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Forum Russia - Italia


"Ugolok" degli Italiani delle terre russofone - GRINGOX d'UCRAINA



gringox [ 29 Marzo 2015, 19:26 ]
Oggetto: Re: GRINGOX d'UCRAINA
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Domenica 20 Marzo 2005 si decolla...

L'amico Giuseppe (Mr. G.), insieme alla fedelissima gringax mi accompagnano a Malpensa e mi sostengono moralmente e fisicamente (dato il pesante ed ingombrante bagaglio che mi e' addirittura costato circa 300 euro di sovrappeso! - come ben descritto dal Giusy nel post "Passaggio importante"). Gli ultimi sguardi prima del controllo passaporti e poi via; in perfetto orario decollo alla volta di Budapest e poi Kiev.
All'arrivo a Borispol' (aeroporto di Kiev) mi aspetta il mio nuovo collega Oleg con sua moglie e l'Ucraina mi accoglie col suo residuo d'inverno: gelo, vento forte e neve... appena qualche ora prima Milano mi salutava con i suoi 15 gradi di prima mattina...e siamo al 20 Marzo!!!

Fortunatamente niente problemi di sdoganamento, niente storiacce coi bagagli...tutto andato liscio dal punto di vista burocratico.

Dopo un'oretta circa eccomi nel mio nuovo temporaneo appartamento. Una casetta tutta nuova, in stile italiano, che si trova proprio nel territorio degli uffici e comodissima quindi per il mio inserimento "immediato" nello spirito della mia nuova attivita' qui in Ucraina!

La prima sera la trascorro col mio amico webboss, Stefano e col mio nuovo boss italiano, Marco a casa di quest'ultimo con un perfetto "benvenuto" in stile locale a suon di "Perzovka"...il risultato finale ve l'ha poi raccontato il webboss...macchina sequestrata per guida sotto l'effetto dell'alcohol, hehehehe.

Ehh gia' amici, qui non si scherza propio. Ti beccano praticamente sempre.
Addirittura mi e' capitato mercoledi' di andare fuori coi ragazzi qui al ristorante e poi in un klub fico di Kiev e di darci dentro ben benino con l'amichetta spensierata vodka e poi, all'uscita, l'amico che doveva stare al volante, consapevole del pericolo, ha chiesto ad un taxista di portarci a casa con la macchina del mio amico, gli ha dato le chiavi e il taxista ci ha portato tutti a casa. Poi ha chiamato il "suo" taxi e si e' fatto venire a prendere...roba da russi!!

gringox




Dieci anni fa il mio arrivo a Kiev.


Che emozione rileggere queste righe che risalgono a 10 anni fa.

Ricordo che quando sbarcai a Kiev, quella domenica 20 marzo 2005, nevicava fitto fitto e faceva freddo; e mi fece così effetto provare subito sulla pelle quel clima così diverso dall'Italia che avevo da poco lasciato, tanto che tuttora, ripensando a quel momento, ricordo quei brividi di freddo come se fosse ieri... oggi, a distanza di anni, abituato come sono al ciclo delle stagioni qui, il clima è forse l’ultimo dei miei pensieri… anche se devo ammettere che negli ultimi anni esso non è più così rigido nel suo schematismo stagionale come allora.

Di quel giorno mi è rimasto il biglietto aereo Milano Malpensa-Budapest-Kiev di sola andata (allora non si volava ancora direttamente con l’Italia, e men che meno esisteva la Wizz Air; solo qualche anno dopo avrei avuto l’emozione, per una pura coincidenza di date, di capitare sul primo volo diretto Alitalia Kiev-Milano Malpensa – volo che tempo dopo venne cancellato; e solo anni dopo invece è apparso il “law cost” Wizz Air); ed un Corriere della sera ormai un po’ ingiallito, che conservo come una reliquia, con una prima pagina dedicata al “solito” Berlusconi che allora era ancora in piena forma.

Lungi dagli sconvolgimenti politico-sociali di questo ultimo anno e mezzo che hanno purtroppo trasformato questa città – Kiev – e questo Paese in un relitto in preda alla bufera ed alla deriva, il mio ricordo va alle sensazioni di allora, di quei primissimi giorni kievliani, alla “pelle” , al “tatto”, agli occhi di quel Gringox che iniziava la sua nuova vita e sembrava un bambino curioso che aveva ottenuto il suo agognato “giochino” e stava iniziando a toccarlo.

Se ripenso a quei primi passi, a quella spaesatezza per la novità che da un lato mi preoccupava, ma che dall'altro rappresentava l'accettazione entusiastica della mia sfida russofila, della concretizzazione del mio sogno russofilo, che finalmente diventava realtà, non posso far altro che commuovermi sinceramente.

Quanta acqua sotto i ponti è passata in questi anni... quanti legami umani in quel preciso momento di passaggio sono cambiati, quanti se ne sono creati; altri si sono rotti. E penso anzitutto a ciò che lasciavo in Italia allora, ai miei genitori che fino all’ultimo ancora non realizzavano cosa potesse significare non avermi più vicino; alla Gringax (la cui storia sarà destinata a finire, tramutandosi però nel corso del tempo in una profonda e fraterna amicizia); agli amici della mia compagnia che improvvisamente non avrei più visto come al solito nei finesettimana. Penso al primo “webboss” (il webmaster) del nostro Forum russia-italia, che avevamo da poco creato; dopo mesi di corrispondenza virtuale, iniziata già nel Vecchio Contenitore, finalmente conoscevo di persona colui che ha di fatto reso possibile la realizzazione del mio sogno russofilo (e qui si ritrova il motivo originario della mia eterna riconoscenza verso il Forum e del mio affetto profondo verso di esso); egli è stato per me un “maestro” di vita e un buon amico nei primissimi tempi di vita kievliana. Successivamente, anni dopo, il suo definitivo rientro in Italia ha provocato la fine della nostra frequentazione. Penso ai colleghi ucraini del nuovo lavoro, alle primissime conoscenze nate qui in terra ucraina con gente locale e con altri Italiani, ai clienti delle varie città ucraine che poco alla volta iniziavo a girare per lavoro. Fino poi ad arrivare alla “Pesciolina”, che diversi anni dopo avrei conosciuto in uno dei “klub” che frequentavo, e che doveva essere una nuova “preda” come tante altre, ma che – ironia della sorte per uno come me che credeva di fare il “farfallone” in eterno – sarebbe invece poi diventata la donna della mia vita…
Il fattore umano è sempre stato centrale nella mia esistenza e, sin da subito, anche la mia nuova vita a Kiev cominciava a ruotare intorno ad esso, arricchito qui da un aspetto curioso, tipicamente russo, di spontaneità e improvvisazione delle relazioni umane: ed ecco che, sin dalle prime uscite solitarie a zonzo dei primi giorni “esplorativi”, capitava di socializzare in modo estemporaneo e casuale, così “naturalmente”, intorno ad una vodka, e di trascorrere incredibili serate con perfetti sconosciuti, con un coinvolgimento tale che in breve pareva di trovarsi insieme ad amici di una vita. Ed io ricordo quanto “godevo” di questo approccio umano che mi faceva stare bene dentro. Ed in alcuni casi da questi incontri, nel corso del tempo, sono venute davvero delle buone conoscenze…

Ricordo i primi passi nel mio nuovo lavoro, nell’ufficio con i nuovi colleghi ucraini, che ora, a distanza di anni sento ormai come fratelli, parte di una grande famiglia. Subito mi colpì la totale diversità dell’impostazione lavorativa, più “primitiva” se vogliamo nell’aspetto gestionale, ma decisamente più a misura d’uomo, non rigida, lontana anni luce dalla freddezza che respiravo nell’ufficio milanese del mio precedente posto di lavoro. Oggi questo ambiente è ormai diventato una parte così integrante della mia vita che farei fatica a staccarmene…

E poi quel Quartier Generale del Gringox d’Ucraina, che doveva essere “nido” temporaneo, in attesa di una soluzione abitativa diversa per me, è diventata invece la dimora sicura e confortevole nella quale oggi, dopo 10 anni, tuttora vivo. Prima solo soletto, e questo posto mi pareva una reggia; da qualche anno insieme alla mia famiglia che si sta ingrandendo poco alla volta, rendendo l’ambiente un po’ strettino e un po’ scomodo. Ma nonostante tutto, sinceramente, ancora non riesco a pensare di dover abbandonarlo…
Ahh, se le mura del Quartier Generale potessero parlare… quanti racconti, quanti aneddoti rivelerebbero… e molti forumisti sanno di cosa parlo perché hanno avuto in questi anni la fortuna di essere ospitati e di poter vivere le emozioni che in esso si sono sempre create.

Ricordo le prime emozioni legate alla quotidianità, prima tra tutte quella della comunicazione in russo. Di colpo abbandonare la propria lingua madre natia ed impostare la vita utilizzando l’amato e sempre percepito come proprio russo. Con la specificità – tipica di questo Paese – dell’aggiunta della lingua ucraina che, a quel tempo, mi risultava così strana, così curiosa… ed in un certo senso mi attirava, tanto che poi, qualche tempo dopo, avrei preso anche delle lezioni di ucraino perché mi sembrava giusto avere comunque delle basi di comprensione. Mai avrei immaginato che oggi, passato tanto tempo, l’ucraino mi sarebbe entrato in testa così inconsciamente, tanto che posso tranquillamente dire di capirlo bene e di parlarlo un po’.
Ricordo come “godevo” ad ascoltare la radio in russo, e subito mi affezionai a “russkoe radio”, che trasmetteva (e trasmette tuttora) solo musica russa… Tuttora in macchina ascolto praticamente sempre “russkoe radio”.

Oggi tutto è così talmente normale, automatico e “ovvio”, che ho la sensazione di non essere neppure più uno straniero, ma un “locale” che ha una qualche origine italiana e che per questo possiede la perfetta conoscenza della “seconda” lingua (l’italiano).

Ricordo le prime difficoltà organizzative: la stranezza di abituarsi ad avere a che fare con gli “obmenniki” (i cambi valuta) e ad impratichirsi col cambio euro/grivna, l’affrontare i prezzi in grivne, la “conoscenza” con i supermercati, con una disposizione degli scaffali e un assortimento di prodotti così diversi da quelli a cui io ero abituato in Italia. Mi ricordo come mi colpiva il reparto delle vodke, per ampiezza pari a quello dei vini nei supermercati italiani, con bottiglie di tantissime marche e di diversa dimensione… ed io mi soffermavo a guardarlo e dentro di me sorridevo…
Mi ricordo, a questo proposito, l’avidità di voler curiosare e provare tutte quelle novità alimentari, che già conoscevo in parte, ma che provocavano in me euforia al pensiero che ora avrei avuto tutto il tempo per assaggiare ciò che volevo (latticini, succhi, “pescetti”, vodke, birre, gastronomia varia, “salaty”, ecc…), invogliato anche dai prezzi che mi parevano così incredibili (e di fatto erano davvero bassi rispetto a ciò a cui ero abituato a Milano). Mi ricordo la “pivo” Obolon’ premium – quella con l’etichetta oro – la birra che doveva essere sempre presente nel mio frigorifero di casa…

E poi le difficoltà logistiche: prendere dimestichezza con il muoversi in città, i gettoni di plastica blu del metro, le marshrutke gialle, arrugginite e cigolanti, che sprizzavano a forte velocità talvolta non fermadosi agli “stop” o che sgattaiolavano sopra i marciapiedi per aggirare le code di macchine ferme al semaforo. Nella totale indifferenza della gente. Mi divertiva quel sistema così inusuale per me di pagamento del pedaggio facendo passare il denaro di mano in mano tra i passeggeri finchè non arrivava al conducente che, nel caso ce ne fosse stato bisogno, faceva ritornare nella direzione inversa il resto, e poi ripartiva. E ricordo la timidezza delle primissime volte in marshrutka nell’avvisare il conducente, praticamente urlando, della mia intenzione di scendere: “na ostanovke pozhalujsta!”… ma tutti facevano così e presto mi sarei abituato anch’io.
Per tanti mesi ho girato in marshrutka e metro, e mi è servito davvero tanto per conoscere la città; la macchina mi è arrivata solo parecchio tempo dopo. A distanza di anni, ora, la metro la uso ancora qualche volta, soprattutto quando devo uscire sapendo di trascorrere una serata “alcolica”; sulle marshrutke invece praticamente non salgo più da anni.

E che effetto che mi fecero da subito quei marciapiedi dissestati, pieni di buche, in cui tante volte ho inciampato… per non parlare delle strade, disseminate di voragini, dove zigzagavano vecchie Zhiguli “scarcassate” con le targhe ancora sovietiche (quelle col fondo nero e il numero bianco in rielievo) e sfrecciavano mastodontici Hammer coi vetri neri, macchine che prima d’allora non avevo mai visto in Italia; subito in quei primi giorni mi rendevo conto dello stridente contrasto sociale e dei forti paradossi di questa società. Oggi di Zhiguli se ne vedono ancora, ma sempre meno; pure gli Hammer sono scomparsi perché fuori moda e troppo dispendiosi, lasciando però il posto ad altri macchinoni, ai nuovi modelli di Bmw, Mercedes, Lexus, ecc.

Beh, in generale, non che fossi totalmente nuovo al mondo post-sovietico, anzi… (avevo 30 anni allora, e alle spalle già diverse esperienze russofile; avevo già vissuto per diverso tempo in Estonia a metà degli anni ‘90, e a Mosca nella fine degli anni ‘90, e avevo già viaggiato per anni attraverso i paesi delle Russie e dell’Asia Centrale); conoscevo dunque questa realtà – perché in fondo, con le dovute differenze di sviluppo, di etnicità, di dimensioni, non c’erano abissi di diversità nei meccanismi cittadini tra una Dushanbè e una Kishinev, ad esempio, o tra una Tbilisi, una Kiev, una Gomel’, una Juzhno-Sahalinsk, una Ashgabad – e dunque sapevo a cosa andavo incontro, e sapevo di “amare” questo mondo – in fondo questa è la mia russofilia, il mio “godere” di una quotidianità bizzarra e apparentemente “sregolata” come quella che esiste qui; non ero insomma un novellino, ma mi rendevo conto sin dai primi giorni a Kiev che questa volta si trattava di una svolta definitiva o, se non altro, di un cambiamento di vita non certo di breve termine.
A dir la verità, sin dall’inizio, non ho mai percepito questo aspetto della durata della mia permanenza: venivo in Ucraina per restarci. In cuor mio era quello che volevo; non fare un’esperienza, ma cambiare la mia vita in senso russofilo. O ritrovare me stesso. Non ho mai pensato a “fare soldi”, né a fare una carriera, tanto per fare un esempio; non ho mai avuto l’idea di venire qui come “expat” per un periodo e poi andarmene; non mi sono trasferito inseguendo il sogno di un amore per unirmi ad una donna amata; non voglio per carità esprimere dei giudizi su chi lascia il Paese natio per i motivi appena indicati, ma per me era diverso. Forse in un’altra, precedente vita ero nato qui e in qualche modo tornavo alle origini; Già da quei primi momenti mi sentivo “a casa”, non ero uno straniero…

Ricordo le mie prime frequentazioni di locali. Cercavo in zona, per non allontanarmi troppo dal Quartier Generale e perché sapevo che qui, abbastanza lontano dal centro, avrei trovato la situazione adatta a me, “soviet” nello stile e nell’atmosfera, come piaceva a me… Una delle prime sere trovai un posticino fantastico che finì per diventare il punto di riferimento delle mie cene solitarie durante le prime settimane kievliane: il “kafè” Natali, un “podvalchik” fetido in ul. Vasilokovskaja, vicinissimo a casa, coi divanetti in pelle rossa e l’odore di stantio che regnava fisso per il mal funzionamento dell’impianto di ventilazione; qui mangiavo quasi sempre una ciotola di borsh o una saljanka, e una “otbivnaja” con patate che navigavano nell’olio; e quando uscivo mi restava addosso sui vestiti il puzzo della cena… Ma mi piaceva, ahh, se mi piaceva… Adesso che ci ripenso, mi pare di sentire ancora l’odore… Oggi il “kafè” Natali non lavora più, chiuso ormai da anni…

Ricordo i “klub” che da subito ho iniziato a frequentare, lontano dalla “movida” del centro, come sempre calamita per turisti, “expat” stranieri o figli degli oligarchi; io cercavo l’autenticità russa, quella che conoscevo e che amavo, nella sostanza, nello stile, nel design; volevo ascoltare la musica russa, “popsa”, “shanson”, “retro”, andava bene tutto, possibilmente anche dal vivo… e volevo essere circondato da gente di quartiere, da studenti di “obshezhitje” (il quartiere dove vivo è noto per essere un quartiere universitario)… Capitai così al Saturn, situato nel parco Golosejvskij, quello che in breve diventò il mio “klub sotto casa”, il mio locale preferito, una sorta di taverna dal sapore caucasico coi tavolini in legno, il palco dove si esibivano le “tsiganki” del gruppo di Petja “Chernij”, tutte coloratissime; ricordo la voce della cantante “cicciona” che perforava i timpani, ma era bravissima. Tuttora, sebbene invecchiata anche lei, la sua voce è sempre micidiale come una volta! Qui potevo ascoltare musica russa “retro” dal vivo, ballare “belye rozy” e invitare ragazze a qualche “lento” romantico. Qui si mangiava (e si mangia tuttora) un shashlik strepitoso!
Oggi il Saturn non si chiama più Saturn, ha cambiato “faccia” nel corso degli anni, “remont” dopo “remont”, ed è diventato un locale abbastanza d’èlite, ma le “tsiganki” cantano ancora e l’atmosfera tutto sommato è sempre quella di allora, ed io continuo a frequentarlo perché a questo posto sono sinceramente affezionato.

Ricordo i chioschetti, il “Meri” in primis, all’incrocio tra la Vasilkovskaja e la “mia” ul. Bubnova; qui facevo i miei “aperitivini” a base di di vodka che veniva versata in banali bicchierini di plastica, stando in piedi, in mezzo a quella fauna umana variegata dove si mischiavano “bomzh”, alkogoliki o semplicemente gente che prima di rientrare a casa era solita “farsi” un 100 g di vodka, per scaldarsi un po’ dall’ultimo freddo di fine marzo. Il “Meri” tuttora, a distanza di 10 anni, è sempre lì, ma a differenza di allora che lavorava 24h, adesso la notte chiude, forse per imposizione comunale in seguito a risse notturne tra “alkogoliki” che sicuramente saranno successe nel corso di questi anni. Io al “Meri” la vodka non la bevo più, ma di tanto in tanto ogni volta che ci passo accanto, quando la mente è predisposta alla nostalgia, ripenso al gusto di quella vodka sulla cui qualità meglio sorvolare… e dentro di me sorrido.

E che dire di quelle vecchiette che lungo la strada vicino ai supermercati o alle stazioni della metro vendevano (e ci sono tutt’ora) le cipolle, le verze e le carote del loro orto, o i “semechki” o le sigarette al pezzo…

Ricordo gli scoiattoli che vedevo arrampicarsi su quegli enormi e vecchi castani al parco Golosejvskij, il parco di quartiere, a 10 minuti a piedi da casa, quello del Saturn; e mi sembrava così strano vedere che in un parco cittadino (sebbene più che un parco sia un bosco in città) potessero così tranquillamente scorrazzare quelle bestiole, e mi fermavo a lungo ad osservarle… ricordo le mie passeggiate nei finesettimana di quella mia prima primavera kievliana, quando mi divertivo a “spinnazzare” le ragazzine sedute sulle panchine che bevevano una birretta e che “ciacolavano” spensieratamente, e che spesso vedendomi passare e notando il mio aspetto “diverso” si mettevano a ridere e bisbigliavano tra loro; oggi, a distanza di 10 anni, il parco è sempre quello, quello cambiato sono io… adesso ci vado correndo dietro al mio figlio grande che va già per i 5 anni e che ama giocare al pallone o spingendo la carrozzina dove dorme felice l’altro figlio che mi è nato 4 mesi fa… e talvolta mi sembra di rivedere quelle ragazzine di allora, ormai diventate madri, che passeggiano con i loro pargoli…

Tanti, tanti ricordi insomma di quei primi giorni kievliani, di quei momenti e di quelle emozioni che non si ripeteranno più ma che resteranno impresse nella mia mente per sempre.

Insomma sono volati dieci intensi e meravigliosi anni. Un quarto della mia vita l’ho trascorso qui, avevo 30 anni quando sono sbarcato a Kiev e mi ritrovo oggi di colpo quarantenne. Quanto tempo passerò ancora qui non lo so, sarà il destino a deciderlo. E molto dipenderà dall’evolversi della drammatica situazione che sta vivendo l’Ucraina oggi. Ma una cosa posso dire con convinzione di quel momento di passaggio di 10 ani fa e di questi anni trascorsi: non ho nulla da rimpiangere e se dovessi tornare indietro, rifarei convintamente tutto ciò che ho fatto.


Gringox


direttore [ 29 Marzo 2015, 20:56 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Grande Generale Che testimonianza! Leggendo ho provato i brividi, come sempre sai trasmettere con le tue parole tante emozioni.


n4italia [ 29 Marzo 2015, 21:05 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
direttore ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Grande Generale Che testimonianza! Leggendo ho provato i brividi, come sempre sai trasmettere con le tue parole tante emozioni.




Mi associo a Direttore....., congratulazioni, Gringox e auguri per il tuo futuro !!


Matt [ 29 Marzo 2015, 21:54 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Stupendo!
Buon anniversario! ;)


Bicamy [ 02 Aprile 2015, 22:51 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Buon anniversario, Gringox, e complimenti per le foto.


Rik [ 04 Maggio 2015, 13:53 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Grande!


anto63 [ 28 Ottobre 2015, 15:12 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
un saluto e un ringraziamento gringox, conosco bene l'ucraina dell'ovest, visto che mia moglie è dell'oblast di ternopil.
sono affascinato dalla vita in quei posti...
tanta natura e rapporti umani intensi

ciao da antonio


gringox [ 28 Ottobre 2015, 15:53 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
anto63 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
un saluto e un ringraziamento gringox, conosco bene l'ucraina dell'ovest, visto che mia moglie è dell'oblast di ternopil.
sono affascinato dalla vita in quei posti...
tanta natura e rapporti umani intensi

ciao da antonio


Il piacere di conoscerti è mio

Ehh già...ero a Ternopol' proprio la settimana scorsa...


Ciao da Kiev,

Gringox


PaoloApplause [ 28 Ottobre 2015, 16:22 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Davvero un bel racconto.Da pelle d'oca perchè scritto con il cuore.Complimenti e auguri per il tuo anniversario.


gringox [ 28 Ottobre 2015, 16:24 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
PaoloApplause ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Davvero un bel racconto.Da pelle d'oca perchè scritto con il cuore.Complimenti e auguri per il tuo anniversario.


Grazie Paolotto

...ohh quell'anniversario ormai è passato, ormai sto andando già verso l'11° anno

Grazie comunque.

ciao,

Gringox


PaoloApplause [ 28 Ottobre 2015, 20:22 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Ahhh sono arrivato tardi..ma anche 11 è un anniversario!!


gringox [ 30 Giugno 2016, 15:14 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Ponte della Pentecoste (18-20.06.16).


Quante volte sono passato da qui nelle mie trasferte di lavoro in Zakarpatja (Transcarpazia), provenendo da Ivano-Frankovsk o Chernovcy e dirigendomi verso Mukachevo e Uzhgorod, o viceversa; talvolta, come questa volta, pernottandovi. E quante volte, percorrendo in macchina la strada che costeggia questa strana collinetta di circa 300 m. che sovrasta la cittadina di Hust, con lo sguardo rivolto verso l’alto a cercare di carpire qualcosa di quelle rovine, mi sono detto: “la prossima volta salgo a vederle”... e, puntualmente, ho sempre rimandato... Ma oggi mi sento ispirato, forse grazie ad una serie di coincidenze stimolanti che mi hanno messo l’umore giusto per salire fin quassù e soddisfare dunque questa insistente curiosità: il caldo e la bella giornata dopo la pioggia della notte che ha rinfrescato l’aria, l’ppuntamento col cliente già concluso il giorno prima e il fatto si non averne di nuovi per tutta la giornata che è dedicata al viaggio per arrivare a Ivano-Frankovsk, ed infine il pensiero che oggi è giovedì e ho davanti un week end in montagna sui Carpazi con la famigliola (che mi raggiungerà domattina a Frankovsk in treno) che ha tutte le premesse per essere eccitante e adrenalinico.

Come spesso accade qui in Ucraina ci si ritrova soli in certe situazioni “turistiche”. Il cartello che indica la salita alla fortezza c’è, e c’è anche un ampio parcheggio per lasciare la macchina, ed esso è totalmente libero... Per me questo è il bello di certe visite che assumono un sapore di esplorazione autentica e che ti lasciano addosso una reale soddisfazione. Certo la cosa non va a favore delle casse dello stato la cui economia, a causa della incuranza di quel poco di attrazioni che l’eredità storica gli ha lasciato, perde una sicura fonte di introito, ma tant’è...

Grondante di sudore e con le scarpe tutte vonce di fango, dopo una breve (circa 20-25 minuti) ma faticosissima camminata lungo l’erto sentierino ancora tutto bagnato dopo la pioggia di qualche ora prima, in mezzo ad una intricata boscaglia di vegetazione mista a prevalenza di betulle, malmenandomi senza interruzione con pacche sul corpo per allontanare stormi di voracissime zanzare che, malefiche e feroci, cercano di pungermi, arrivo finalmente in cima alla collinetta e tocco con mano ciò che resta di questa fortezza: le rovine del castello di Hust.

Iniziata la costruzione nel 1090 da parte della monarchia ungherese per difendere la “via del sale” che partiva da Solotvino (il paese non distante da qui dove tuttora ci sono dei laghi di acqua salata ed una zona termale) dalle tribù di origine turca che minacciavano la regione; venne terminato solo nel 1191. Questa terra a quei tempi si chiamava Maramorosh - e tuttora si chiama così la parte romena confinante con la Zakarpatja – ed era abitata da genti di etnia magiara, rumena e slava. Il castello venne poi distrutto in seguito all’invasione dei mongoli e ricostruito nel 1318. Da allora si sono susseguiti diversi tentativi di occupazione del castello che evidentemente svolgeva un ruolo importante per il controllo della regione. Prima i tatari, alla fine del XVI sec.; poi i turchi nella metà del XVII sec.; ma fallirono tutti in quell’intento. All’inizio del XVIII sec. proprio in questo castello venne proclamata l’indipendenza della Transilvania; che durò poco. Nel 1711 esso fu occupato dagli Austriaci, ma poco alla volta la sua importanza strategica diminuiva a vantaggio delle fortificazioni che venivano erette a Kosice (nell’odierna Slovacchia). Pochi anni dopo, nel 1717, il castello fu raggiunto dall’ultima orda dei tatari di Crimea in ritirata dopo le sconfitte subite nella guerra austro-turca, che cercavano di tornare verso la loro penisola sul Mar nero; ma la fortezza non venne assalita.
Il destino infine volle che il castello perì non per opera dell’uomo bensì a causa della forza della natura... fu infatti un fulmine durante un terribile temporale nell’estate del 1766 a colpire la torre del castello, da dove divampò un incendio che lo distrusse per sempre. Abbandonato, inutilizzato e soggetto alle intemperie dei secoli a venire si è dunque ridotto a quel cumulo di rovine che mi trovo di fronte io oggi...


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Le rovine del castello di Hust.


L’atmosfera qui dall’alto è intensa davvero. Non tanto per il paesaggio che si apre agli occhi, che sì è bello, ma nulla di super eccitante; quanto per la realtà selvaggia, il senso di solitudine che ti assale e la mente che ti porta lontano, a quei secoli passati in cui questo posto brulicava di soldati e aveva la sua bella fama come si intende dalla sua storia..., e ti fa riflettere su questa strana area geografica. Non siamo in Scozia, dove è facile incontrare rovine del genere in quelle nebbiose lande, bensì nella particolarissima regione, oggi ucraina, della Zakarpatja (Transcarpazia). Unica “oblast’” ucraina (insieme alla Volinja) che non prende il nome dal capoluogo di regione, bensì mantiene un suo termine specifco, appunto quello di Zakarpatja, cioè “al di là dei Carpazi”. Cosa tra l’altro vera relativamente... “al di là dei Carpazi” lo si può intendere provenendo da Kiev o dalla Russia... ma se si viene da Budapest o da Vienna, beh, sarebbe meglio dire “al di qua dei Carpazi”, oltre i quali si apre l’immensa pianura che porta fino a Mosca...

E dunque qui, facendomi strada tra le ortiche e gli arbusti alti quasi quanto me, girovago per qualche minuto tra questi resti, buttando l’occhio attraverso le fessure che un tempo dovevano essere le finestre del castelllo, verso l’orizzonte che si estende lontano; verso ovest, poco oltre la città, intravvedo il fiume Tissa che si snoda in quel varco naturale tra le due colline chiamato “porte di Hust” (Hustskie vorota) e che segna il confine con la pianura ungherese; e poi verso est dove si stagliano le sagome dei Carpazi, che in linea d’aria non sembrano poi così vicini. Sotto di me la simpatica cittadina di Hust.


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La cittadina di Hust e il fiume Tissa che si snoda tra le "porte di Hust".


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E mentre ammiro il panorama penso proprio a questa strana ed unica terra. Una terra da sempre di confine, che è stata di tutti e di nessuno: ungheresi, mongoli, romeni, turchi, austriaci, slavi... fino poi a diventare estremità dell’Unione Sovietica ed oggi regione periferica dell’Ucraina. Il centro dell’Europa centro-orientale (nulla di più azzeccato in questo gioco di parole). Ed oggi rusini, ucraini, romeni, ungheresi, russi, slovacchi e polacchi si mischiano qui ed abitano questa regione.

Forse è proprio questa sua essenza di terra di confine che mi attira; questo intreccio di storia, di razze, di guerre e di miscugli di lingue, così diverse tra di loro, suscita il mio interesse. Nessuna regione dell’Ucraina mi coinvolge così emotivamente nella sua unicità come la Zakarpatja. Ed è curioso come le terre di confine, soprattutto quelle “orientali”, hanno da sempre prodotto un fascino magico in me, sin da quando ero piccolo e “tendevo” verso il confine orientale italiano che ci divideva dalla Jugoslavia...

E qui, in quella che popolarmente è oggi nota come la “solnichnaja Zakarpatja” (soleggiata Transcarpazia), per l’esposizione al sole che scalda la vasta pianura e le dolci colline, e che favorisce una florida produzione di vino e di cognac, la sensazione della zona di confine è più forte che mai: curioso e stimolante per me è “viaggiare” in macchina tra Ungheria, Romania, Slovacchia e fino alla Polonia, passando ovviamente da Ucraina e Russia, tutto nell’arco di poche decine di chilometri e sempre restando in territorio ucraino, con un semplice “clic” per cambiare le frequenze radio. Il classico “giochino” che mi diverto a praticare in queste circostanze è quello di mettere alla prova il mio talento verso le lingue... Ed ecco che se qualcosa riesco a carpire dello slovacco e un qualcosina del rumeno, con l’ungherese è davvero impossibile... una lingua assurda e indefinibile che mi irrita e che non riesco ad ascoltare per più di qualche secondo...

Poco più avanti di Hust, verso Tjachev e Solotvino si attraversa una zona in cui ci sono intereferenze di roaming romeno... e spero sempre che non mi chiami nessuno dall’ufficio proprio in questo frnagente altrimenti chissà poi cosa penseranno, che sono finito in Romania...

Per non parlare delle usanze locali che inseriscono questa regione nel fuso orario centroeuropeo (ora ungherese e slovacca), quindi un’ora in meno rispetto a Kiev. Non è ufficiale, ma la gente – soprattutto nelle campagne e nei villaggi – usa tuttora questo punto di riferimento nella vita quotidiana.

Insomma, questa breve ma avvincente escursione mi soddisfa pienamente. Finalmente un altro tassello dei “segreti” del Paese (e di una regione che amo tanto) dove vivo ormai da oltre 11 anni è stato svelato.

Dopo questo tuffo nella storia della Zakarpatja mi rimetto in moto. Mi aspetta la strada verso Ivano-Frankovsk, una delle strade più belle, anzi per me forse la più bella di tutta Ucraina. Per il paesaggio. Man mano che si sale verso le montagne diminuisce la densità di popolazione, la strada a tratti è più stretta e l’asfalto più “devastato”, sono più rari i villaggi e, ad un certo punto si inizia a costeggiare il fiume Tissa che qui funge da confine naturale con la Romania.


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Il cartello che indica la zona di confine, e, al di là del fiume Tissa, la Romania.


Qui una sosta la faccio sempre, bello trovarsi sulla sponda del fiume mentre faccio la pipì, e guardare di là, la parte romena. Una emozione simile nella percezione, benchè totalmente diversa nella geografia, la ricordo in Tajikistan, costeggiando nel Pamir il fiume Pianzh che separa il Tajikistan appunto, dall’Afganistan.


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Immagini dal mio archivio video e fotografico del viaggio in Tajikistan del 1999. Al di là del fiume Pianzh c'è l'Afganistan. Io mi trovo dalla parte di qua, sulla strada a picco sul fiume, che da Khorog (regione del Gorno-Badakhshan - Pamir) conduce verso Dushanbè.


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Certo è imparagonabile l’impressionante scenografia dell’ambiente del Pamir al paesaggio dei Carpazi, ma a loro modo questi posti così diversi, sono meravigliosi entrambi. Allora la gente tajika con la quale viaggiavo, indicandomi la sponda afgana e le mulattiere a picco sul Pianzh, ringraziava Lenin per avergli dato, tra le altre cose, la strada che permetteva loro di muoversi tra quelle impervie montagne, mentre di là – dicevano – gli afgani accompagnati da muli stracarichi di merce impiegavano fino ad un mese per giungere a Kabul... qui un pò la stessa cosa... dalla parte di qua, quella che fu sovietica, la strada, sulle cui condizioni si può discutere, ma pur sempre strada; di là, dalla parte rumena qualche casetta sparpagliata in mezzo al verde dei prati e ai boschi senza ombra di una pur minima forma di infrastruttura.

Questa è la strada in cui si incontra il centro geografico d’Europa, la cui esattezza pare tra l’altro sia opinabile; in qualche altro Paese d’Europa si rivendica questa centralità geografica, in particolare in Lituania, ma tant’è... qui c’è tanto di cippo con l’indicazione; qui c’è il mini-bazar che vende souvenir, c’è una simpatica e tradizionale “kolyba” (ristorante in legno tipico dei Carpazi) e il luogo è meta di qualche tursta che passa da queste parti; non certo però la mia che, ormai conoscendo bene la zona, non è più una novità.


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Il centro geografico d'Europa nei Carpazi (in Transcarpazia).


E proprio lungo questa strada, oltrepassata Rahov e a pochi chilometri dal passo Jablunitskij che separa la Transcarpazia dalla regione di Ivano-Frankovsk, nel villaggio di Kvasy, sulla sponda del fiume Tissa, si trova questo ristorantino-microbirrifico dal nome curiosissimo: “Gagarin ta Bokorash” (“Gagarin e bokorash”). Inutile dire che qui invece la sosta è d’obbligo. Non nascondo che mi sono preparato anticipatamente (anche un “orso” pachidermico e lento nei confronti della tecnologia come me non rinuncia oggigiorno ad utilizzare strumenti comodi al viaggiatore come l’utilissimo “tripadvisor” – sul quale poi lascerò una degna recensione), altrimenti di sicuro mi sarebbe sfuggito. Infatti, pur trovandosi ai bordi della strada principale, non è ben indicato e, se non si rallenta e non si presta bene attenzione, può passare inosservato.


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Il ristorante micro-birrificio "Gagarin ta bokorash".


La leggenda vuole che Gagarin negli anni ’60 fosse solito venire da questa parti a riposarsi al fresco di questi bochi, di questi prati montani, godendosi la pace di questo paesaggio bucolico e fresco. Proprio qui viene a contatto con il bokorash, una figura antica, il predecessore dell’odierno spedizioniere, colui che trasportava i tronchi degli alberi (che venivano abbattuti nei boschi della zona) su zattere lungo il fiume Tissa, dalle montagne fino a valle.
A questo incontro e a questa conoscenza è dunque dedicato il ristorantino! Tanto che già all’ingresso un dipinto murale rammenta al visitatore questa curiosa storia e al secondo piano una simpatica statua fa sentire la compagnia immaginaria dei due personaggi seduti anche loro intorno a un tavolo per il pranzo.


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Gagarin e bokorash sul fiume...


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Gagarin a tavola con bokorash...


Vera o no che sia questa leggenda (a me viene raccontata dalla dolcissima camerierina che mi serve), di vero e sicuro c’è che la “panza” del buongustaio Gringox viene saziata in modo eccellente.

Un bograch così ricco di gusto, piccante al punto giusto, non l’avevo mai trovato in tutta la Zakarpatja! Un banosh così cremoso con una brinza così profumata non ricordo di averlo mai provato neanche nei locali più tipici della Bukovina (regione di Chernovcy, dove questo è il piatto tipico)!
Ma soprattutto una birra così “viva”, aromatica e originale - pure nel simpatico nome (si chiama "tsipa", cioè "pulcino") - non l’avevo mai trovata da nessuna parte in Ucraina! Con sicurezza posso dire che la birra prodotta in questo micro-birrificio non è inferiore qualitativamente a quelle che oggigiorno sono popolari e di moda in Italia, prodotte da quella miriade di nuovi birrifici artigianali che sorgono come i funghi e che effettivamente però producono birre “serie” di alta qualità per palati fini. E, decisamente, è superiore al resto del panorama birresco ucraino. Questa birra, forse per l’atmosfera in cui la si beve, forse per l’originalità degli aromi, forse perchè accompagna cibi eccezionali e adattissimi a “morire” con essa, davvero non ti lascia indifferente e, una volta degustata, restano il ricordo ed il sapore di aver provato qualcosa di unico. La produzione include 5 tipi, un pò per tutti i gusti... ovviamente li provo tutti... ma il godimento maggiore viene sorseggiando quella “pid smerekoj” e “pid traviv” (alla smereka e alle erbe di montagna).


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Questo è il modo tradizionale per cucinare il bograch, tipica zuppetta di questa regione e anche ungherese.


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Il bograch nel pentolone...


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Il bograch come viene qui servito.


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Il banosh con la brinza.


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La produzione della birra.


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Il menu della birra "tsipa" (pulcino).


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E' arrivato il conto nella zampa di gallina...


Esco più che soddisfatto, pieno, ma senza esagerare. Soddisfatto per questa giornata che, grazie ai due colpi ben sparati della visita al castello di Hust e della “mangiatina” da Gagarin, potrebbe già concludersi qui. Ma davanti a me ho ancora qualche oretta di strada prima di giungere a Ivano-Frankovsk.

In breve raggiungo il passo Jablunitskij, entro nella regione di Ivano-Frankovsk, scendo verso Jaremche ed infine arrivo in serata a valle, in quella che viene chiamata la “Prikarpatja” (ossia la regione “ai piedi dei Carpazi), ai +30° di Ivano-Frankovsk. Quel poco che resta della serata prima di coricarmi non è meritevole di nota.


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Scendendo dal passo Jablunitskij si vede al centro la cima del Goverla, la montagna più alta d'Ucraina (2061 m.).



Gringox


gringox [ 30 Giugno 2016, 15:25 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Ovviamente il racconto continua...


ghigo112000 [ 30 Giugno 2016, 16:54 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
bellissimo


Butterfly77 [ 30 Giugno 2016, 17:56 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Caro Gringox ora non ho tempo di leggere il tuo racconto perché sono in partenza per il mio viaggio ma appena torno darò una lettura e ti darò il mio parere come ho sempre fatto anche per gli altri....nel frattempo ti dico solo belle foto.....


Maxovich [ 30 Giugno 2016, 17:58 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Bel racconto, io sono stato nell'altro versante in quello della Romania.


n4italia [ 30 Giugno 2016, 20:43 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Bellissimo racconto e splendide foto !!

Nell'immagine "Gagarin e bokorash sul fiume...", il personaggio al centro, con la camicia bianca, sembra MrG.......


WILLOWMASK [ 01 Luglio 2016, 8:15 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Bel racconto, e i Carpazi sono fantastici.......

Willow


anto63 [ 01 Luglio 2016, 10:22 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
bel racconto, viene voglia di andarci.....
un saluto antonio


lo stalker [ 01 Luglio 2016, 11:11 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Cacchio Gringox, fai venire una voglia di partire -e di mangiare- che andrei a prenotare il primo volo per kiev! Complimenti e come sempre, mi fa piacere che tu te la sia goduta!!


gringox [ 01 Luglio 2016, 13:55 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Venerdì pomeriggio.

Finalmente giunge l’agognato week end, un “ponte” di tre giorni, grazie alla festività della Trojca (Pentecoste) che in questo anno 2016 cade domenica 19 giugno e alla consuetudine qui in Ucraina di spostare la festività coincidente con un giorno già di per sè festivo (come la domenica) al primo giorno lavorativo seguente (cioè il lunedì). I commenti su questa prassi si sprecano, ma è innegabile il piacere e la comodità, per i piccoli come per i grandi, di godere in tali occasioni di un giorno di riposo in più da poter dedicare a ciò che più aggrada.

Inizia così una “tre giorni” che già sulla carta pare estremamente avvincente. Obbiettivo massimo: ascensione sul Goverla (la vetta più alta d’Ucraina – 2061 m.); si tratterebbe per me del secondo tentativo dopo il fallimento di qualche anno a causa di un improvviso e forte temporale che mi aveva impedito di concluderla. Spesso accade che la montagna – e chi la conosce, la rispetta e la ama, la sa anche temere – mette l’uomo in condizione di scegliere del proprio destino, ti mette di fronte a un bivio che coinvolge anche l’aspetto psicologico: o chini il capo e rinunci all’obbiettivo – e dunque umilmente accetti e riconosci la sconfitta; oppure, intriso di ostinazione, la sfidi a tuo rischio e pericolo. Certo le variabili dell’esperienza di montagna e della conoscenza del territorio possono influire su questa scelta facendo prevalere o la paura o il senso di sicurezza. E ciò indipendentemente dal fatto di trovarsi sulla roccia o su un sentiero in alta quota. Altre volte invece sei semplicemente costretto o a recedere o a proseguire, perchè non hai altra scelta. Allora, nel mio caso, l’aggravante della non conoscenza del sentiero e il fatto che fossi in compagnia di persone che non se la sentivano di proseguire, oltre al reale tempaccio (nuvole basse che non si vedeva niente e pioggia a di rotto), non mi aveva lasciato alternative.

Obbiettivo minimo: escursioni nel bosco – il cestino l’ho con me, chissà che non si trovi qualche funghetto; mangiatine tipiche (tra cui il ritorno da “Gagarin e bokorash” per far provare anche alla famiglia la birretta alle erbe e le pietanze locali), e soprattutto relax, tanto relax (compreso qualche mitica saunetta rigenerante) al fresco di queste boscose e verdi montagne dei Carpazi che bazzico da anni e alle quali ormai mi sento intimamente legato. Lontano dalla cappa calda, afosa e inquinata di Kiev.

La novità sta che questa volta sono con me i pargoli che ancora non hanno mai visto questi posti. Una nuova esperienza dunque e per loro, e per me insieme a loro. La tradizione invece sta nella scelta del posto: pur avendo visto diverse zone dei Carpazi, ritorno sempre lì, a Vorohta, un villaggetto decentrato rispetto alla “trassa” (strada) principale che attraversa i Carpazi da Ivano-Frankovsk a Mukachevo, e dunque meno frequentato e più autentico. Così pure la sistemazione è per me una consuetudine. Ogni anno, almeno una volta all’anno, mi fermo al “Kermanich” e lì voglio tornare. Il “Kermanich” si trova all’estremità del paese di Vorohta; è una sorta di “sadyba”, cioè un piccolo albergo con kolyba (ristorante tipico nei Carpazi) annessa, composto da diverse casette in legno (“domiki”) – una sorta di bungalow di montagna. Il bello di questo posto sta nella sua posizione lontana dalla civiltà e ai bordi del bosco e del fiume Prut che vi scorre poco sotto; e nella semplicità del suo stile.


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Il paesino di Vorohta.


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Vorohta.


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La chiesetta di Vorohta.


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Il "Kermanich".


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Il fiume Prut, poco sotto al "Kermanich".


Le previsioni danno tempo variabile, ma si sa, in montagna il tempo può cambiare repentinamente e la mia speranza è che non piova in modo da poter realizzare almeno il programma minimo.

Recupero i pargoli e il resto della famigliola alla stazione di Ivano-Frankovsk, distrutti dopo oltre 12 ore di treno da Kiev e li “deposito” in centro a far colazione, mentre io devo sbrigare delle ultime faccende di lavoro, prima di partire per la montagna. Vedo i piccoli già eccitati per l’esperienza vissuta in treno; mai prima d’ora avevano provato l’ebbrezza di un viaggio così lungo su un treno ucraino/russo: un kupè tutto per loro, le cuccette, i rumori, gli sballottamenti, i butterbrod e il thè portato dalla “provodnitsa”, i compagni di viaggio, ecc... insomma la classica situazione da treno che anche a me fa godere parecchio e di cui altre volte ho raccontato. Un pò meno pimpanti e decisamente meno riposati gli altri componenti della combricola (mogliettina, cognatina e soprattutto il fidanzato di lei che pure per la prima volta ha viaggiato per una notte intera su un treno e – mi dice – non ha chiuso occhio. Lui è uno studente curdo ed in effetti immagino che non sia abituato a certe situazioni!).

Ma il buon umore in ogni caso è percepibile in tutti loro ed in particolare l’agitazione è reale nel Paolino e nel Giorgetto perchè anche per loro, anzi, soprattutto per i piccoli, le aspettative per questo week end sono grandi. Ed io voglio dare loro più emozioni possibili, anche attraverso l’esperienza di situazioni difficile e faticose, chiaramente non esagerate, perchè più loro vivono questo tipo di emozioni più loro le assorbono, e poco alla volta si abituano ad un certo modo di approcciarsi e intendere il viaggio. È commovente vedere il luccichio della curiosità negli occhi dei bambini, in particolare di quello di un anno e mezzo, che nulla apparentemente capisce e distingue di ciò che vede, ma che sono convinto immagazzina le impressioni che, depositandosi ed accumulandosi in qualche angolo recondito del cervello, produrranno chissà una sorta di bagaglio che, nel futuro magari, contribuirà alla formazione del carattere.

Purtroppo il “Kermanich” è pieno. Si aspetta a breve l’arrivo di un “detskij tabor” (una sorta di colonia estiva) di oltre 50 ragazzini che occuperanno ovviamente tutti i “domiki” del complesso. In effetti non è un ponte solo per me, e siamo, tra l'altro, già in periodo di vacanze (le scuole sono chiuse)... potevo calcolarlo, ma mi sono fidato delle mie esperienze passate nelle quali avevo sempre trovato posto.
Non è comunque un problema. Attraversando i paesi nei Carpazi, lungo la strada, si incontrano spesso diverse case in cui vengono esposti sui recinti cartelli con la scritta “je vilni mistsja” ("ci sono posti liberi") e il numero di telefono. Ci mettiamo dunque poco a trovare un’altra sistemazione. Addirittura migliore: più isolata, più “grezza”, più verso il bosco e dunque ancora più autentica. E, tra l’altro, a poche decine di metri oltre il “Kermanich”, importante punto di riferimento per le mie saune serali che intendo fare durante questa vacanzina.

La casetta che affittano Nadja e Serezha è spartana ma ha tutto l’essenziale per poter trascorrere qualche giorno: gas, elettricità, acqua calda. Piacevole respirare l’odore d’abete che riempie le due piccole stanzette, una sotto e una sopra, della casetta. Se si escludono alcuni accessori, tutto all’interno è rigorosamente in legno. Mi sento subito a mio agio e non sono il solo... noto che tutta la combricola è entusiasta della scelta.


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La nostra casetta.


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Il secondo piano della casetta.


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La casetta di Nadja e Serghej.


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Il loro podere.


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Poco distante dalla casetta: Gringox, Giorgetto sulle spalle e Paolino.


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Nadja, la padrona, è gentilissima. Ci racconta che sono diversi anni che vive qui, da quando si è sposata con Serghej, che invece è “mestnij” (locale). Lei è originaria di Chernigov, città lontana 800 km da qui, al confine con Bielorussia e Russia, e, comunicando con lei, mi accorgo subito che la sua lingua nativa è il russo. È lei che in genere tratta coi clienti. Ci dà tutte le indicazioni del caso e ci dice che se volessimo, lei può preparare la cena e la colazione ad un costo davvero simbolico (cena a 60 grn/persona – 2 Eur a cranio). Ovviamente non c’è un menù, si mangia quello che lei prepara per la sua famiglia... Meglio di così – penso – non poteva andare! Per stasera ci sarebbe “jushka s gribami” (zuppa coi funghi porcini) di primo e cotoletta di pollo con patatine novelle di secondo. Andata! E le diamo subito l’ok per la cena.

Serghej è un buon uomo, di poche parole ma sempre sorridente, un montanaro vero. Sgobba dalla mattina alla sera dietro alla costruzione della zona barbecue che sta realizzando poco distante dalla loro casetta, e non si occupa dei rapporti coi turisti. Credo di aver scambiato con lui sì e no due parole e nulla più durante questa permanenza da loro. Hano due figlioletti, un bambino e una bambina, che vivono in stile “Heidi”, tra galline, corse nei prati e giri nel bosco a cercare funghi e bacche. E, come è naturale, sin da subito fanno subito amicizia coi miei bambini.


Sabato.

Per giungere al campo base dove finisce la carrozzabile occorrerebbe una Uaz... talmente è complicata la strada sterrata che si snoda in mezzo al bosco tra buche, sassoni che sfiorano la marmitta e canaletti. Ci metto quasi un’ora per percorrere una manciata di chilometri ad una velocità di 10 km/h. Siamo già all'interno del parco naturale dei Carpazi.


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La strada che conduce al parco naturale dei Carpazi. Questa è ancora decente... sullo sfondo, il Goverla.


Finalmente iniziamo la nostra ascensione, come da obbiettivo massimo. Movimento di turisti ce n’è, soprattutto gruppi di ragazzi dei “lagher” (le colonie estive) che trascorrono l’estate nella natura di queste montagne. Per la maggior parte, a giudicare dalla parlata, è gente dell’ovest Ucraina. Stranieri non ne incontro.

Tutti siamo ben predisposti e di buon umore, e il tempo per fortuna è dalla nostra parte. Zaini in spalla, compreso il Giorgetto sulle mie di spalle. Che già sente che si divertirà e ubriaco di emozione pian piano si addormenterà placidamente.

Già il primo pezzo, quello dentro al bosco di abeti è ripidissimo e il sentiero non è ben segnalato; si cammina a zig zag tra le radici sporgenti degli alberi costeggiando un ruscello dall’acqua limpida.


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Qualcuno sta preparando il pranzo nel bosco...


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La prima parte della salita in mezzo al bosco.


In circa 40 minuti giungiamo alla fine del bosco proprio in quella radura dove tre anni fa mi aveva colto la tempesta costringendomi a ridiscendere velocemente...
Da questo momento la vegetazione si fa più rada, il muschio, i pini mughi e l’erba si sostituiscono agli abeti, e il sentiero diventa evidente. Non ci si può sbagliare, sembra di camminare su un letto di un torrente secco, tra i sassi che segnano il percorso; la ripidità aumenta e diminuisce il passo, e poco alla volta si prende quota. Già si vede, superba, la gobba della cima, o meglio di quella che io pensavo fosse la cima e che invece ahimè si rivelerà poi essere solo l’apice del “piccolo Goverla”.


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La cima piccola e, dietro, la vetta del Goverla.


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Lungo il sentiero...


Di tanto in tanto mi soffermo e mi guardo intorno... Se dietro a questi panettoni boscosi vedessi stagliarsi un “Sella”, un “Sassongher”, un “Cristallo”, o le “Tofane”, penserei di essere sulle “mie” Dolomiti; e in effetti provo ad immaginarmelo questo paesaggio meraviglioso con le Dolomiti dietro e davvero trovo qualche affinità. Forse però maggiore somiglianza queste dolci montagne ce l’hanno con l’Altaj, decisamente diverse invece dal Caucaso...


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Panorama dal Goverla.


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Il panorama chilometrico dalle pendici del Goverla.


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Panorama dalle pendici del Goverla.


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Scorcio della Val Badia sulle Dolomiti.


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Il "Sassolungo" (Dolomiti).


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La vista da un versante del "Sella" (Dolomiti) a valle.


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Il "Sella" visto da Corvara.


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Immagini dal mio archivio fotografico del viaggio sull'Altaj kazako e cinese del 2002. Qui l'Altaj sul versante kazako.


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E qui l'Altaj sul versante cinese.


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Il Kazbeghi avvolto nelle nuvole, nel Caucaso, fotografato da me durante un viaggio in Georgia nel 2013.


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Il paesaggio del Caucaso.


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La particolarità dei Carpazi, visti dall’alto, sta nella visione di panorami chilometrici; nulla ostruisce l’occhio, nè segni di civiltà, nè gli enormi blocchi di pietra che costituiscono le “vere” montagne, nè le vette innevate; occhio che può guardare lontano e seguire le gobbe di queste montagne boscose che incontrano il cielo. E lo spazio che si apre davanti è immenso. Si vedono anche diverse chiazze bianche, piccoli nevai, residui d’inverno che per la posizione meno esposta al sole resistono al caldo estivo.

Proprio per questo il panorama da qui è a suo modo impagabile. O meglio, un prezzo ce l’ha ed è la fatica ed il sudore che provo sulla pelle salendo verso l’alto superando un discreto dislivello e camminando su questo ripido sentiero.

E così giungiamo ai piedi del “piccolo Goverla”, la prima delle due cime del Goverla; manca – ci dicono – ancora un’oretta o forse più di cammino. Improvvisamente piombo nello sconforto! Inizio ad avere la sensazione che qualcosa anche stavolta andrà storto... Questa notizia ha infatti un impatto negativo su tutti, in particolare su qualcuno del nostro gruppo che già non ce la fa più; qualcuno che poco prima era partito pimpante e zompettava agile tra le radici sporgenti degli abeti e che ora mugugna e alterna un passo lento ad una seduta per riprendere fiato... è Paolino che, esausto, convince tutti, me compreso a malincuore, a invertire la rotta e ridiscendere verso la base. Con dispiacere butto gli occhi sulla cima di questo “panettone” che ancora una volta mi vince e mi fermo a guardarlo per diversi secondi, ma – penso – a questo punto la sfida è aperta, e mi riprometto di tornare una prossima volta per sottometterlo! Iniziamo così la discesa. E’ a questo punto che l’altro pargolo, che dormiva da mò, beato e comodo nello zaino sulle spalle del “papetto”, si sveglia ed inizia a guardarsi intorno esclamando qualcosa che assomiglia a dei gemiti di gioia forse per l’emozione del paesaggio che i suoi occhietti vedono intorno, chissà...

Poco dopo arriviamo alla macchina e torniamo alla base. È già sera.


Domenica.

Il giorno successivo, la domenica, lo dedichiamo alla “mangiatina” al “Gagarin ta bokorash”, come da programma. Inutile descrivere la soddisfazione di tutti, compresi i bambini che apprezzano anche un goccino di quella magnifica birretta.

Prima di rientrare alla base facciamo una deviazione a Bukovel’, la nota meta del turismo invernale ucraino. È tanto che non metto piede in questo paesotto; so che è di moda, si sta da anni costruendo molto: nuovi hotel, nuovi impianti di risalita, nuovi ristoranti; la gioventù più “in” d’Ucraina ama trascorrere qui le “settimane bianche” e dar mostra di sè, qui si incontrano macchinoni e gente “tirata”, altro che amanti veri della montagna... No, non fa per me. Certo la posizione è bella, in una conca circondata da montagne boscose, ma a mio parere sono riusciti a rovinarla col cemento e con le costruzioni selvagge. Una cosa bella, a dire il vero, l’hanno fatta: un laghetto artificiale scenografico con acqua trasparente dove sguazzano una miriade di pesciolini... e dove c’è una sorta di spiaggia con tanto di ombrelloni e sdraio e dove si può fare il bagno, ma... a pagamento... Qui a Bukovel’ si ha la sensazione di essere in un mondo finto, un pezzo di occidente e di modernità trapiantato in questo angolo di montagne. Addirittura le strade nel paese non hanno una buca e sembrano quelle precise e lisce dell’Alto Adige! Con la differenza che mentre nelle nostre montagne – mi riferisco per esempio all’Ato Adige che conosco da 40 anni – la modernità è arrivata come evoluzione in linea con la tradizione di quei posti, e si è diffusa in modo uniforme, senza eccessi; qui invece, pur nella cura e nello stile delle infrastrutture, si percepisce la volontà di far prevalere il lusso, le comodità, il “glamour” e dunque il contrasto con la semplicità e la rudezza della realtà intorno al di fuori da qui, che è bella proprio perchè autentica.
Per fortuna che appena si lascia Bukovel’ alle spalle ci si immerge nuovamente nei “veri” Carpazi.


Ultima sera.

Se c’è un piacere per il fisico che, da quando la mia russofilia mi ha irreversibilmente (almeno per il momento) condotto ad amare questo mondo, non trova pari, esso è quello della “banja”. La sauna è per me ormai un rito quasi settimanale anche a Kiev da anni, ma la “banja”, che è la variante a legna, ha un che di più naturale rispetto alla sauna e mi dà maggiore soddisfazione. E più essa è originale e fatta in situazioni particolari, e più il godimento è intenso. Certo d’inverno si raggiunge l’apice del piacere, quando capita di buttarsi letteralmente nella neve con il corpo ancora ustionante per il calore chè esso ha immagazzinato. E più è penetrante la temperatura, e più è agognato il contrasto, più è forte il desiderio di refrigerio... e a me piace che sia bollente davvero (in sauna intorno ai 92°-94°; nella “banja” intorno ai 70°, anche se in quest’ultima il calore lo si sente di più grazie alla maggiore umidità – fino al 70% – rispetto alla sauna). E allora poi ti vene da sorridere quando ti guardi allo specchio e ti vedi rosso come un peperone per la reazione caldo-freddo che si imprime sul corpo. E ti viene voglia di ingurgitare della birra gelata. Ho sentito dire diverse volte che sarebbe corretto abbinare alla sauna il the caldo, che aiuta nel rilassamento... ma io no... non è per me; preferisco infrangere, se possibile, questa norma e sentire nella gola il freddo della birra che scende giù...

Quante “banj” ho fatte in vita mia, e molte me le ricordo... qui sui Carpazi in un’altra occasione di qualche anno fa con un mo cliente, in inverno: ricordo che si usciva dalla casetta della “banja” direttamente sul ruscello gelato; e poi in Siberia, e in Estonia quando ero un pò più giovane: anche qui ricordo l’emozione del bagno nel lago gelato dove era stato fatto un buco nello strato di ghiaccio che aveva formato una sorta di vasca dove ci si buttava una volta usciti dalla “banja”...

Ma anche in estate è bello fare la “banja”, soprattutto come in questa occasione, in montagna, quando comunque la temperatura di sera scende e invoglia il fisico, che spesso è appesantito e stanco dallo stress delle escursioni della giornata, al caldo relax.

Al “Kermanich” c’è una mitica “banja”, che, ovviamente già conosco per averla provata in passato.

Ultima sera... sulla pelle ancora l’odore della carne alla brace e del shashlyk degustato poco prima; giusto in tempo perchè pian piano le nuvole grigie sono diventate uniformi e, contemporaneamente all’avvicinarsi del buio della notte, sta iniziando a piovere; i miei si stanno già coricando, ma a me aspetta l’ultima “banja”. Già domattina si riparte per Kiev; avremo davanti come minimo 12 ore di macchina, tra soste e percorso.


p1040001
La "shashlykata" conclusiva...


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...bisogna sudarsela la carne...


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Mi serve dunque un ultimo momento di relax, anche perchè in questi tre giorni le gambe sono state messe per bene alla prova ed è stato un degno allenamento per la vacanza estiva dolomitica che mi aspetta tra poco più di mese. La pioggia intanto inizia a farsi più intensa, forse a suo modo il tempo sta salutando la nostra partenza di domani...

Quest’ultima “banja” la ricorderò a lungo. Nudo, nel buio pesto; i “domiki” del “Kermanich” sono già tutti bui segno che i ragazzini del “tabor” stanno già dormendo. Sento gli scrosci della pioggia venir giù fitti e cadermi sulla testa, ed io qui fuori sotto questa doccia piovana fredda a riportare il corpo alla sua temperatura naturale. E non contento mi metto proprio sotto la grondaia, dove il getto d’acqua che si raccoglie dal tetto è più forte e pungente e mi procura un piacere indescrivibile. Rimango qualche minuto così, alitando per vedere l’aria fredda che esce dalla bocca ed osservando il vapore che emette il corpo ancora bollente, a contatto con l’aria fredda intorno. Vorrei ripetere ancora e ancora questa procedura “banja”-doccia piovana, ma l’orologio segna già l’una. È l’una di notte, devo rientrare nella casetta per questa ultima notte sui Carpazi. La prima volta sui Carpazi con la famiglia.

Un week end che non dimenticherò mai.


Gringox


n4italia [ 01 Luglio 2016, 14:13 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Altro bel racconto accompagnato d immagini di posti splendidi !!

Interessante il confronto tra le montagne ucraine e le nostre Dolomiti...


anto63 [ 01 Luglio 2016, 14:39 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
ale l'anno prossimo mi organizzo e ti raggiungo.
un abbaraccio antonio


gringox [ 01 Luglio 2016, 14:42 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
anto63 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
ale l'anno prossimo mi organizzo e ti raggiungo.
un abbaraccio antonio


Sì Anto, peccato che questo giro non ci siamo beccati... ma ci saranno altre occasioni

Gringox


PS: grazie ragazzi, era da un po' che non aggiornavo il Gringox d'Ucraina


Kot 78 [ 01 Luglio 2016, 19:10 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
complimenti per il racconto, interessantissimo!

ironia della sorte, proprio l'unico posto che ho visitato in Ucraina è proprio la zona di Tyachiv. Purtroppo non ne ho un ricordo molto bello, perchè era l'estate di 3 anni fa, se ben ricordo, quella del caldo record; ero lì per un impianto di lavorazione legname con dei colleghi ungheresi e polacchi. Faceva un caldo assurdo, la cittadina aveva il tipico aspetto scassato e le strade erano quasi vuote. Per chiedere una indicazione abbiamo dovuto fermare 5 volte delle persone, le prime 4 alla vista della targa ungherese hanno detto che "non erano del posto" . boh...non mi è sembrato un posto molto amichevole, un po' come in certe valli minori del mio Piemonte dove, prima di dare indicazioni al turista straniero, prima osservano la targa straniera, poi gli rispondo in dialetto


sorrento76 [ 02 Luglio 2016, 19:08 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Fantastico racconto generale!!Roba da brividi!!


littlelombards [ 02 Luglio 2016, 20:36 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Grazie per averci portato con te Gringox, sembrava davvero di sentire l'odore del bosco ...e del cibo!
Un abbraccio!


geom_calboni [ 03 Luglio 2016, 19:13 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Bellissimo racconto anche perchè ho rivissuto anche io in un colpo solo le emozioni vissute in Transcarpazia, Caucaso, Altaj e Dolomiti
Sul Goverla però non ci sono stato. Ancora...


gringox [ 04 Luglio 2016, 11:34 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Kot 78 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
complimenti per il racconto, interessantissimo!

ironia della sorte, proprio l'unico posto che ho visitato in Ucraina è proprio la zona di Tyachiv. Purtroppo non ne ho un ricordo molto bello, perchè era l'estate di 3 anni fa, se ben ricordo, quella del caldo record; ero lì per un impianto di lavorazione legname con dei colleghi ungheresi e polacchi. Faceva un caldo assurdo, la cittadina aveva il tipico aspetto scassato e le strade erano quasi vuote. Per chiedere una indicazione abbiamo dovuto fermare 5 volte delle persone, le prime 4 alla vista della targa ungherese hanno detto che "non erano del posto" . boh...non mi è sembrato un posto molto amichevole, un po' come in certe valli minori del mio Piemonte dove, prima di dare indicazioni al turista straniero, prima osservano la targa straniera, poi gli rispondo in dialetto


Kotik ciao,

...strano... Tjachev è città "ungherese", il cartello alle estremità della città è bilingue (Tecso - in ungherese). Qui è pieno di gente con passaporto ungherese e che conosce l'ungherese.
Per il resto essa presenta, come da te notato, un aspetto degradato e le strade oggi, se possibile, sono ancora più scassate di allora

A me però Tjachev piace proprio per questo suo essere un po' fatiscente e devastato. E poi il piccolissimo centro è carino con quella chiesetta in mezzo e quella sua miriade di negozietti intorno.

Gringox


PS: Geometra, chissà, la prossima volta torni in Zakarpatja con me ... e magari ci portiamo dietro qualche altro forumista... che ne dici Lombards, sei dei nostri ?


geom_calboni [ 04 Luglio 2016, 14:28 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
PS: Geometra, chissà, la prossima volta torni in Zakarpatja con me ... e magari ci portiamo dietro qualche altro forumista... che ne dici Lombards, sei dei nostri ?

Sarebbe una bella cosa

Appena ho tempo vi posto delle foto delle rinomate pozze... ehm... piscine di Solotvyno...


gringox [ 04 Luglio 2016, 14:32 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
geom_calboni ha scritto: [Visualizza Messaggio]
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
PS: Geometra, chissà, la prossima volta torni in Zakarpatja con me ... e magari ci portiamo dietro qualche altro forumista... che ne dici Lombards, sei dei nostri ?

Sarebbe una bella cosa

Appena ho tempo vi posto delle foto delle rinomate pozze... ehm... piscine di Solotvyno...



Hehe conosco anche quelle... il massimo del "soviet style"


Matt [ 04 Luglio 2016, 18:08 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Che spettacolo queste foto!


direttore [ 04 Luglio 2016, 20:10 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Grande Generale Estasiato da questo bellissimo racconto di viaggio


gringox [ 07 Luglio 2017, 17:08 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
03-05/06/2017: in famiglia sui Carpazi, come da tradizione durante il "ponte" della Pentecoste.



Lago Sinevir.


sinevir_panorama
Il lago Sinevir.


Di veramente curioso intorno a questo laghetto alpino c’è, a mio parere, solo la leggenda... C’era una volta un conte che possedeva un grande appezzamento di bosco sui verdi Carpazi; egli aveva una bella figlia di nome Sinja, dagli occhi appunto “sinije” (blu) come il cielo. Molti uomini, semplici boscaioli e potenti di altre zone dei Carpazi, facevano la corte alla fanciulla... ma Sinja si era innamorata di un bel giovane pastore di nome Vir, un ragazzo semplice, la cui unica ricchezza era un piffero, che suonava sempre e col quale egli sapeva ammaliare Sinja.

Il padre di Sinja venne a sapere della storia d’amore e si oppose fortemente ad essa. Sinja e Vir, che però si amavano profondamente, erano dunque costretti ad incontrarsi segretamente. I due giovani erano felici...

In breve il conte decise di farla finita con Vir. Commissionò dunque l’omicidio. E così, poco dopo, mentre Vir stava aspettando Sinja per un nuovo incontro, uomini mandati dal conte lo individuarono e gettarono un grande masso sopra il ragazzo uccidendolo. Quando Sinja giunse sul posto venne presa dal dolore lancinante ed immenso, ed iniziò a piangere. Pianse talmente tanto e a lungo che intorno a lei si creò un lago di lacrime nel quale lei stessa annegò.


sin_vir
Sin e Vir.

Da allora il lago prende il nome di Sinevir, appunto in memoria dei due innamorati Sinja e Vir a simboleggiare l’eterno amore che i due hanno potuto conservare solo con la morte.


Per il resto il laghetto in sè mi delude un pò. Mi aspettavo di catapultarmi in un’oasi di silenzio in mezzo al boscoi e invece mi ritrovo in mezzo a decine di bambini starnazzanti di qualche scolaresca o colonie estive.
L’acqua del laghetto non è neppure così pulita, almeno lungo la sponda. Bello invece il bosco tutt’intorno, le sfumature di verde che si riflettono sull’acqua immobile; e curioso l’isolotto là in mezzo al lago che, se uno lo volesse, si può raggiungere con una sorta di zattera. Chissà, che sia esso forse il masso che uccise Vir?



L’escursione al lago Sinevir non era però l’obiettivo principale del fine-settimana, sebbene sia stato un incipit interessante, dato che era anni che mi riproponevo di vederlo e, per un motivo o per un altro, non ci ero ancora mai stato.

Quest’anno dovevo assolutissimamente porre fine alla maledizione del Goverla, che per ben due volte nel passato (l’ultima l’anno scorso, come raccontato sul Forum), ha provocato il dietrofront nel bel mezzo dell’ascesa alla vetta più alta d’Ucraina (2061 m.).

Lasciati nella casetta nel bosco i bambini insieme ai nonni (che questa volta appositamente ho portato dietro, prevedendo appunto di portare a termine la missione Goverla), e approfittando di un tempo clemente siamo dunque, io e la mogliettina, partiti per l’impresa.

Indescrivibile la fatica! Sul serio... io mi ritengo un discreto montanaro, ho un buon passo, una buona resistenza e amo fare trekking e arrampicare; a questo proposito, proprio mentalmente e sulla base dell’esperienza, ho sempre un pò snobbato, pur avendo imparato ad amarli, i Carpazi in generale, e questa montagna in particolare, ritenendola semplice per il fatto della sua forma a “panettone” erboso dalle pendici apparentemente dolci, senza rocce o burroni... ma mi sono dovuto ricredere! Oltretutto, forse, proprio quell’approccio mi ha causato le sfortune dei tentativi di ascensione precedenti, miseramente falliti...

Parallelamente mi ha sorpreso la quantità di escursionisti, di tutte le età, che abbiamo incontrato durante la salita, e poi sulla cima; questi tra l’altro parevano più in forma e più esperti di me, a giudicare dalla scioltezza con cui si muovevano; mentre io, non facendomi una ragione di ciò, arrancavo e la fatica era ancora maggiore per il senso di invidia che provavo nei confronti di questa gente...

Infine l’ultimo tratto, quello che conduce alla vetta; qui non c’è più un sentiero, bensì è possibile zigzagare come si vuole sul pendio; salita che mi ha comportato uno sforzo bestiale. Alla fine, dopo circa 4 ore di camminata e circa 800 m. di dislivello, ce l’abbiamo fatta! La grande soddisfazione nel mettere i piedi sulla larga e piatta cima del Goverla dopo tutta quella fatica è altrettanto indescrivibile. Il panorama da qui è spettacolare, da una parte, in fondo verso sud si vedono i Carpazi romeni; tutt’intorno le cime più basse dei Carpazi ucraini, “gobbe” di detriti, muschio ed erbe; mentre più in basso i boschi di conifere immensi; praticamente nessun segno di civiltà a valle; tira un forte vento e ci sono anche parecchi sprazzi di neve, cosa apparentemente strana per queste altezze non così estreme – in fondo siamo a poco più di 2000 m., ma è chiaro che la latitudine qui gioca la sua parte e molto spesso capitano nevicate a queste quote anche d’estate.
Bello, bello davvero!


goverla
Il panorama dalla cima del Goverla.

goverla_1


goverla_2
e ancora...


Il resto del week end l’abbiamo dedicato al riposo; per i funghi è ancora presto, nel bosco non ce n’è traccia, neppure di quelli “matti”. Quindi abbiamo optato per una gita alla “fighetta” Bukovel’ – la più rinomata località sciistica d’Ucraina dove da anni c’è un boom di turismo d’èlite un pò in tutte le stagioni dato che qui le infrastrutture ed i servizi sono a livelli europei (come i prezzi!). Nonostante io personalmente non verrei qui a passare le vacanze, non sentendomi a mio agio in questa oasi “finta” e “pantovaja”, devo riconoscere che la conca naturale dove si trova ed il paesaggio intorno sono veramente belli. Come pure il lago artificiale che è una delle attrazioni principale del paese.



bukovel_lago
Il lago di Bukovel' e il bel panorama intorno.



Preferisco decisamente sempre la “nostra” grezza e genuina Vorohta, la “nostra” casetta di legno altrettanto grezza ai margini del bosco, le strade piene di buche sulle quali la gente locale si muove in UAZ, in Lada Niva o in altre “carcasse” di eredità sovietica o... coi carretti trainati dal cavallo...



carretto
Il Gringox contadino dei Carpazi


L’ultima sera, per la gioia di bambini ed adulti, e soprattutto del vecchio scout Gringox, si fa shashlyk nel bosco... i bambini vanno a raccogliere la legna, gli insegno come preparare il fuoco e tutti ci divertiamo ad alimentarlo, a fare le fiamme alte, a cuocere la carne, e, tra una cosa e l’altra, a fare la guerra con le pigne. Fino a quando scende il buio che trasforma le “smereke” (la “smereka” è il larice dei Carpazi) in inquietanti forme che tanto spaventano i bambini e non solo... e si va a dormire.


fuoco
Il nonno (mio suocero) coi bambini intorno al fuoco nel bosco.



Gringox


n4italia [ 07 Luglio 2017, 17:59 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
...questa volta anche la favoletta...

Il piccolo nell'ultima foto lo vedo bello cresciuto...


geom_calboni [ 07 Luglio 2017, 19:03 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
n4italia ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Il piccolo nell'ultima foto lo vedo bello cresciuto...

E parecchio "pimpante"...


Butterfly77 [ 07 Luglio 2017, 19:19 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Bella la leggenda Gringox!!!

I tuoi figli sono veramente belli, complimenti.....

Il piccolo è veramente la tua fotocopia.... spero di conoscere la tua famiglia al prossimo raduno.....

Ciao ciao.


akphantom [ 08 Luglio 2017, 8:10 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
... la gente locale si muove in UAZ, in Lada Niva o in altre “carcasse” di eredità sovietica o...


Quelli "carcasse" ancora si producono e si vendono UAZ si considera una macchina abbastanza affidabile e facile in manutenzione. Lo comprano cacciatori e pescatori. In alcuni posti estremali e meglio "uccidere" un UAZ che un Landcruiser.


n4italia [ 08 Luglio 2017, 10:35 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
akphantom ha scritto: [Visualizza Messaggio]
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
... la gente locale si muove in UAZ, in Lada Niva o in altre “carcasse” di eredità sovietica o...


Quelli "carcasse" ancora si producono e si vendono UAZ si considera una macchina abbastanza affidabile e facile in manutenzione. Lo comprano cacciatori e pescatori. In alcuni posti estremali e meglio "uccidere" un UAZ che un Landcruiser.


Ce ne sono tante in circolazione anche nella citta' dei suoceri, Velikij Novgorod.


lo stalker [ 08 Luglio 2017, 15:44 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
n4italia ha scritto: [Visualizza Messaggio]
akphantom ha scritto: [Visualizza Messaggio]
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
... la gente locale si muove in UAZ, in Lada Niva o in altre “carcasse” di eredità sovietica o...


Quelli "carcasse" ancora si producono e si vendono UAZ si considera una macchina abbastanza affidabile e facile in manutenzione. Lo comprano cacciatori e pescatori. In alcuni posti estremali e meglio "uccidere" un UAZ che un Landcruiser.


Ce ne sono tante in circolazione anche nella citta' dei suoceri, Velikij Novgorod.


quando giro per il mio paeselle mi sento come se fossi in URSS... vedo lada Niva OVUNQUE!!!


akphantom [ 09 Luglio 2017, 3:26 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
n4italia ha scritto: [Visualizza Messaggio]

Ce ne sono tante in circolazione anche nella citta' dei suoceri, Velikij Novgorod.


UAZ è una vera macchina per un uomo duro: il conforto è minimale, la guida è faticosa, in corsa sballotta tutti in salotto, ha un motore fra i sedili anteriori che fa rumore e fa caldo.

La cosa interessante che queste macchine si vendono in Giappone per circa 40 000$ (perché dazi d'entrata per le macchine straniere sono alti in Giappone) e certo si trovano quelli amanti di UAZ che li comprano e poi li migliorano spendendo altri 30 000$.


YouTube Link


http://www.uaz.jp/

P.S. Gringox, scusami per offtop.


gringox [ 10 Luglio 2017, 7:30 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
akphantom ha scritto: [Visualizza Messaggio]
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
... la gente locale si muove in UAZ, in Lada Niva o in altre “carcasse” di eredità sovietica o...


Quelli "carcasse" ancora si producono e si vendono UAZ si considera una macchina abbastanza affidabile e facile in manutenzione. Lo comprano cacciatori e pescatori. In alcuni posti estremali e meglio "uccidere" un UAZ che un Landcruiser.


Fantom caro, ma io scherzavo!!! Ho usato quel termine "carcassa" in modo ironico
Ti aggiungo addirittura che se non ho ancora comprato la UAZ è perché la mogliettina non vuole che io spenda dei soldi che devono essere usati per cose famigliari... ma non appena ho risolto tutte le cose di famiglia e ho un gruzzoletto disponibile, vai tranquillo che la UAZ me la compro
Guarda non so quanti italiani abbiano avuto esperienze in UAZ come il sottoscritto... Io sono legatissimo a quella macchina che mi ha scarrozzato in tutti i miei viaggi in Russia e Asia centrale: a partire dalla Mongolia, dove andavamo a caccia di marmotte in UAZ nel Bayan Olgii!!! Fino arrivare al Pamir in Tajikistan, passando per le l'Altaj in Kazakhstan e Iturup sulle Kurili (anche se qui, per vicinanza al Giappone, erano molto presenti anche Toyota, col volante a destra).

Insomma, giusto per puntualizzare
Per me la UAZ è un mito

Gringox


icipo76 [ 10 Luglio 2017, 8:12 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
ma vuoi prenderti la uaz tipo jeep o tipo la fiat 900 ?

quella furgone sembra un boiler con le ruote

la jeep invece e' bella tosta mi piace


gringox [ 10 Luglio 2017, 8:52 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
icipo76 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
ma vuoi prenderti la uaz tipo jeep o tipo la fiat 900 ?

quella furgone sembra un boiler con le ruote

la jeep invece e' bella tosta mi piace



Icipetto ciao, io ho esperienze anche di furgone UAZ in Turkmenistan... ma ovviamente intend la jeep
Questa qui, tanto per intenderci:


960


Ciao,

Gringox


n4italia [ 10 Luglio 2017, 10:15 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
icipo76 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
ma vuoi prenderti la uaz tipo jeep o tipo la fiat 900 ?

quella furgone sembra un boiler con le ruote

la jeep invece e' bella tosta mi piace




prova123
...ahahah..., il boiler con le ruote, soprattutto nella versione Carabinieri, fa parte dei miei ricordi d'infanzia, quando mio padre non aveva ancora la patente e venivano spesso a prenderlo o a riaccompagnarlo a casa i colleghi, specie quando c'era qualcosa di urgente...

In seguito anch'io ho avuto modo di usarlo parecchie volte nell'Esercito. Nei miei primi anni di servizio - e ultimi anni del Fiat 900 - era abbastanza utilizzato per spostamenti di piccoli gruppi di persone o per il trasporto di materiali di piccolo ingombro.


icipo76 [ 10 Luglio 2017, 13:05 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
icipo76 ha scritto: [Visualizza Messaggio]
ma vuoi prenderti la uaz tipo jeep o tipo la fiat 900 ?

quella furgone sembra un boiler con le ruote

la jeep invece e' bella tosta mi piace



Icipetto ciao, io ho esperienze anche di furgone UAZ in Turkmenistan... ma ovviamente intend la jeep
Questa qui, tanto per intenderci:


960


Ciao,

Gringox


meno male ero gia' preoccupato

la jeep effettivamente e' bella massiccia
sono dei muli questi mezzi


akphantom [ 10 Luglio 2017, 15:25 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]

Fantom caro, ma io scherzavo!!! Ho usato quel termine "carcassa" in modo ironico
Ti aggiungo addirittura che se non ho ancora comprato la UAZ è perché la mogliettina non vuole che io spenda dei soldi che devono essere usati per cose famigliari... ma non appena ho risolto tutte le cose di famiglia e ho un gruzzoletto disponibile, vai tranquillo che la UAZ me la compro
Guarda non so quanti italiani abbiano avuto esperienze in UAZ come il sottoscritto... Io sono legatissimo a quella macchina che mi ha scarrozzato in tutti i miei viaggi in Russia e Asia centrale: a partire dalla Mongolia, dove andavamo a caccia di marmotte in UAZ nel Bayan Olgii!!! Fino arrivare al Pamir in Tajikistan, passando per le l'Altaj in Kazakhstan e Iturup sulle Kurili (anche se qui, per vicinanza al Giappone, erano molto presenti anche Toyota, col volante a destra).

Insomma, giusto per puntualizzare
Per me la UAZ è un mito

Gringox


Ciao Gringox! Infatti pure io penso che UAZ è una "carcassa". Ho capito la tua ironia. Volevo solo notare che la storia di questa macchina non era finita insieme con la epoca sovietica. Sembra che avrà ancora una vita lunga.
Hai ragione detto che è una macchina mitica, epocale. Ma il tempo va avanti e personalmente io mai mi comprerei un UAZ. Anche se un giorno lo farò mia moglie mi lega alla corda di gancio e poi mi rimorchia alla bottega per far tornarlo indietro.

Ho scritto su di Giappone perché l'anno precedente ho visitato Tokyo. E' una città ultramoderna!! Tutte le macchine sono nuove, sempre pulite, senza ammaccature. Non so che pazzi comprano lì UAZ

dsc09098
E' un solito autoparcheggio presso al aeroporto Shizuoka.

A proposito ho scoperto sul web che esiste una modificazione italiana UAZ - Martorelli:

uaz_martorelli_22


gringox [ 06 Settembre 2017, 13:16 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
1° settembre 2017.


Se c’è un aspetto della russofilia che da sempre mi lega ad essa questo è sicuramente il culto di certe tappe della vita dell’uomo come di certe ricorrenze, che davvero – a pensarci bene – sono solenni, e dovrebbero essere vissute davvero come tali, affinchè il ricordo possa essere conservato nel cuore e nella mente per tutta la vita, da chi ha vissuto quel momento come protagonista e da chi gli è stato vicino. Così è la nascita, così è il matrimonio, i vari “giubilei” per i compleanni importanti, così è la morte... e così è il primo giorno di scuola.

L’epoca sovietica ha impresso sicuramente un marchio importante nel consolidamento del culto del 1° settembre – tanto da essere elevato a “den’ znanji” (giorno della conoscenza) – e nel conferimento dell’aspetto coreografico militaresco un pò da “regime”; in questo modo viene insegnato e ribadito un senso di appartenza, fondamentale per l’identificazione dello scolaro e dello studente a un certo tipo di cultura, di tradizione, di società, di mondo. Mi è sempre piaciuto questo approccio, di sicuro più valido del qualunquismo ormai diffuso in Italia. Non avrei immaginato, solo qualche anno fa, che un giorno mi sarebbe toccato assistere in prima persona a questa festa.

Nell’Ucraina del 2017, in questo Paese dilaniato da una guerra civile che si consuma ormai da oltre tre anni nell’Est del Paese e che ha prodotto, oltre ai morti, migliaia di profughi, e dove si sta cercando di estirpare per legge un certo tipo di eredità passata e di belle usanze, queste però tuttora resistono, finchè dura e – aggiungo io – fortunatamente, in alcune realtà e situazioni locali.

Oggi essere russofoni in Ucraina significa appartenere “de-jure” ad una minoranza etnico-linguistica, alla quale si stanno togliendo sempre più diritti e riconoscimenti, nonostante di fatto più di metà del Paese sia tuttora di lingua russa. Un paradosso, certo; ma questa è la politica, e troppo spesso essa non perssegue ahimè il bene comune di un popolo...
Nel caso delle scuole è avvenuto in questi ultimi anni un pesante reindirizzamento verso la lingua ucraina e le scuole russe ad oggi sono quasi del tutto scomparse, almeno qui a Kiev. In questo forse non ci sarebbe nulla di male, se la lingua russa fosse almeno inserita come seconda lingua o come lingua facoltativa, ma questo non sempre avviene.

Io, nel mio piccolo, pur da straniero non rientrante nel mondo ex-sovietico, ma pur sempre russofono, mi sono ritrovato così in questa nuova “minoranza”. E, come tutti gli altri russofoni d’Ucraina colti ed evoluti, mi sono dovuto adeguare (ma sarebbe meglio dire ingoiare) a questi cambiamenti, cercando però, nelle situazioni in cui ciò è ancora permesso, di conservare la propria appartenenza linguistica, per me e per la mia famiglia. Ecco perchè ho insistito affinchè il mio bambino fosse inserito in un contesto scolastico russofono. Per un motivo ideale anzitutto, perchè pur rispettando la nuova priorità di Stato della “ridna mova” (la lingua “patria” ucraina), io e la mia famiglia perseguiamo la nostra priorità, che è quella, attraverso il percorso scolastico in lingua russa, di mantenere un legame forte con le proprie origini culturali. E poi per uno pratico, potendo in questo modo seguire il bambino più da vicino nel suo corso di studi, dato che con l’ucraino non sono ad livello tale da potergli correggere i compiti! Il caso poi ha voluto che questa scuola fosse pure vicina a casa...

Del resto poi, a questa “minoranza” russofona, appartiene tutto quel residuato di società sovietica che per mille ragioni è tuttora presente nell’Ucraina post-sovietica, e post-Maidan. Come in Russia, anche qui ci sono armeni, uzbeki, tajiki, kazaki, azeri, kirghizi, georgiani, moldavi, russi, ecc.; oltre agli stranieri come me, che provengono da altri Paesi del mondo; e tutta questa gente per comunicare usa la lingua russa; e tutta questa gente cerca chiaramente di iscrivere i propri figli, se può, in una scuola dove l’insegnamento venga fatto in russo.

Ed in sostanza era questa l’Ucraina che mi ha accolto quasi 13 anni fa... questo il Paese che ho imparato a conoscere nel profondo e ad amare: russofono e russofilo, e al tempo stesso tollerante, multietnico e multiculturale, contradditorio e diviso internamente, ma al tempo stesso tenuto insieme da un unico destino ucraino; originale e curioso nel suo bilinguismo condiviso da tutti, che spesso risultava bizzarro, talmente era spontaneo e naturale. E questo il Paese che mi piacerebbe tornasse a rivivere nella sua unicità originaria.

E così il 1° settembre 2017 è stato il primo giorno di scuola, della 1° elementare, per mio figlio Paolo. Un primo giorno anche per me, che ho assistito per la prima volta alla “linejka” (la “riga”, così chiamata per il posizionamento degli scolari in fila orizzontale, a mò di riga), la solenne e assai toccante celebrazione dell’inizio dell’anno scolastico nella quale viene suonata la prima campanella.
Non ricordo ai miei tempi, nella “lontana” e, pur diversa da adesso, Milano del 1980, un tale tripudio di solennità.

L’emozione è iniziata già il giorno prima per noi “stranieri” della classe perchè abbiamo dovuto fare la “repeticija” (le prove) della parte di spettacolo che ci riguardava.
Ma il vero scossone emotivo giunge la mattina del 1° settembre, quando, ancora a casa, aiuto a vestire il Paolino, e a “conciarlo” come un “ometto”: il completo blu scuro, la camicetta bianca con il papillon sotto ad un gilè pure scuro, e le scarpe tipo “mocassino” nere. Lui stesso, nonostante l’aria da “figurino”, riesce a malapena a trattenere l’apprensione, e lo si vede dall’espressione seriosa del viso.
Il ritrovo a scuola è per le 8,30. La cerimonia inizia ufficialmente alle 9,00.



a_casa
il Paolino "primino"



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Lo scambio dei fiori.



Qualche attimo prima dell’inizio si raggruppano i bambini delle prime elementari, con la maestra e i genitori. Sono due sole classi di 33 scolari ciascuna. Ci si scambiano mazzi di fiori, si chiacchiera un pò per conoscersi, un pò per definire gli ultimi dettagli della manifestazione. La maestrina è lì, sorridente e timida, meravigliosa nella sua frangetta castano-chiara, che calza a pennello con quel suo “grembiule” bianco che termina a strisce orizzontali amaranto con i tipici rombi della tradizione ucraina; si percepisce anche la sua commozione. È lei che dispone i bambini a due a due, un maschietto e una femminuccia, e tiene per mano il primo bambino della prima coppia.



fila
I bambini della classe si dispongono in fila...



maestrina
La maestrina a guidare la fila.



Alle 9,00 in punto entrano i “primini” accompagnati dalle maestre e vengono disposti su una lunga fila orizzontale – appunto la “linejka” – di fronte al palco dove si trova la direzione della scuola. Ai lati del cortile, nelle file davanti i bambini e i ragazzi delle classi superiori. Infine, tutt’intorno, la folla dei genitori, soprattutto di quelli delle prime classi. Il cortile della scuola è gremito. Ad un certo punto si interrompe il brusio generale, e dagli altoparlanti un pò gracchianti, in totale sintonia con le pareti della scuola che portano i segni evidenti dell’età che ha (è della fine degli anni ’30 del ‘900), si eleva una musica “mezza” militare, una sorta di marcetta. Irrompe allora un “plotoncino” di cinque studenti (tre ragazzi e due ragazze, delle classi più grandi), vestiti con un’uniforme scura da cerimonia, con fascia amaranto sulla giacca che scende in diagonale, e berretto pure color amaranto in testa, che, con preciso passo dell’oca, tenendo sotto mano uno la bandiera ucraina, l’altro, dietro, quella della scuola (un sole rosso con raggi gialli e rossi, su sfondo blu, e in cima il nome della scuola), si dirigono verso il punto dove sosteranno. Questo picchetto d’onore durerà poi fino alla fine della festa.
Parte a questo punto, pastoso e coinvolgente, l’inno nazionale ucraino. Cantano in molti, molti si mettono la mano sul cuore... è l’inizio ufficiale della celebrazione del 1° settembre.


linejka
La "linejka".



cortile



Da ora in poi, per circa un’ora e mezzo è un susseguirsi di balli, di canzoni cantate da scolari piccoli, di filastrocche pronunciate da altrettanti bambini; e poi è il turno dell’inno della scuola – questo in russo, a sottolineare la sua solida e antica tradizione russofona – e lo spettacolino degli scolari stranieri della prima classe nel quale essi scandiscono rumorosamente delle piccole campanelle – il cosiddetto “pervij zvonok” – a simboleggiare l’inizio della prima lezione di scuola. Qui anche il mio Paolino svolge la sua parte degnamente.

Segue poi il discorso della direttrice, una donnona col faccione tondo e paffuto, vestita anche lei in modo tradizionale con una sorta di tunica nera con al centro una striscia gialla verticale riempita da disegni floreali neri... lei, dal sorriso buono ma dalle maniere decise, come si nota dal tono della sua possente voce, proclama un messaggio breve, bello, che in pochi minuti riesce ad esprimere decine di concetti e a trasmettere altrettanti messaggi, alcuni più “ideali”, altri che guardano più al “sodo”. Centrale l’aspetto della multiculturalità, fonte di orgoglio per la scuola; il legame storico alle tradizioni della scuola, che al tempo stesso però guarda al futuro e punta all’insegnamento delle lingue (inglese e tedesco); il senso di appartenenza ad una grande famiglia che comprende i ragazzi, le loro famiglie, gli insegnanti e la scuola in generale; fino poi ai riferimenti alle più “concrete” conquiste della scuola, ai finanziamenti ottenuti per terminare il “remont” (la ristrutturazione), all’impegno congiunto, di personale scolastico e genitori, di rendere la scuola un ambiente più accogliente e più moderno. E fino al commovente minuto di silenzio per tutti i morti di questa martoriata Ucraina... “per tutti i morti”... senza distinzione di etnia, di lingua, di regione del Paese e di “credo” politico.
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Infine la consegna della spilla col girasole, un altro simbolo ucraino, colorata a metà blu (in alto) e a metà gialla (in basso), i colori della bandiera ucraina, e l’attaccamento della stessa sul vestito dei “primini”, dalla parte del cuore.

Al termine della manifestazione gli scolari rompono le righe ed escono dal cortile passando in mezzo ad una porta immaginaria delimitata da due grandi “rushniki” (sorta di tovaglie di lino o cotone, decorate con disegni a rombi, tipiche della tradizione slava dell’Est) tenuti in mano da due volenterosi genitori. Quasi a “benedire” il passaggio del bambino verso il nuovo mondo della scuola e sancire la nuova unione, non solo ideale, che si crea tra il bambino (e la sua famiglia) e la scuola. A guidare la fila dei “primini” è la maestra che tiene in mano il “karavaj”, il tipico pane rotondo, grande, con decorazioni floreali di pane sulla superficie (usato anche nei matrimoni, viene consegnato agli sposi), pure appartenente alla tradizione slava.

Ci si ritrova poi in classe, scolari, maestra e genitori. La stanza, semplice e modesta, senza tanti fronzoli, dalle pareti color verdognolo appena riverniciate, e con i banchi e le finestre che profumano di nuovo, è accogliente. Qui si conclude il tripudio di gesti che ha caratterizzato la bellissima atmosfera festosa di questa tiepida mattinata kievliana di fine estate; la “nostra” maestrina tiene in mano il “karavaj” e, dopo aver pronunciato un breve discorso di buon auspicio per il lungo, difficile ma interessante viaggio che l’intera classe e ogni singolo scolaro stanno per intraprendere, ancora commossa, lo consegna al bambino seduto al primo banco, affinchè nè stacchi un pezzo, lo mangi, e poi lo consegni al suo compagno di banco e così via. Un momento al quale, alla fine, anche i genitori partecipano, mangiandosi anch’essi un tozzo di pane.



classe
In classe.



Poi alla fine tutti a casa. La festa deve proseguire per tutta la giornata, così ha indicato la direttrice nel suo proclama, rivolegendosi ai “pervoklassniki” (i bambini della prima elementare) e ai loro genitori. Perchè questo è un giorno solenne, che non si ripeterà più, e tale deve restare impresso nella memoria di bambini e grandi. Simbolo del passaggio dall’infanzia al mondo dei grandi.



famiglia
La foto ricordo di famiglia



Ed io, in totale coerenza con le direttive scolastiche, decido così di “bigiare” qualche ora di lavoro facendo una passeggiata con la famiglia e dirigendomi a comprare un pò di squisitezze per la cena in modo da concludere in bellezza la giornata, ma con uno stile decisamente più italiano... a base di antipasto di pesce, e poi polipo e prosecco...



polpo
Il pezzo forte della cenetta a fine giornata





Gringox


sorrento76 [ 06 Settembre 2017, 13:36 ]
Oggetto: Re: GRINGOX D'UCRAINA
Emozionante resoconto caro Generale. Buon anno scolastico al giovanotto!!


Maxovich [ 06 Settembre 2017, 15:53 ]
Oggetto: Re: GRINGOX d'UCRAINA
Bel resoconto grazie.
Parlavo l'altra sera con mia moglie della differenza del primo giorno di scuola tra Italia e Russia, qui un giorno qualsiasi in Russia un momento di festa di solennità e di impegno per il futuro. A volte mi sorge il dubbio se è il caso di farla crescere qui o in Russia la mia piccola дочь.




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