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"Russian Ending" nel cinema russo
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Messaggio "Russian Ending" nel cinema russo 
 
Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un interessante articolo sul Moscow Times, e ho deciso di tradurlo e postarlo qui, pensando che potesse interessare anche altri.
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Melancholy at the Movies
By Vladimir Kozlov
The Moscow Times - February 17, 2006

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[color=blue:c8796811bf]Il termine “Russian ending” (finale russo) è stato usato per decenni e in vari contesti, ma poche persone sanno che esso risale agli anni intorno al 1910, quando si riferiva ai finali tragici che sostituivano i finali lieti nei remake russi dei film muti di Hollywood. La tradizione dei finali tragici nel cinema russo è rimasta forte per la maggior parte del resto del secolo, e perfino molti film recenti campioni di incassi, come “Бумер” e “9 Rota”, finiscono tragicamente.

Si è a lungo dibattuto se le storie tragiche coincidano effettivamente meglio con la mentalità  e il background culturale dei russi, o se piuttosto non fosse solo uno stereotipo successivamente diffuso da avidi produttori e distributori dell'era del cinema muto, pronti a far soldi su qualsiasi cosa. Alcuni teorici culturali hanno spiegato la prevalenza di finali tragici nei primi film russi affermando che l'intera tradizione artistica russa del ventesimo secolo - incluso il cinema - deriva da antiche e, quindi, “sublimi” forme di arte, in contrapposizione ai prodotti di cultura di massa stile Hollywood. Naturalmente queste affermazioni appaiono un po' forzate dalla prospettiva dei giorni d'oggi.

La prassi di cambiare i finali dei film di Hollywood allo scopo di omologarli ai presunti gusti delle audience russe cominciò prima della rivoluzione bolscevica. A quell'epoca, i produttori locali sostenevano che le audience russe, cresciute con i melodrammi teatrali del diciannovesimo secolo - che avevano un finale inevitabilmente triste - non avrebbero apprezzato film a lieto fine, preferendo invece morte, sangue e suicidio.

Il risultato fu che vennero cambiate le sceneggiature originali dei film. Quando il famoso regista russo Yakov Protazanov rigirò “La villa solitaria” di D.W. Griffith con il titolo “Dramma al telefono” nel 1914, gli diede una conclusione totalmente differente. Nella versione originale, il padre riesce a tornare a casa in tempo per salvare la sua famiglia, ma nel film di Protazanov, arriva troppo tardi e trova sua moglie uccisa dai ladri.

A quell'epoca, l'industria cinematografica russa lavorava già  sia per il mercato estero che per quello nazionale, e la versione per l'esportazione di “By her mother's hand” di Protazanov aveva un lieto finale, con Lidochka, la protagonista, che guariva dalla sua malattia. Agli spettatori russi, contemporaneamente, fu presentato con l'immagine di lei che giace in una bara.

Per ironia, fu soltanto ottanta anni dopo che un film russo fu prodotto con due differenti finali, per il mercato interno ed estero. Nel 1997, i distributori statunitensi del film di Pavel Chukhrai “Il ladro”, che fu nominato all'oscar per il miglior film in lingua straniera l'anno seguente, fecero tagliare al regista il suo epilogo ambientato in  Cecenia.

La rivoluzione del 1917 portò un cambiamento sostanziale nelle priorità  estetiche e ideologiche del cinema nazionale. Questo cambiamento divenne specialmente percepibile all'inizio degli anni '30. Man mano che il regime di Stalin maturava e lo stato assumeva un controllo sempre più stretto su tutte le arti, il cinema divenne un potente strumento di propaganda, A quel punto, la tradizione dei finali tragici veniva percepita come qualcosa di borghese, decadente e incoerente con il nuovo tipo di eroe, il “costruttore del comunismo”.

Finanziata dal governo sovietico, l'industria cinematografica fu costretta ad operare entro i confini del Realismo Socialista, promuovendo un nuovo eroe che era forte, coraggioso e intelligente, e che inevitabilmente vinceva le battaglie contro i nemici o contro la natura. Nel dramma avventuroso del 1936 “Sette uomini coraggiosi” di Sergei Gerasimov, un gruppo di ricercatori trascorrono un inverno su un'isola artica, sopravvivendo coraggiosamente a condizioni di freddo estremo. In quello stesso periodo, i campioni di incasso degli anni '30 erano le commedie musicali del regista Grigory Alexandrov, come “Jolly Fellows” del 1934, “Il circo” del 1936, e “Volga-Volga” del 1938, il più famoso film sovietico di quell'epoca.
Durante questo periodo di scatenato ottimismo sullo schermo, gli unici casi di finali tragici furono costiuiti da film biografici come “Chapayev” del 1934, dei fratelli Vasilyev, la storia della vita e della morte di Vasily Chapayev, un leggendario comandante dell'armata rossa durante la Guerra Civile Russa.
Nel 1941, l'attacco di Hitler all'Unione Sovietica cambiò di nuovo le priorità  del cinema sovietico, che cominciò a concentrarsi sull'eroismo dei cittadini sovietici che combattevano i nazisti tedeschi. Qui sia i finali tragici che quelli lieti erano altrettanto comuni, con il protagonista principale che affrontava una morte eroica sul campo di battaglia, o che sopravviveva gioiosamente. Nel film “Due soldati” del 1943, di Leonid Lukov, entrambi i protagonisti rimangono vivi, mentre in “L'ultima collina” del 1944, di Alexander Zarkhi, i protagonisti muoiono.
La seconda guerra mondiale rimase uno dei temi dominanti nel cinema sovietico per diversi decenni dopo la sconfitta della Germania. “Storia di un uomo vero”, del 1948, di Alexander Stolper e basato sull'omonimo romanzo di Boris Polevoy , narra la storia vera del pilota Alexei Maresyev che, grazie al suo coraggio e alla sua perseveranza, sopravvisse a dispetto di ogni possibilità  quando il suo aereo fu abbattuto dai tedeschi. In “Ballata del soldato” di Grigory Chukhrai, del 1959, che fu nominato all'Oscar nel 1962, il protagonista, il soldato diciannovenne Alyosha, riceve una licenza di alcuni giorni come premio per un gesto eroico al fronte, dopo la quale ritorna alle linee del fronte. Alla fine, una voce fuori campo annuncia che Alyosha non è mai ritornato dalla guerra.

Via via che la guerra dieventava sempre più un ricordo del passato, le preferenze delle audience nazionali si spostarono nuovamente verso commedie leggere a lieto fine. Negli anni '60 e '70, i film preferiti dagli spettatori sovietici erano principalmente le commedie di Eldar Ryazanov e Leonid Gaidai, che quasi sempre finivano bene per i protagonisti.
In “Attenti all'automobile” del 1966, di Ryazanov, un Robin Hood sovietico che ruba le automobili alle persone corrotte, le rivende e manda i proventi agli orfanotrofi, riceve una condanna lieve e viene rilasciato per ritrovare la sua fidanzata nel finale. In “Brilliantovaya Ruka” del 1968, di Gaidai, Semyon Gourbonkov, un cittadino sovietico rispettoso della legge e un po' naive, finisce casualmente in un piano criminale ma riesce ad ingannare i banditi e a farli arrestare alla fine.

Alla fine degli anni '70, diversi produttori e registi sovietici fecero dei notevoli tentativi di adottare lo stile di Hollywood. In linea con il modello di Hollywood, il film catastrofico “Equipaggio” (air crew) di Alexander Mitta, il thriller d'azione “I pirati del XX secolo” di Boris Durov e il melodramma “Mosca non crede alle lacrime” di Vladimir Menshov, hanno tutti un lieto fine.

Con l'allentarsi della censura in seguito alla glasnost della fine degli anni '80, soggetti che erano considerati tabu sotto il sistema precedente cominciarono ad essere esplorati attivamente dai cineasti russi. Un'ondata di “chernunka”, o naturalismo nero, invase il cinema russo e spazzò via quasi ogni altra cosa. Non c'era più posto per lieti finali. L'eroina adolescente di “La piccola Vera” di Vasily Pichul, tenta il suicidio; in “Intergirl” di Pyotr Todorovsky , la protagonista, una prostituta, muore in un incidente d'auto; e in “Assa” di Sergei Solovyov, il protagonista Bananan viene ucciso da un boss mafioso, ucciso poi a sua volta dalla sua amante.
Da allora, nonostante i drastici cambiamenti politici e culturali nel paese, l'inclinazione dei cineasti russi per i finali tristi sembra essere rimasta immutata. L'ultima grande storia di successo internazionale in un film russo, “Il ritorno” di Andrei Svyagintsev, del 2003, che ha vinto quell'anno il Leone d'oro al Festival del Cinema di Venezia, ha un tragica conclusione in cui un padre muore nel tentativo di salvare il suo giovane figlio. Nel dramma criminale “Бумер” di Pyotr Buslov, che ha goduto di uno straordinario successo popolare un paio d'anni fa, due dei quattro gangster protagonisti vengono uccisi, uno viene catturato dalla polizia e soltanto uno riesce a scappare - grazie al suo tradimento. E nel finale del campione di incassi dell'ultimo anno “9 Rota”, muoiono tutti i soldati della compagnia tranne uno.

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Ultima modifica di Kesha il 06 Marzo 2006, 9:33, modificato 1 volta in totale 
Kesha Invia Messaggio Privato
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Grazie Kesha per la traduzione.
Non credo che i finali "tragici" derivino dai melodrammi del diciannovesimo secolo, questo perchè in periodo romantico o tardo romantico i  finali di per il teatro di lingua anglosassone sono simili a quelli russi. Però è sicuramente vero che il popolo russo "preferisce" le storie tragiche e sanguinolente :-)
Anche nelle discussioni,  sono inclini a pensieri foschi e cupi. Chissà ..... forse gli spazi sconfinati, la politica, il freddo...il buio..... il lungo inverno che induce alla depressione.......
 



 
ema Invia Messaggio Privato MSN Live
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Le ragassuole che ho conosciuto erano allegre. Specialmente la sera dopo una buona bottiglia di vodka e vaiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
 



 
tenente Drogo Invia Messaggio Privato
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kehsa grazie mi hai ispirato un post. anche io credo che esista il Russian Ending. mi daresti il riferimento esatto all'articolo?
a presto  :)
 



 
cat Invia Messaggio Privato
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ok è tardi, il riferimento l'avevi fatto.
 
 



 
cat Invia Messaggio Privato
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Ciao Cat

ho visto solo oggi il tuo post  :oops:
Sei poi riuscita a rintracciare sul Moscow Times l'articolo originale?
Mi sembra però che la consultazione dell'archivio del Moscow Times preveda un abbonamento, se non erro... e io non ho pensato a conservarne una copia  
 



 
Kesha Invia Messaggio Privato
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ok, kesha se mi permetti eventualmente cito direttamente la tua traduzione.  :) ci penso su e ti faccio sapere
 



 
cat Invia Messaggio Privato
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Ma certo, figurati. Puoi fare quello che vuoi  :D
Sono però riuscito a trovare l'articolo in questione su un altro sito del Moscow Times. Eccoti il link: http://context.themoscowtimes.com/story/166086/
 



 
Kesha Invia Messaggio Privato
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grazie kesha ti faccio sapere
 



 
cat Invia Messaggio Privato
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