenza c'e` tra "largo' e "piazza"?
Grazie. 
|
Luda Mila [ 05 Ottobre 2009, 8:55 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Eccomi di nuovo con un'altra domanda semplice:
ho visto l'indirizzo scritto "Largo Fratelli Alinari". Che differenza c'e` tra "largo' e "piazza"?
Grazie. 
Largo: piccola piazza, slargo all’incrocio di più vie o piazzetta di forma irregolare all'incrocio di più vie
Piazza: area di dimensioni variabili, di solito circondata da edifici, posta all’incrocio di più strade o lungo il tracciato di un’arteria importante, talvolta sede di mercato: le piazze di Roma; la piazza del duomo | spec. con iniz. maiusc., nella toponomastica urbana: Piazza della Signoria, Piazza San Marco ecc.
|
mariano [ 05 Ottobre 2009, 9:10 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
LARGO: piccola piazza, slargo all’incrocio di più vie.
|
Batir [ 05 Ottobre 2009, 9:13 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Grazie, Mariano brg, per aver risposto subito .  Ho capito. Allora in russo sara` lo stesso площадь, ma direi che in italiano quelle denominazioni sono piu` precise.
|
Luda Mila [ 05 Ottobre 2009, 9:18 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
largo alinari è qui a firenze
|
SaPa [ 05 Ottobre 2009, 9:48 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Vediamoci in largo Cairoli
давайте встретимся на площади кайроли
|
Losagen [ 05 Ottobre 2009, 10:03 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Avrei due domande che sembrano semplicissimi, pero` mi piacerebbe essere sicura al cento per cento.
Dunque: 1. Un mio studente mi ha portato il suo test che aveva eseguito on-line sul sito ladante.it e mi ha chiesto delle spiegazioni: la sua frase"Signore, Le rispondero` domani: e` stata segnata come sbagliata e corretta in modo"Signore, le rispondero` domani." Come mai? Non si usano piu` le maiuscole?
2. Esiste una regola per scrivere i numeri? Per es. 101: in un libro d'italiano (edizioni Guerra) e` scritto "centuno", invece in un altro (edizioni Alma Firenze) e` scritto :centouno". Allora sono corrette tutte e due le forme?
Grazie.
vale la posta di rago, ma da insegnante di italiano mi sarebbe proprio piaciuto che lui avesse messo Le perchè dimostra che lo studente ha capito che si trattasi proprio di un registro formale. "Le" maiuscolo è addirittura più indicato che il minuscolo, basti vedere le pallosissime lettere italiane dove si scrive Vostra, Lei, inviarLe, etc...
I
Io non sono un genio in italiano, ma mi ricordo che a me se lo segnavo in minuscolo me lo segnavano sempre errore, quando riferito ad una persona ben specifica.
Per l'altra domanda io ho sempre letto centouno oppure cent'uno, magari un errore di stampa si è mangiato l'apostrofo.
|
Airmax [ 05 Ottobre 2009, 12:56 ]
|
 |
 Re: Domande Semplici
|
Grazie per le precisazioni.
Con "centouno" mi era venuto un dubbio perche` ricordavo che nel Novecento di Bertolucci c'era un vecchietto che pronunciava ben chiaro; "Ho centun'anni...".  Ma ormai credo ai libri di grammatica e dico agli studenti di dire proprio "'centouno'. 
|
Luda Mila [ 06 Ottobre 2009, 10:39 ]
|
 |
|
|
Pagina 2 di 24
|
|
|